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Anche la Gran Bretagna alla prova del voto

Giovedì 4 luglio la Gran Bretagna si recherà alle urne per le elezioni anticipate volute dal premier britannico Sunak a fine maggio https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/06/03/la-sinistra-radicale-britannica-ai-ferri-corti-con-il-partito-laburista-0173100 .

I cittadini britannici saranno chiamati ad eleggere 650 deputati in un sistema elettorale caratterizzato dall’ “uninominale secco” in cui vince chi prende più voti in un turno unico.

Tutti i sondaggi, da tempo, danno vincenti i laburisti che potrebbero ottenete una “supermajority”: l’ultima inchiesta prevede una schiacciante maggioranza laburista con 484 deputati contro 64 conservatori.

Se le inchieste di opinione risultassero veritiere sarebbe non solo la vittoria più importante dal 1997, ottenuta dal New Labour di Tony Blair con 418 deputati ma, come sostiene convintamente il sondaggio di Survation, sarebbe anche la peggiore performance elettorale dalla creazione dei Tory, avvenuta nel 1834.

Dopo 14 anni di governo conservatore, il quadro che potrebbe emergere è quello che ha caratterizzato il Canada nel 1993 – come richiamano diversi analisti – dove il partito progressista-conservatore canadese crollò al parlamento federale, passando 167 a 2, scomparendo dalla vita politica, ed essendo rimpiazzato dai “populisti di destra” di Reform.

I tories infatti sembrano soffrire una forte emorragia di voti nei confronti della propria destra con il ritorno sulla scena politica di un qualificato outsider come Nigel Farage, con la sua nuova formazione Reform Uk. Farage è stato l’artefice della campagna che ha portato al referendum sulla Brexit del 2016 ed è un battitore libero in grado di influenzare prepotentemente il dibattito politico.

L’ex eurodeputato britannico ha affermato che: “Il Labour ha già vinto le elezioni, ma è Reform UK che sarà la vera opposizione”.

I conservatori, a parte l’ultimissima parte della catastrofica campagna elettorale, non hanno direttamente attaccato Farage che ha fatto della campagna contro i migranti il suo asse principale, tra cui la proposta di tassare le imprese che impiegano personale non britannico o rinviare in Francia chi attraversa la Manica con delle small boats, cioè delle imbarcazioni di fortuna.

I conservatori avevano approvato una legge per la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda, difesa da Rishi Sunak, dichiarata poi illegale dalla Corte suprema e costringendo a rivederla, e di cui il Labour ne ha promesso l’abrogazione.

Se il sistema elettorale britannico “first-past-the-post” penalizzerà il risultato dell’estrema destra britannica dandogli probabilmente solo una manciata di deputati, da meta giugno i sondaggi d’opinione danno Reform UK intorno al 16%.

In Scozia, gli ultimi sondaggi danno i laburisti in leggero calo – 3 punti percentuali per l’indagine d’opinione di Savanta per The Scotsman, al 31%, mentre il supporto per il partito nazionalista scozzese (SNP) resterebbe invariato al 34%.

Secondo l’analisi di John Curtice, citata da The Guardian, il Labour che aveva solo un deputato eletto in Scozia nelle elezioni del 2019 – sotto la leadership di Jeremy Corbyn – otterrebbe 22 seggi, mentre il SNP potrebbe mantenerne 24.

Secondo un sondaggio di YouGov in Galles i laburisti dovrebbero attestarsi al 40%, i conservatori e Reform Uk al 16%, mentre i nazionalisti scozzesi del Plaid Cymru, dovrebbero risultare la quarta formazione con il 14%.

La coscienza che i tories saranno all’opposizione è esplicita tra le file dei suoi dirigenti, come Suella Braverman, che intervistata da The Telegraph ha detto che il Partito Conservatore deve urgentemente “leggere la scritta sul muro” e “prepararsi per la realtà e la frustrazione dell’opposizione”.

Alternanza senza alternativa

Ma il probabile cambio di governo non stravolgerà le linee guida seguite dagli esecutivi britannici a guida conservatrice per ciò che concerne le scelte strategiche in politica estera e la politica interna che saranno più in continuità che in rottura con i tories.

La leadership laburista ha un programma neo-liberista che si impegna a ridurre la spesa pubblica da qui ai prossimi 5 anni, senza alzare le tasse in un quadro economico di sostanziale stagnazione (+1,7% del PIL nel primo quadrimestre di quest’anno).

La ricetta che promuove per far aumentare la crescita fa perno sulla liberalizzazione dei permessi di costruzione, favorendo il real estate e quindi la speculazione edilizia…

É significativo come alcuni analisti della City vedano in Stamer un elemento di stabilizzazione che possa far tornare Londra un “paradiso sicuro” per gli investitori internazionali, con la stampa economica che non prevede quello “Stamergeddon” ipotizzato dai diffusissimi Tabloid.

