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Il falco Rutte alla guida della NATO

Se c’era un modo per incarnare la blindatura dei vincoli euroatlantici, quelli da economia di guerra della NATO e quelli da massacro sociale dei lavoratori del Patto di Stabilità, quel modo era nominare Mark Rutte alla guida dell’alleanza atlantica.

Sarà lui a sostituire Jens Stoltenberg, il cui mandato era stato prorogato per due anni consecutivi per dare continuità all’amministrazione della NATO nel pieno dell’impegno bellico contro la Russia, per interposta Ucraina.

Rutte concluderà ufficialmente il suo quarto mandato da primo ministro dell’Olanda il prossimo 2 luglio, lasciando il posto a Dick Schoff, designato dalla maggioranza guidata dal Partito per la Libertà di Geert Wilders, uscita dalle elezioni dello scorso novembre.

Il politico olandese arriva a questa carica dopo aver incassato il sostegno anche di Ungheria e Slovacchia, paesi pubblicamente contrari alla deriva da scontro totale con Mosca che la NATO ha tenuto negli ultimi due anni.

Ovviamente, Budapest e Bratislava non hanno messo in discussione questa alleanza guerrafondaia. Ma da Rutte hanno ricevuto alcune garanzie rispetto al suo mandato (che potrebbe durate almeno quanto quello di Stoltenberg, avendo Rutte solo 57 anni).

Orbán ha ottenuto che i suoi soldati non vengano coinvolti in operazioni NATO in Ucraina, e che a queste non saranno destinati fondi ungheresi. Inoltre, il ministro degli Esteri ha annunciato il sostegno al piano di pace sino-brasiliano elaborato un mese fa.

I vertici slovacchi hanno invece avuto rassicurazioni sulla protezione dello spazio aereo del paese. Infatti, la Slovacchia è rimasta coi cieli scoperti dopo che molti sistemi di difesa sono stati consegnati all’Ucraina e altri, olandesi e italiani, sono stati riposizionati.

Insomma, alcuni rallentamenti nei meccanismi euroatlantici, che hanno come contraltare vittorie utili da spendere nella politica interna. Ma non ancora qualcosa di sufficiente a fermare la volontà di escalation.

Difatti, sono subito arrivati i complimenti del presidente ucraino Zelensky. In maniera speculare, il portavoce del Cremlino Peskov ha espresso scetticismo sulla nomina: “difficilmente può cambiare qualcosa” dato che i paesi occidentali “stanno lavorando per infliggere una sconfitta strategica alla Russia”.

Mosca parla di tutta la NATO, che siano gli Stati Uniti o la UE. Rutte stesso ha subito detto che “l’Alleanza (atlantica, ndr) è e rimarrà la pietra angolare della nostra sicurezza collettiva”.

Anche Stoltenberg ha ricordato che “Mark è un vero ‘transatlantista’”, ribadendo che oggi più che mai l’imperialismo occidentale ha bisogno che Washington e Bruxelles restino unite, nella loro guerra contro il mondo.

Del resto, anche i prossimi alti dirigenti della UE, se saranno quelli che oggi in discussione, hanno indicato nel riarmo e nell’assunzione di una maggiore proiezione militare un pilastro dei prossimi cinque anni.

La von der Leyen e Michel avevano già indicato nei vincoli di bilancio e nel sostegno all’Ucraina i due paletti che, se rispettati, rendono tutti benvenuti in UE. Anche le estreme destre, che sono anzi molto utili nell’implementare nuovi dispositivi repressivi.

Soprattutto ora, che il nuovo Patto di Stabilità devasterà ulteriormente lo stato sociale e le condizioni dei lavoratori di tutto il Vecchio Continente, mentre tutti i fondi possibili saranno reindirizzati verso la costruzione di un keynesismo militare in salsa europea.

Rutte è l’uomo giusto per entrambe le sponde dell’Atlantico, affinché venga portato avanti questo indirizzo. Come è stato falco dei conti pubblici, sarà falco degli obiettivi di spesa militare, trascinando con sé la gamba europea della NATO.

Che di conseguenza imporrà il vincolo esterno in maniera ferrea (almeno per i paesi con meno potere contrattuale) e destinare più soldi possibile alle armi. Rutte è il sigillo del futuro di guerra che aspetta l’Occidente, se non si romperanno i vincoli euroatlantici.

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