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Con i dazi l’Eurozona diventerà cinese? La BCE analizza il possibile shock di importazioni

Alcuni analisti della BCE, sul blog dell’istituzione bancaria, hanno discusso i possibili effetti sul mercato comunitario della guerra dei dazi riaccesa da Trump contro la Cina. A loro avviso, e basandosi sulle dinamiche già osservate in passato, il risultato potrebbe essere quello del riversarsi dei prodotti del Dragone in Europa, abbassandone i prezzi medi.

Dopo il picco del 135%, ora le tariffe imposte sui beni cinesi all’ingresso degli States si attestano sul 30%, con le trattative tra Washington e Pechino che dovrebbero chiudersi entro il 12 agosto. Qualunque sarà il risultato, è evidente che le barriere commerciali saranno più alte di quelle imposte durante il primo mandato Trump, e gli effetti si prevedono perciò proporzionali.

Considerato che tra il 2018 e il 2019, durante la prima amministrazione del tycoon, le importazioni dalla Cina erano aumentate nell’area euro del 2-3%, gli analisti stimano che nel 2026, con dazi al 30%, l’impatto potrebbe essere intorno al 4%. Ci sono, inoltre, vari elementi che fanno pensare che l’eurozona possa assorbire più importazioni dal Dragone.

Dal 2018 a oggi, in realtà, i legami delle filiere tra Pechino e Bruxelles si sono rafforzati, nonostante tutti i proclami sul de-risking e sulla necessaria autonomia dal gigante asiatico. “Oltre due quinti delle imprese dell’area euro – dicono gli analisti – importano attualmente prodotti dalla Cina“, soprattutto per la rivendita al dettaglio.

In generale – aggiungono – circa il 75% di tutti i prodotti importati dai grandi paesi dell’area euro ha già almeno un fornitore cinese“. Si tratta di un rapporto che apre la strada all’afflusso beni cinesi prima destinati agli USA, considerate le somiglianze col mercato europeo, tanto più se si aggiunge il fatto che dal 2017 le aziende del Dragone hanno triplicato la loro presenza nel Vecchio Continente.

C’è infine il deprezzamento del renminbi, la moneta cinese, che anche se aiuterà ovviamente la formazione del prezzo sulle piazze al di là dell’Atlantico, aiuterà le esportazioni anche in UE. In sostanza, si prevede che uno ‘shock’ di importazioni dalla Cina sia inevitabile in un tale scenario. Ma gli effetti possono essere anche positivi nello stabilizzare l’economia europea.

Infatti, gli economisti prevedono che i più bassi prezzi dei prodotti cinesi potrebbero aiutare a ridurre dello 0,15% l’inflazione. Allo stesso tempo, però, si tratta di una previsione effettuata su uno degli scenari tariffari peggiori, e inoltre gli studiosi già mettono in guardia dal pensare che prezzi inferiori all’importazione si traducano immediatamente sul prezzo alla vendita.

La realtà è che, stando anche agli approfondimenti di alcuni economisti, uno ‘shock’ di importazioni potrebbe avere un effetto devastante su quel che rimane dell’industria europea, che dovrà fare i conti con una spinta competitiva che non è in grado di fronteggiare (se non stringendo ulteriormente la cinghia dei salari, già martoriati e con tutti gli effetti sociali conseguenti).

Bisogna ricordare che i vertici UE sono appena tornati da un viaggio in Estremo Oriente, in cui hanno trattato la Cina come una delle ultime colonie. Si sono, cioè, tolti ogni possibilità di trattare con Pechino per evitare i risvolti peggiori di questa vicenda. Si sono dati ‘la zappa sui piedi’, come si suol dire. Sono anni che questa classe dirigente mostra di saper fare solo questo.

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