A fine agosto avevamo riportato la notizia del rifiuto, da parte della Namibia, dei permessi di attracco al porto di Walvis Bay richiesti dalla MV Kathrin, una nave partita dal Vietnam.
Diverse organizzazioni per i diritti umani avevano sollevati dubbi sul carico dell’imbarcazione, che sembrava annoverare anche armamenti diretti a Tel Aviv: 150 tonnellate di RDX, un composto utilizzato negli esplosivi.
Yvonne Dausab, ministra della Giustizia namibiana, aveva affermato che il divieto derivava dall’obbligo dato dalle norme internazionali di non essere partecipi di un genocidio e di crimini di guerra.
Da allora è continuata una vera e propria campagna di monitoraggio dei movimenti della Kathrin, che ha portato a una serie di divieti di attracco anche da parte di altri porti.
La nave ha quindi dovuto vagare più a lungo del previsto, avvicinandosi lentamente verso il Medio Oriente, passando per il Mediterraneo. Sembra che l’imbarcazione sia stata avvistata a Porto Romano, in Albania, per poi scomparire di nuovo.
Il 28 ottobre la Kathrin è ricomparsa ad Alessandria d’Egitto, dove ha posto gli ormeggi presso la zona con funzioni militari. Lì ha scaricato il suo carico, ma non si sa nulla degli esplosivi diretti a Israele.
Sul sito del porto della città egiziana si legge che responsabile dello scarico delle merci militari è stato l’Egyptian Maritime Consultant Office (EMCO).
Lo stesso giorno, la società di servizi portuali ha gestito la partenza di un’altra nave, questa volta diretta ad Ashdod, uno dei principali porti dello stato sionista.
Vari soggetti e movimenti, e in particolare la campagna globale Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele, hanno chiesto alle autorità egiziane di indagare sul ruolo che potrebbe aver assunto l’EMCO nel trasferimento dei materiali bellici.
Non solo un’azione del genere contrasta con le dichiarazioni ufficiali dei vertici del Cairo, ma può essere inquadrata come complicità nel genocidio dei palestinesi, seguendo il diritto internazionale.
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