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Bologna. Gli “accampati” di piazza Enzo Re

Dopo 5 giorni di presidio in piazza Enzo del Re, a due passi da Palazzo d’Accursio, il silenzio del comune nei confronti di USB si è rotto.  “Al quinto giorno di presidio e sciopero della fame abbiamo finalmente ottenuto la convocazione della Commissione consiliare per discutere della disdetta del protocollo” – annuncia Luigi Marinelli (USB). Mercoledì pomeriggio si terrà quindi l’incontro che si spera porti ad un ripristino degli accordi sindacali tra comune e sindacato di base.

In questi giorni di accampamento, di sciopero della fame, di assemblee e di incontro con la cittadinanza, si sono raccolte le firme per una petizione contro il tentativo del sindaco di “tappare la bocca all’unica forza sindacale che contrasta le scelte fino ad ora operate dalla giunta”.

Tra le firme, ad oggi oltre un migliaio, oltre a precari, lavoratori, giovani e pensionati, si sono espressi solidali anche alcuni esponenti del mondo della cultura bolognese come V. Evangelisti, N. Pisauri, V. Buscarioli,… della società civile come K. Zanotti, R. Ghedini, A. Bernardi, … ma anche alcuni esponenti della politica cittadina come M. Bugani (Movimento 5stelle), R. Sconciaforni (FDS) anche alcuni esponenti di altre sigle sindacali, tra cui G. Neri, segretario regionale della UIL trasporti, M. Terra ( PCL), A. Giordano (PRC) e delle altre sigle sindacali come G. neri, segretario regionale della UIL trasporti e S. Bellavita, della segreteria nazionale FIOM-CGIL.

“Siamo profondamente convinti delle nostre ragioni” dichiara USB, sempre più consapevole che “il dissenso anche conflittuale deve avere cittadinanza piena”.

Questa sera dunque il presidio sarà sospeso, ma di certo il lavoro del sindacato nella difesa dei diritti dei lavoratori e dei cittadini non terminerà qui: dai 5000 dipendenti a cui il comune ha già tagliato lo stipendio, alle famiglie che pagano rette esorbitanti per i nidi, ai cittadini privati dell’assistenza sociale e di un trasporto pubblico locale decente, ai precari di tute le età, ai lavoratori che versano in condizioni di lavoro illegale, a tutti quelli che volevano esprimersi con un referendum sul finanziamento pubblico alle scuole private,… Questi, i punti per cui è stata avviata la petizione, e questi rimangono i punti su cui prosegue la contrattazione

Riportiamo l’intervista di Contropiano a F. Perretta, delegato sindacale USB delle Cooperative sociali e in sciopero della fame da lunedi.

Sono ormai 5 mesi che voi educatori delle cooperative portate avanti una mobilitazione costante contro l’accorpamento e la precarizzazione del vostro settore: possiamo ripercorrere brevemente i motivi che vi hanno spinto a mobilitarvi e quali i punti che vi hanno fatto crescere come numero?

Prima di tutto sarebbe meglio specificare che la mobilitazione di cui parliamo è quella dei lavoratori impiegati sugli appalti dei servizi scolastici, che sono esternalizzati alle cooperative sociali. Questi lavoratori sono impiegati sui servizi di pre e post scuola e di mensa, l’integrazione degli alunni disabili e i centri estivi cittadini. Fino all’anno scorso questi lavoratori( parliamo di 350 lavoratori), inquadrati come educatori, lavoravano per un’unica cooperativa che gestiva tutto l’appalto (quindi mensa, pre e post scuola, integrazione disabili e centri estivi) su tutto il territorio comunale. A giugno di quest’anno, con l’appalto in scadenza, ed in virtù del decentramento ai quartieri (delibera comunale di cofferatiana memoria) i singoli quartieri hanno facoltà di gestire direttamente i centri estivi o lasciare che i singoli istituti scolastici li affidino autonomamente a coop o associazioni.
Così i quartieri e/o gli istituti scolastici affidano ad associazioni polisportive i centri estivi, prima svolti da quegli stessi educatori che erano sugli altri servizi durante l’anno scolastico. Viene a mancare, quindi, innanzitutto la continuità lavorativa di questi educatori, ma, quando alcuni di essi vengono comunque contattati dalle polisportive per svolgere i centri estivi, vengono inquadrati con contratti a progetto o da “atleta non professionista”, perdendo diritti (malattia, contribuzione, ferie) e salario.
Su questo minimo comune multiplo, salario e diritti, abbiamo messo assieme gli operatori, riuscendo poi ad iniziare un ragionamento più “alto” sul governo dei servizi (a chi giova lo spezzatino?, è vero risparmio, visto che per tutti gli educatori rimasti fuori dai centri estivi è stata richiesta la cassa integrazione, a carico dei contribuenti?).
Attraverso alcuni presidi abbiamo ottenuto degli incontri con gli assessori al welfare Frascaroli e alla scuola Pillati, le quali in considerazione del fresco insediamento della giunta hanno dichiarato di non poter agire nel merito dello spezzatino ma di attivarsi affinchè, con l’inizio del nuovo anno scolastico, questa situazione venisse superata da una gestione ed un governo dei servizi in una lettura globale.

