La deriva bellicista dell’Unione Europea è un fatto conclamato, e sulla via dell’economia di guerra e del “keynesismo militare” si sono avviati tutti i governi. Anche la legge di bilancio licenziata due giorni fa da Palazzo Chigi è finanziata con miliardi di tagli, ma allo stesso tempo prevede il potenziamento degli investimenti militari.
La difesa europea è una scelta strategica ormai assodata, ora “serve” costruire un’industria della difesa che sia all’altezza delle mire di potenza di Bruxelles. Vi sono diverse aziende che concorrono a questa corsa al riarmo, e certamente due delle più importanti sono l’italiana Leonardo (controllata al 30% dallo Stato) e la tedesca Rheinmetall.
I due colossi delle armi hanno firmato l’accordo per la costituzione della joint venture annunciata a luglio, Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (LRMV), di cui sono azionisti paritari. L’attività sarà finalizzata alla produzione di carri armati e di veicoli cingolati da combattimento, e il 60% delle lavorazioni avverrà in Italia, in particolare nell’impianto Oto Melara di La Spezia.
La sede legale sarà invece a Roma, ed è evidente come con la chiusura di questo accordo la classe dirigente italiana speri di guadagnarne anche sotto il profilo dell’occupazione. E attraverso le ricadute sociali delle laute commesse, spera di dare anche maggiore legittimità al crescente impegno bellico del paese, in Europa come nella cornice NATO.
Per rinnovare due intere brigate corazzate, per un totale di 1.500 mezzo tra carri e altri mezzi, si prevede che lo Stato italiano spenderà 23 miliardi da qui al 2040.
Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall, stima che il mercato dei carri potrebbe arrivare a valere “50 miliardi nei prossimi dieci anni”, e spera che la joint venture possa imporsi su almeno la metà.
L’annuncio dell’intesa ha permesso anche alla Iveco Defense Vehicle, da settimane al centro di voci su una possibile vendita, di approfittare del clima positivo in borsa e di ottenere un leggero rialzo delle sue azioni. Per ora, comunque, non sono previste collaborazioni, anche se Cingolani, amministratore delegato della Leonardo, non esclude futuri accordi commerciali.
Insomma, ci troviamo di fronte a una vera e propria catena del riarmo che diventerà sempre più caratterizzante dell’economia continentale. La difesa europea, del resto, non è la reazione all’escalation con Mosca, ma si tratta di un’opzione finalizzata a una maggiore autonomia strategica, da tempo perseguita da Bruxelles.
Lo dice chiaro lo stesso Cingolani: “[l’accordo] lo consideriamo un atto esplorativo ma se riuscissimo a far capire che le alleanze per creare dei giganti industriali sono necessarie alla sicurezza del nostro continente e ci portano ad essere competitivi con la Cina e con gli Usa, allora faremmo un passo in avanti significativo“.
Rheinmetall è una delle compagnie maggiormente impegnata nel sostenere lo sforzo ucraino, e ne ha guadagnato in competenze sul campo. Leonardo, invece, è all’avanguardia nei sistemi elettronici, fondamentali nel carro che verrà costruito sulla base di un Panther tedesco ‘digitalizzato’.
Insieme, dunque, si candidano ad essere la base della futura difesa europea.
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ANNA
Da chi dovrebbe difendersi l’Europa se non contribuisse ad armare nessuno? E meno male che nel 2012 la UE ha avuto il Nobel per la pace “per aver contribuito alla pace alla riconciliazione e ai diritti umani” Era già scandaloso allora, adesso è disgustoso. Diciamolo chiaro, è perché in questo clima guerrafondaio, di servitù a USA e NATO(appendice della medesima) le industrie di armi ci guadagnano
Vincenzo Moscuzza
concordo con Anna che ha scritto prima di me. la UE è diventata guerrafondaia. che fallimento storico……
chiudete EU. Farebbe più figura a scomparire