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Asse tra Roma e Londra sui migranti. Il problema è la classe dirigente euroatlantica

Negli ultimi giorni abbiamo ampiamente coperto sul giornale le proteste razziste scoppiate nel Regno Unito, fomentate da una rete di fascisti dalla mentalità suprematista e, dunque, anche vicini al sionismo. Abbiamo dato ovviamente spazio anche alle voci delle lotte antirazziste e delle figure politiche non allineate con la risposta che sta dando il governo laburista di Starmer.

La scelta di Downing Street di non fare parola delle ragioni sociali in cui trovano terreno fertile le narrazioni razziste, garantita da un’informazione connivente, è andata di pari passo con l’implementazione di politiche securitarie e di repressione. Insomma, il problema è stato spostato dal colonialismo ancora insito nella politica britannica alla questione dell’ordine pubblico.

Nodo che un governo non può certamente ignorare, ma che non affronta minimamente le ragioni della crescita della destra a livello europeo e la legittimità che i manifestanti di questi giorni hanno pensato di avere, nei loro assalti alle comunità musulmane. Il ritorno a una piena linea blairiana deciso nella lotta intestina del Labour costringe anche a questo.

Dall’opzione oggi alla guida del Regno Unito a quella post-fascista italiana, il problema è nelle linee strategiche di tutta la classe dirigente occidentale e dei suoi rappresentanti politici. I quali, in questo periodo di crisi egemonica e competizione globale, hanno deciso di avvitarsi sia verso la guerra sia verso un ulteriore restringimento dei diritti sociali, ma anche civili e democratici.

Se servisse un’ulteriore conferma di ciò, ci ha pensato il Telegraph a fornicerla. Alcune fonti avrebbero fatto sapere al giornale britannico che, all’incontro della Comunità politica europea svoltosi quasi un mese fa nell’Oxfordshire, Starmer e Meloni avrebbero discusso di un rilancio del contasto agli arrivi dei migranti attraverso l’agenzia di sicurezza Europol.

L’inquilina di Palazzo Chigi avrebbe proposto o una riorganizzazione dell’istituzione, in modo tale che dalla lotta generale alla criminalità organizzata passi a concentrarsi maggiormente sulla lotta all’immigrazione clandestina. Oppure, la creazione di una missione speciale finalizzata a questo scopo.

L’idea di Meloni avrebbe trovato il sostegno di Starmer, che avrebbe proposto l’organizzazione di operazioni congiunte con l’Europol. Una fonte del ministero dell’Interno di Londra avrebbe confermato al Telegraph che c’è effettivamente la volontà di aumentare la collaborazione con l’agenzia europea, così come di rafforzare il controllo alle frontiere.

Una fonte governativa italiana, invece, avrebbe detto al giornale che la conversazione tra i due capi di governo si è effettivamente incentrata su come “aumentare ulteriormente l’efficacia dell’Europol nella lotta alla tratta di esseri umani“. Cosa che sarebbe anche lodevole, se solo non fosse che le autorità italiane, con i trafficanti di esseri umani, ci parlano e li finanziano sin dai decreti Minniti.

Starmer non è di certo da meno dato che, prima di arrivare a Downing Street, si era espresso per la creazione di un’unità antiterrorismo per fermare gli sbarchi di migranti irregolari sulle coste del Kent. E in questo, così come su i dossier politici principali, non si distingue in nulla dal predecessore Sunak, e dal suo slogan Stop the boats.

Non può dunque sorprendere, se questa è la linea politica della ‘sinistra’ britannica, che il paese sia stato recente teatro di pogrom contro musulmani e migranti. Così come non può sorprendere che la risposta governativa sia stata semplicemente un aumento dei dispositivi repressivi: il tema è nascondere il razzismo, non combatterlo nella società.

Il problema, come detto, è la classe dirigente euroatlantica. Suprematista, neocoloniale, imperialista.

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