Menu

La situazione ai negoziati di Ferragosto

Domani si terrà un altro round di negoziati per cessate il fuoco in Palestina. Si arriva a questo tentativo di comporre il conflitto in Medio Oriente (perché ormai è questa la dimensione dello scontro) in condizioni che non sembrano far presagire decisioni risolutive.

Infatti, sembra che domani assisteremo più all’ennesimo dialogo senza seguito concreto, piuttosto che al punto di svolta nel genocidio dei palestinesi. Hamas lo sa, non partecipa all’incontro, e ha chiesto semplicemente di tornare ai punti che erano sul tavolo il 2 luglio.

In pratica, sono coloro che sono definiti ‘terroristi’ ad evocare la proposta statunitense, votata nel consesso internazionale dell’ONU. Mentre Israele ha appena aggiunto alla lista dei suoi crimini il massacro di qualche giorno, fa degli oltre 100 fedeli sfollati in preghiera in una scuola.

Sono già arrivati segnali chiari della volontà di proseguire nella pulizia etnica. Le forze armate israeliane hanno chiuso una strada di Rafah attraverso cui passano gli aiuti umanitari per Gaza, affermando che Hamas abbia dato vita a scontri nella zona.

Ancora più esplicito è stato il messaggio del ministro della Sicurezza Ben Gvir. Insieme a centinaia di seguaci, si è recato sulla Spianata delle Moschee per la ricorrenza del Tisha Beav, contro la politica riguardante lo status di quel lugoo sacro per ebrei e musulmani.

Le critiche sono arrivate sia dal primo ministro Netanyahu. Che però sembra che, allo stesso tempo, stia mettendo una condizione dopo l’altra sui negoziati di domani, al punto che gli stessi negoziatori hanno chiesto di avere un mandato più ampio.

Sono arrivate anche dagli Stati Uniti, impegnati nel mettere insieme le parti al tavolo di domani. Ma anche in questo caso Washginton si mostra dura a parole, e molto complice col genocidio nei fatti.

Il Dipartimento di Stato statunitense ha infatti annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari per Israele, del valore di 20 miliardi. Esso verrà utilizzato in particolare per Jet F15 e per ben 30.000 munizioni per carri armati.

Più che i preparativi per imporre all’alleato la fine delle operazioni, sembra di assistere alla dinamica del ‘paradosso della sicurezza’. Per paura dei miei nemici, mi armo ancora di più, e alla fine una politica instradata alla guerra un’occasione per farla scoppiare la troverà.

Difatti, l’obiettivo USA è quello di migliorare “la capacità di Israele di far fronte alle minacce attuali“. È vidente il riferimento all’attesa della risposta iraniana all’attacco terroristico che un paio di settimane fa a portato alla morte di Ismail Haniyeh a Teheran.

Alcune fonti iraniane hanno fatto sapere tramite Reuters che si potrebbe valutare di fermare la rappresaglia, nel caso in cui si arrivasse a un cessate il fuoco per Gaza. A rimarcare come gli equilibri di tutta la regione (compresi quelli con Hezbollah) sono collegati e si reggono sul ‘cane pazzo’ israeliano.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *