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Lacrime e sangue per la Francia, ma Barnier già sbarella…

La Francia non sembra affatto aver superato la sua congiuntura più critica degli ultimi decenni. Il “presidente-re”, l’ex banchiere Emmanuel Macron, è arrivato ad ignorare il risultato delle urne dando vita ad un governo di assoluta minoranza che dovrà cercarsi volta per volta i voti in Parlamento.

Per navigare in acque così tempestose aveva scelto come “timoniere” l’ex commissario europeo Michel Barnier, che aveva guidato la delegazione di Bruxelles nelle trattative con Londra sulla Brexit.

Ma il lavoro da fare – riportare il debito pubblico nazionale, ormai intorno ai 3.000 miliardi (come l’Italia, insomma), vicino agli standard del trattato di Maastricht – presenta due rischi piuttosto evidenti. a) Riuscire nell’impresa, a costo di scatenare una conflittualità sociale maggiore di quella vista fin qui (gilets jaunes, studenti, sindacati, ecc); b) non riuscirci e vedersi arrivare addosso il malumore dei “mercati finanziari”, sotto forma di decollo dello spread e aumento dei tassi di interesse da corrispondere ai compratori dei titoli di stato francesi.

L’anziano ex commissario Barnier è un liberale che attinge le sue ricette dal ben povero arsenale dell’”austerità di bilancio” e quindi, già dal primo discorso all’Assemblea Nazionale, ha esposto un piano lacrime-e-sangue, benché completamente privo di dettagli: tagliare la spesa di circa 40 miliardi di euro e di aumentare le tasse per ottenere altri 20 miliardi di euro l’anno prossimo.

L’obiettivo è riportare il rapporto deficit/Pil – che attualmente dovrebbe raggiungere il 6,1% – al 3% annuo entro il 2029, soddisfare le attese della Commissione europea e, ovviamente, dei “mercati”. Ma 60 miliardi l’anno non si trovano sotto i cavoli…

Chi è andato a cercare indiscrezioni attendibili su come Barnier pensa di raggiungere l’obiettivo si è trovato davanti ad un muro quasi impenetrabile, dietro cui si muovono però ombre ben note, specie a noi e ai lavoratori italiani.

Dal lato delle uscite l’esecutivo intende tagliare circa 20 miliardi di euro dai bilanci ministeriali; posticipare l’adeguamento delle pensioni all’inflazione fino a luglio; rendere “più efficiente” la spesa nel settore sanitario. Tagliare di fatto pensioni e sanità è del resto la soluzione preferita dei “macellai sociali” di ogni paese, anche perché – insieme all’istruzione – costituiscono le voci di spesa più consistenti in qualsiasi Stato europeo. Sono insomma quelle su cui un taglio anche percentualmente minimo, in apparenza, fornisce grandi risultati…

Scontato prevedere che questo “grande programma” incontrerà la robusta resistenza del movimento operaio l’Oltralpe, spalleggiato ancora una volta dalle “pantere grige” e dagli studenti.

Ma il prode Barnier, obbligato a cercarsi i voti parlamentari, ha pensato bene di ipotizzare anche aumenti delle tasse sulle grandi aziende, sui riacquisti di azioni e sui biglietti aerei; oltre a chiedere ai contribuenti più ricchi un “contributo speciale” di solidarietà sociale. Chiara l’intenzione di fare di quest’ultima pensata la “chiave” per pretendere qualche voto favorevole anche dalla “sinistra” più collaborazionista…

Tocca però notare che alla voce “tagli” si dispone, senza alcun riguardo né consultazione, dei diritti di milioni di persone che vivono di salario o pensioni (e servizi sociali), mentre ai più ricchi si “chiederà” educatamente di mettere mano al portafoglio e farne cadere qualche spicciolo.

Resta comunque la forte impressione che, così facendo, Barnier vada ad aprire troppi fronti di guerra interna, con il rischio di ritrovarsi solo  contro tutti, anziché con tutti divisi e complessivamente neutralizzati.

Un primo segnale negativo arriva proprio dal suo “scopritore”, Macron. Intervenendo a un evento, mercoledì a Berlino, il “presidente dei ricchi” ha dichiarato di essere preoccupato per l’aumento delle aliquote fiscali per le grandi aziende in vigore da più di un anno.

È più intelligente lavorare sulla creazione di posti di lavoro piuttosto che concentrarsi ossessivamente su aggiustamenti a breve termine che possono uccidere la crescita”, ha affermato.

Lo stesso sentiment, non stranamente, si agita nei funzionari dei “mercati”. Andrew Kenningham, capo economista europeo presso Capital Economics, ha confidato alla testata Politico le sue preoccupazioni: “Sembra che la Francia si stia dirigendo verso un inasprimento fiscale paragonabile in scala all’austerità attuata in molti paesi durante la crisi dell’eurozona. È probabile che ciò smorzi significativamente l’attività economica“.

Un programma quasi suicida e in controtendenza, proprio nel mentre anche la Bce sta cedendo alla pressione per abbassare più velocemente i tassi di interesse, proprio nel tentativo di impedire che la recessione si espanda dalla Germania a tutta Europa.

Ma “a un liberista non far sapere” come funziona davvero l’economia. Potrebbe cadere dal tetto come un sonnambulo svegliato all’improvviso…

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