Cos’è cambiato dalla mobilitazione di giugno ad oggi?

Dopo giugno viene luglio, e scopriamo che il nuovo appalto prevede l’ulteriore spezzettamento tra integrazione agli alunni disabili, da un lato, e servizi integrativi (pre/post e mensa). Le ragioni di questo scorporo, ancora una volta, sono legate al decentramento: poiché anche per i servizi integrativi è stata data facoltà ai quartieri e/o ai singoli istituti scolastici, che affidano, nella loro autonomia, la gestione di questi integrativi sia alla vecchia cooperativa (confermando il rapporto) sia alle polisportive, l’unico servizio che può andare a gara in maniera complessiva è quello rivolto all’handicap, che viene vinto da una nuova cooperativa.
ricapitolando: fino ad un anno fa un educatore lavorava per una sola cooperativa svolgendo tutti i servizi inerenti allo scolastico con un unico contratto. Da giugno, se è fortunato, lavora nei centri estivi come atleta non professionista (contratti di collaborazione). Da settembre, per svolgere lo stesso lavoro dell’anno scorso, ha un contratto con una coop per l’handicap scolastico e un contratto con l’altra coop o la polisportiva sui servizi integrativi. Da notare che, i servizi integrativi, scorporati dall’intervento sull’handicap, non prevedono inquadramento come educatore ma come assistente, con perdita di salario notevole. Da agosto abbiamo ripreso le mobilitazioni, di nuovo presidi e assemblee, abbiamo occupato l’anticamera del sindaco 4-5 volte, ogni volta strappando un incontro che rimandava la soluzione al problema.
La giunta ha imposto che il tavolo si allargasse a cgil e cisl, assolutamente non rappresentativi della determinazione dei lavoratori a non cedere nulla sul piano dei diritti e del salario (700-800 euro al mese). Alla fine della farsa gli assessori escludono USB e i lavoratori per firmare un accordo con le autoreferenziali cgil e cisl che sancisce il disimpegno del comune dalla vicenda e certifica il demansionamento degli educatori ad assistenti sui servizi integrativi.
Tutta la vicenda ha reso evidente ai lavoratori quale fosse la posta in gioco e quale l’atteggiamento dei sindacati amici, nel totale disinteresse delle istanze e delle rivendicazioni decise in assemblea e ragionate senza tattica sindacalese di convenienza e mediazione al ribasso. è questo che ha creato partecipazione e determinazione, la consapevolezza di essere arrivati ad un limite di mediazione che non è più possibile ricontrattare.

Questa situazione è limitata solo a Bologna, o si estende anche in provincia e in regione?

In provincia la situazione è diversa nel senso che gli appalti impiegano meno personale e le cooperative hanno un rapporto di territorialità, se possibile, difficile da smantellare in toto. In ogni caso la quesitone dei tagli e dei vincoli di bilancio impegna anche i comuni minori, e la stretta sul welfare sarà la prima manovra che le amministrazioni metteranno in campo.
Ci arrivano già gli echi di tagli sui servizi scolastici e rivolti alla persona nella cintura dei comuni bolognesi, da Casalecchio a San lazzaro, a Sasso Marconi e Zola Predosa, per cui si avvicina il momento di fare i conti con la dura realtà anche per chi vive nella provincia e finora poteva ritenersi immune dal gioco dei tagli e dei grandi numeri della metropoli.

Da lunedì siete accampati in Piazza Enzo Re e alcuni di voi hanno anche intrapreso lo sciopero della fame contro lo strappo del protocollo di relazioni sindacali del comune con USB. Lunedì scorso alcuni di voi sono entrati imbavagliati durante il consiglio comunale: come si è arrivati a questo punto? E quali conseguenze avrà la rottura di ogni rapporto sindacale con Palazzo d’Accursio?

Per sua struttura genetica la giunta Merola può avere interlocuzione solo all’interno del grande corpus consociativo che governa ai vari livelli la rossa Emilia Romagna: Legacoop-Cgil-PD.
Sin dall’insediamento della giunta, infatti, come USB abbiamo posto una serie di problemi legati al governo della città: dalla questione trasparenza, sulla questione dei rimborsi per i viaggi di missione degli assessori, sulla sicurezza della struttura del nuovo comune (il “famoso caso Legionella”) sulla legalità negli appalti e non ultima proprio la questione dei servizi sociali e dei nidi comunali.
Tutte questioni scomode alle quali il sindaco non ha voluto dare risposte politiche, ma inventando che il sindacato di base utilizzi pratiche offensive e violente per mero protagonismo dei suoi attivisti. intendendo per offensivo la comunicazione, a mezzo volantino, che chiede fortemente la messa all’ordine del giorno della legalità, della difesa dei beni pubblici e della giustizia sociale contro ogni forma di speculazione politica e di casta, e per violento la determinazione, anche dei lavoratori delle cooperative, ad occupare l’anticamera del sindaco fino ad ottenere risposte e rassicurazioni sulla propria sorte.
È così che Merola, a mezzo raccomandata, disdice unilateralmente il protocollo di relazioni sindacali firmato dall’allora giunta Cofferati, che riconosceva all’USB, allora RdB, in virtù del radicamento sui posti di lavoro e per la capacità di “essere” soggetto sociale in questa città, il ruolo di interlocutore su scelte di politica territoriale, così come riconosciuta agli altri soggetti sindacali. il tutto senza una discussione democratica in consiglio comunale.
Il ritiro del protocollo apre degli scenari incerti per la giunta comunale: il sindacato continua a svolgere la sua funzione di tutela dei diritti dei lavoratori sui posti di lavoro, come e più di prima. Ma mentre prima riusciva a convogliare il disagio espresso dal corpo sociale nel suo complesso, esprimendolo e mediandolo nel rapporto istituzionale, oggi è più difficile, mancando la relazione politica, fare quest’opera di mediazione tra le istanze dei lavoratori e cittadini, legittimamente portate con forza, e le istituzioni.
E così, in un momento in cui ci si appresta a operare scelte difficili, a varare manovre di bilancio comunale “lacrime e sangue”, il sindaco ha voluto, in maniera molto miope, tappare la bocca ad una delle poche voci non allineate, e che, nell’interlocuzione quotidiana con i problemi del lavoro e della città, pone in termini chiari e reali il problema della democrazia e della partecipazione.
Siamo in tenda da lunedì scorso, quindi, per sensibilizzare la cittadinanza su questa vicenda, in sciopero della fame, a sottolineare la gravità del prezzo ci si fa pagare per la difesa della dignità dei lavoratori e dei cittadini. Procediamo con molto successo anche in una raccolta firme a sostegno della democrazia e della partecipazione, che presenteremo quando il sindaco ci riceverà. se non vorrà incontrarci lo sciopero della fame procederà e metteremo in campo altre iniziative.

Come si prospetta l’autunno, dopo quest’estate “rovente”?

Se questi sono i presupposti, è lecito aspettarsi che dopo l’estate rovente arrivi un autunno bollente, dove la giunta sarà chiamata a mostrare il suo vero volto, attraverso la manovra di bilancio e la gestione del territorio, a partire proprio dalla visione d’insieme sui servizi sociali che coinvolge utenti e lavoratori dei servizi.
I primi segnali non sono incoraggianti, ci avviamo verso l’archiviazione di un periodo storico quale era quello in cui Bologna era una città accogliente e attenta alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini, con un welfare che in Italia non aveva paragoni, ad un periodo nel quale si cercherà di scaricare proprio sui lavoratori il peso di una crisi del debito e della finanza che da essi non è stata prodotta.
Se queste sono le premesse, la chiara conseguenza sarà la nostra opposizione forte, presente e duratura, a questa macelleria sociale.

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