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A quando un miracolo a Roma?

L’occupazione della Basilica di San Paolo da parte dei rom fa saltare i nervi al sindaco Alemanno e ai suoi uomini. Cinque sgomberi in pchi giorni. Ma non tutti sono disposti a chiudere gli occhi sulla persecuzione contro i rom nella Capitale. L’occupazione di oggi segna un precedente, quello che Prefettura e Comune volevano evitare a tutti i costi. Rom e movimenti sociali riaffermano che ora di mettere fine alla politica della divisione dei nuclei familiari, degli sgomberi e dei rimpatri. Una vita dignitosa può essere possibile anche per i rom. Pesano sicuramente realtà e pregiudizi, ma stavolta le comunità rom sono diventate protagoniste di un fatto politico.

Nel film di Vittorio De Sica, i baraccati milanesi a un certo si sottraevano alle angherie del proprietario del terreno della baraccopoli e della polizia volando sulle scope. Ma nella Capitale, il “miracolo” ha visto un altro scenario: centinaia di rom sgomberati questa mattina  e nei giorni scorsi dalle ruspe del Comune e dalla polizia, sono volati dentro la basilica di San Paolo, una delle quattro basiliche storiche di Roma mettendo in subbuglio le cerimonie della Passione pasquale e coprendo di ridicolo la giunta comunale di Alemanno. Il bollettino di guerra degli sgomberi è impressionante: il 18 aprile, sono state sgomberate le famiglie rom residenti nell’insediamento di via Severini e quelle che vivevano nell’ex stabilimento abbandonato della Mira Lanza. Il 20 aprile è stata la volta dell’insediamento di via del Flauto. Il 6 aprile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, riferendosi alla nuova ondata di sgomberi, aveva affermato che dovevano essere eseguiti con urgenza per evitare che i migranti irregolari in arrivo dalla Tunisia trovassero rifugio nei campi non autorizzati. La reazione dell’apparato comunale alla clamorosa occupazione della Basilica di San Paolo rasenta l’isteria.

“L’occupazione della Basilica di San Paolo non e’ un’operazione umanitaria ma un’azione politica organizzata dai centri sociali che cercano di strumentalizzare la situazione per alzare un polverone mediatico e provare a cogliere un consenso sui media che hanno perso sui territori” ha dichiarato ad esempio Giorgio Ciardi, delegato del sindaco Alemanno per la Sicurezza.

Il sindaco di Roma, Alemanno, che nei giorni scorsi ed anche questa mattina aveva espresso la sua soddisfazione per le operazioni di sgombero dei campi rom, si è scagliato contro quello che ha definito il “buonismo di molti”. “Molti nomadi – ha detto il Sindaco Alemanno – non sono nelle condizioni disperate che la comunità di Sant’Egidio immagina. Per molti di loro vivere in una baracca non è una scelta dettata dalla disperazione, ma di carattere economico”. “Dal primo aprile sono stati sgomberati 75 campi e mille sulle 2.500 persone presenti. L’azione dell’amministrazione prosegue e ha sempre seguito una strada di legalità e sicurezza del territorio accompagnata da azioni di tipo solidaristico”.

Ma lo scenario disegnato dal sindaco non convince più, non convince più i rom che pure in questi anni hanno cercato ripetutamente la strada del negoziato e degli sgomberi concertati con il Comune, non convince più le associazioni che denunciano quella che sta diventando una vera e propria persecuzione di tipo razziale nella capitale che si appresta a celebrare la beatificazione di Wojtila, la via Crucis di stasera e quant’altro buonismo a buon mercato si è in grado di distribuire a piene mani senza mai sporcarsele veramente.

A livello istituzionali le voci che si levano sono poche, pochissime. ”Dopo le squallide e disumane azioni di sgombero degli insediamenti di senza fissa dimora, come a Lungotevere San Paolo, dopo lo sdegno avanzato e dimostrato dalle associazioni di volontariato, oggi diverse famiglie Rom hanno deciso di arrivare ad un atto estremo: l’occupazione della Basilica di San Paolo Fuori le mura” ha replicato ad esempio Andrea Catarci, presidente del Municipio Roma XI. ”Accanto ai rom e alle associazioni di volontariato, il municipio Roma XI chiede al sindaco di invertire completamente la rotta – conclude Catarci – e dia un segnale di accoglienza, proprio alla vigilia della Pasqua e della beatificazione di Giovanni Paolo II”.

Con i riflettori, i soldi, le strutture della capitale tutte concentrate sull’invasione di pellegrini per la beatificazione di Waojtyla prevista proprio il 1 maggio, era decisamente ora che qualcuno cominciasse a rovesciare il tavolo dell’ipocrisia.

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