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Gli oltre 50 P.U.A. Quando a Napoli si dice trasparenza

E’ da molto tempo ormai che va maturando in noi una sanissima diffidenza per le sigle: acronimi, iniziali, onomatopeiche, ecc. Abbiamo la netta sensazione, così come quando si utilizzano oscure parole inglesi, o meglio, americane, che ci sia sotto un imbroglio bello e buono. Vale oggi per questo misterioso oggetto del (non)desiderio, il neonato P.U.A., letteralmente Progetto Urbanistico Attuativo, che si legge come strumento derogatorio di ogni pianificazione.

 

Nasce tra le pieghe di una legislazione concorrente Stato/Regioni, partorita in larga parte, manco a dirlo, dal benedetto centro-sinistra (che mica si può essere sfacciati e poco eleganti come il Berlusca,  che sa partorire solo e soltanto provvedimenti in sanatoria). Un centro-sinistra che ne ha fatto la bandiera del cosiddetto laboratorio del Pianificar facendo ; sarebbe come dire che fingi di pianificare, tanto poi ti metti a fare… costruire con i progetti dei privati, spesso sui suoli pubblici, quasi sempre con soldi pubblici.

 

Dai miglioristi lombardi della Milano da bere  anni ‘70/’80 ai poteri forti delle cooperative tosco-emiliane, quelli dei monopoli dell’edilizia anni ‘80/’90’/2000, già da allora falso-comuniste (la C.C.C, la C.M.C., ecc., sempre sigle sono), dalle complicate interessenze massonico-bancarie del centro-Italia al glorioso laboratorio campano del bassolinismo, si sono messi in tanti ad elaborare ed attuare una moderna cultura della devastazione urbana. Altro che le mani sulla città,  stile anni ’50, laddove erano chiari i soggetti, gli interessi ed i capitali in gioco, le aree destinate all’attacco speculativo, le classi subalterne chiamate a pagare i costi sociali ed economici, e quindi anche ad alzare la bandiera di una nuova e dura forma di conflitto.

 

Dopo l’approvazione della famigerata legge Bassanini, di (contro)riforma degli assetti istituzionali degli Enti Locali, ne hanno provate di tutti i colori, quasi sempre riuscendo a far impallidire i vecchi e superati arrampicatori del cemento, tipo il Lauro di via Marittima a Napoli o il Berlusconi della Milano 2. Ancora oggetti complicati e relative sigle, o nomi americani: i P.T. (Patto territoriale del Miglio d’ Oro di Portici-Ercolano, ecc), l’accordo di programma (TESS di Castellammare,ecc.), i P.P.A. (Programmi poliennali d’attuazione), i P.L.C. (Piano di Lottizzazione Convenzionato, cui sono affezionati le tre centrali cooperativistiche nazionali), i C.d.Q (Contratto di Quartiere, lo schema romano per rendere inutile e superato anche il peggiore piano regolatore generale), ed altri ancora fino al gioiello ideato nella Gran Bretagna del mitico Tony Blair, il project financing .

 

Come si fa a dare in mano ad un privato, anche il più scalcagnato, l’ideazione, la progettazione, la realizzazione e la remunerativa gestione di un’opera pubblica, tutti insieme e per decenni, con la scusa che il privato ci anticipa i soldi (che sono invece, al 90%, anticipati dalla banche pubbliche: schema termo-distruttore di Acerra, quello che adesso va bene al vice-sindaco di Napoli, tale Sodano)? Come si fa: si inventa un favoloso project financig e saltano tutti i vincoli di bilancio…

 

E adesso possiamo tornare finalmente ai nostri, ultramoderni P.U.A., quelli in salsa napoletana.

 

Deliberati dalla giustamente vituperata ultima giunta Jervolino, negli ultimissimi giorni di Pompei, oltre 50 tutti in blocco, nel nuovo rinascimento napoletano di De Magistris sono misteriosamente tenuti segreti, quelli in istruttoria, annunciati a sorpresa e non pubblicati nel dettaglio quelli adottati, nel porto delle nebbie quelli approvati, il tutto senza lo straccio di una comunicazione in consiglio comunale, e neppure nelle competenti commissioni consiliari.

 

Proviamo a spiegare di che si tratta: si prende un’area dimessa da attività produttive e/o di stoccaggio, si trova per caso (non lo si sceglie, una volta esistendo la cosiddetta evidenza pubblica,  e neppure lo si sorteggia) un privato con un’idea brillante, si valuta senza alcun criterio oggettivo e prederminato la bontà del progetto e la solidità economica del privato (stile project financing ), si accettano tacitamente le opportune deroghe agli strumenti di Piano, e se no che affare è, si agita il tutto nel labirinto burocratico di Palazzo S.Giacomo… e il gioco è fatto! 

 

 * Comunisti-Sinistra Popolare, ex consigliere comunale di Napoli

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