Dopo che la Commissione Giustizia del Parlamento georgiano l’ha approvata lunedì in soli due minuti, la legge sugli ‘agenti stranieri’ ha ottenuto il via libera definitivo in terza lettura ieri. Prima, durante e ancora ora continuano le proteste nella capitale Tbilisi, dopo che persino tra i deputati era scoppiata una rissa.
La nuova normativa è stata al centro di varie dichiarazioni da parte di politici occidentali, in particolari europei. Nei media il provvedimento è diventato famoso come la “legge russa” voluta dal governo di Sogno Georgiano, che vorrebbe allontanare il paese dall’Unione Europea e dalla filiera euroatlantica.
In un precedente articolo abbiamo già chiarito come questa lettura non solo non risponda a realtà, ma anche che nella vicenda si nota chiaramente l’ipocrisia occidentale. La legge, piuttosto che al testo adottato da Mosca nel 2012 e citato da vari giornalisti, è più simile più a quello in vigore negli USA e a quello proposto dalla Commissione UE lo scorso dicembre.
Quest’ultimo è stato ugualmente criticato da ben 200 organizzazioni della società civile perché potrebbe essere usato “come strumento per mettere a tacere le voci critiche“. In questo caso, trattandosi del “giardino” europeo, la questione è stata fatta passare sotto silenzio.
Il nodo rimane nel fatto che qualunque ‘paese sovrano’, per provare ad essere tale, deve avere degli strumenti funzionali quantomeno a controllare, se non a evitare, l’influsso diretto di altri Stati sulle proprie scelte politiche. La registrazione degli enti che ricevono finanziamenti esteri e la pubblicità delle loro attività è quello che vuole il governo georgiano, così come già ce l’ha Washington e vuole introdurla Bruxelles.
Ovviamente, per gli imperialisti euroatlantici questo discorso va bene finché non lo fanno in paesi che intendono condizionare, come a Tbilisi, nonostante Sogno Georgiano – il partito al governo – sia un partito filo-europeista e filo-atlantico. L’Occidente controlla da decenni la politica georgiana proprio grazie a un sistema di fondi internazionali e organizzazioni non governative che distribuiscono le risorse, e non intende farne a meno.
La Georgia è stata resa un terreno di predazione lobbistica, e USA e UE non vogliono che siano rese pubbliche le proprie malefatte. Ma anche la politica interna si fonda su legami clientelari dello stesso tipo (vale sia per la maggioranza sia per l’opposizione), con un decadimento totale sia dell’economia sia della vita democratica del paese.
Il primo ministro Kobakhidze vuole il provvedimento solo per tentare di riprendere almeno relativamente il controllo della situazione. E questo anche perché i ‘clan‘ politici del paese si mostrano sempre meno attenti alla normale dialettica politica e sempre più propensi ad azioni, anche eversive.
Tornando dunque alla votazione, la presidente della Georgia Salomé Zourabichvili (eletta col sostegno di Sogno Georgiano) aveva già annunciato che avrebbe posto il veto sulla legge. Ma secondo la legislazione georgiana, se i numeri rimarranno questi, la maggioranza potrà superare il veto con un altro voto positivo al provvedimento.
La Zourabichvili è un’ex diplomatica francese, di origine georgiana e poi naturalizzata: letteralmente, un ‘agente straniero‘. Durante le manifestazioni, dove si vedono tante bandiere della UE e degli USA (altre entità terze), il ministero dell’Interno ha dichiarato di aver arrestato due cittadini statunitensi e uno russo.
Anche sui giornali nostrani si possono trovare notizie sull’oltre milione di russi che si sono stabiliti in Georgia dopo l’attacco di Mosca all’Ucraina (osannati come ‘eroi della libertà’ contro il regime del Cremlino). Verrebbe invece da chiedersi cosa ci faccia un cittadino a stelle e strisce in mezzo ai manifestanti di Tbilisi.
Da Bruxelles si dicono molto preoccupati dalla nuova norma, che “allontana la Georgia dalla UE“, candidata all’adesione da dicembre, ma anche che discuteranno “delle conseguenze dopo l’eventuale approvazione“. Gli Stati Uniti fanno sapere che la legge “non è in linea con le aspirazioni della Georgia“, mentre la Russia ha detto che si tratta di un affare interno georgiano.
Dello stesso tenore è la motivazione con cui, alla fine, è stata bloccata una dichiarazione congiunta degli stati membri UE. Ungheria e Slovacchia hanno sostenuto che non ritengono opportuno “che l’UE interferisca nella politica interna di un paese terzo“.
Ad ogni modo le proteste continuano, dopo la piazza di lunedì che ha già visto 50mila partecipanti dichiarati. Ieri un gruppo di alcune decine di persone, molti con maschere antigas, ha provato a sfondare le porte di ferro del Parlamento e il cordone di polizia che vi era a protezione, ma è stato respinto.
Non è un clima rassicurante, considerato che in molti hanno paragonato la situazione a quella ucraina del 2014. Ma qui la differenza è che non è in gioco un vero e proprio regime change, perché in ogni caso Tbilisi rimane nella sfera di influenza occidentale.
Ci sono però ancora 14 giorni per la presidente Zourabichvili per porre il veto, con conseguente quarto voto sul testo. Due settimane in cui la tensione rimarrà alta e da monitorare.
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