Il Labour di Corbyn che si presenta come indipendente nel suo storico collegio è solo un “vago ricordo” e da quando il “centrista” Keir Stamer ha assunto la guida del partito, ha accelerato l’allineamento della formazione alla sua ala destra e marginalizzato, o espulso, la sua ala sinistra, soprattutto quella con un forte radicamento popolare e che ha espresso solidarietà con la Palestina.

Come rivela Aletha Adu, il possibile premier britannico si troverà ad affrontare alcune sfide non aggirabili ed emergenziale: la crisi climatica, la povertà infantile, i diritti dei lavoratori e le relazioni logorate con i votanti del Labour provenienti dalle minoranze etniche, ed altri.

Tutti temi che stanno a cuore ai possibili eletti laburisti e che sono il riflesso delle preoccupazioni della propria base.

La “sinistra radicale” britannica

Ma a parte la “vitalità” di qualche candidato e candidata indipendente scaricato/a dal Labour o qualche deputato che aveva un tempo sostenuto le posizioni di Momentum, la ricomposizione politica della sinistra radicale sembra al di là da venire.

Il tema è stato affrontato da un interessante inchiesta di Mediapart.

Owen Jones, figura di sinistra ed editorialista di punta del Guardian, ha infine sospeso la sua adesione al Partito laburista a maggio. “Keir Starmer ha condotto la campagna più disonesta nella storia della democrazia britannica per diventare leader del Labour: ha promesso di mantenere le basi di un programma di trasformazione sociale“, dice a Mediapart. “Ma era una bugia. Per Starmer e il suo entourage, il Partito laburista doveva essere riconquistato dalle vecchie élite e la sinistra del partito doveva essere distrutta”.

Nel ballottaggio del 4 luglio, ben 459 candidati si presentano come indipendenti, più del doppio rispetto alle elezioni del 2015. In alcune circoscrizioni, come quella di Islington North, si assisterà a un duello tra due sfumature di rosso: i candidati centristi sostenuti dai laburisti si troveranno di fronte a deputati uscenti su una linea più radicale, liquidati da Starmer, spesso in nome di dichiarazioni antisemite di vecchia data smentite dagli interessati.

Richard Seymour insiste sul fatto che questa situazione non ha precedenti: “La socialdemocrazia è sempre stata divisa in Europa. Ma nel Regno Unito non è mai successo. In parte a causa del sistema di voto. Ma anche per questa lunga tradizione di spirito di clan all’interno del Labour: la sinistra laburista è sempre stata molto riluttante a rinunciare a quelli che considera i vantaggi di lavorare all’interno di un grande partito che vince le elezioni”.

Da questo punto di vista, le elezioni generali di luglio hanno segnato l’inizio di una rottura. Quando ha lasciato il partito, Owen Jones ha contribuito a lanciare una piattaforma chiamata “We Deserve Better”. Si tratta di una rete di attivisti volontari che raccolgono fondi e sostengono alcuni candidati indipendenti, ambientalisti del Green Party o coloro che incarnano l’ala sinistra del Partito Laburista – come John McDonnel o Clive Lewis, che sono ancora etichettati come laburisti.

È un’ “approccio pragmatico, caso per caso“, afferma Jones. Un matrimonio di ragione, con gli ecologisti e altri. Se la sinistra non si unisce, l’unica pressione sul Labour verrà da destra, da una destra che aborre i migranti e venera i ricchi.In queste condizioni, semplicemente, non potendo esercitare pressioni dall’interno del partito, dobbiamo cercare di esercitare pressioni dall’esterno”.

Le fondamenta di un proto-partito a sinistra del Labour sembrano al di là da venire?

Da parte sua, Richard Seymour vede la creazione di questa piattaforma We deserve better come un approccio “difensivo”,in reazione al clamore degli ultimi mesi. L’accademico ritiene che la sinistra sia stata troppo lenta a reagire dopo oltre quattro anni di leadership di Starmer.

“Ci sono state campagne molto forti e sostenute da parte della sinistra, sul razzismo con Black Lives Matter, sul potere d’acquisto con Enough is Enough e oggi su Gaza. Ma queste azioni sono limitate nel tempo e non lasciano un segno istituzionale“, si rammarica Seymour. È in parte il risultato di una forma di demoralizzazione, dell’interiorizzazione della sconfitta tra molti attivisti di sinistra, dell’idea che abbiamo perso nel 2019 perché abbiamo sbagliato…”.

Stamer, probabilmente stravincerà, ma stenta a convincere la sua stessa base che vuole comunque girare pagina rispetto alla gestione del partito conservatore, assolutamente incapace di riprodurre una classe dirigente all’altezza delle sfide attuali.

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