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Roma: dalla piazza un no netto a Monti, all’UE e alle banche

Mentre Piazza San Giovanni si riempie di lavoratori e lavoratrici arrivate da tutta Italia, e dal palco si susseguono gli interventi dei rappresentanti delle sigle del sindacalismo conflittuale che hanno coraggiosamente promosso lo sciopero generale di oggi, i fotografi si accalcano. Alcuni attivisti del Comitato No Debito hanno bruciato una bandiera dell’Unione Europea, quella azzurra con le stelle gialle. Un gesto simbolico che racchiude il senso di uno sciopero che definire difficile è dir poco. Uno sciopero tutto politico, quello di oggi, contro i diktat dell’UE e delle banche proditoriamente applicati da Monti e dai suoi ministri. Provvedimenti che stanno strizzando e impoverendo milioni di italiani.

E così i sindacati di base e indipendenti hanno deciso di dare una risposta immediata, nonostante le evidenti difficoltà: il mondo del lavoro dipendente nel nostro paese sembra ancora inebetito da decenni di ‘antiberlusconismo’ e per ora la speranza che dopo il disarcionamento di Silvio le cose possano andare un po’ meglio prevale sulla rabbia e sulla protesta contro una sfilza di provvedimenti iniqui che neanche il Cavaliere si era permesso di adottare. D’altronde Monti ha un compito, e lo sta portando avanti. Con le buone – la propaganda sul ‘salva’ o ‘cresci’ Italia, il sostegno parlamentare trasversale, l’appoggio mediatico quasi totale – e ora anche con le cattive. In 48 ore si sono viste le botte della Polizia ai pescatori a Montecitorio, le cariche ai senzacasa in Campidoglio e una retata anti No Tav realizzata contemporaneamente in 15 province del paese. Una coincidenza affatto casuale. Un segno chiaro di questo governo e dei poteri forti che lo animano e lo sostengano a chiunque, nella società, voglia contrastare il più grande attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari che questo paese abbia visto dalla fine del secondo conflitto mondiale. 

Ma come si gridava dal palco mobile che apriva il lungo serpentone che da Piazza della Repubblica ha sfilato fino a San Giovanni, “la repressione porterà solo ad un aumento della mobilitazione e della ribellione”. In tanti, oltre che con le bandiere dell’Unione Sindacale di Base o degli altri sindacati, sono venuti a Roma con le bandiere No Tav. Un pompiere in divisa le ha messe tutte e due sulla sua asta, e le sventola insieme. Anche uno striscione recita “Libertà per i No Tav. Le lotte non si arrestano”.  

E poi tante parole d’ordine contro l’assalto ai salari e alle pensioni, contro le privatizzazioni e le finte liberalizzazioni, contro la riduzione della democrazia nei luoghi di lavoro. Per dire che il debito i lavoratori non l’hanno creato e quindi non lo devono e non lo vogliono pagare.

Almeno 40 mila persone hanno manifestato nel centro della capitale, nonostante le metropolitane fortemente rallentate e la penuria di autobus e treni. Decine e decine gli striscioni delle federazioni regionali dell’Usb, dell’Usb Immigrati, dei comparti della Sanità, del Pubblico Impiego, della Scuola, della Ricerca, dell’Inps. I Vigili del Fuoco in divisa dell’Usb, i lavoratori delle telecomunicazioni dello Snater, quelli delle fabbriche (Fiat Mirafiori, Pomigliano, Sevel, ex Alfa Romeo, Thales Alenia Space ecc) dello Slai Cobas, i dipendenti delle cooperative sociali, delle ditte di appalti e dei supermercati dell’Usb e dell’USI. E poi ancora gli autoferrotranvieri dell’Usb e soprattutto quelli dell’Orsa, che in piazza sfilano con una locomotiva che sputa fuoco e allerta con il suo campanello i passanti e i negozianti distratti.

La manifestazione sfila tranquilla ma determinata, e come spesso avviene a Roma lungo il percorso, per fortuna sotto un bel sole che riscalda l’aria gelata della mattina, si gonfia man mano di altri partecipanti. Verso il fondo ci sono gli studenti di ‘Senza Tregua’. Sfilano dietro uno striscione nero che in rosso recita “Studenti e lavoratori uniti. Sciopero generale’ e agitano bandiere rosse, compatti nei cordoni. Subito dietro di loro lo spezzone del sindacato metropolitano: i movimenti di lotta per la casa, i Blocchi Precari Metropolitani, i precari, gli immigrati. Quando passano davanti alla Banca Toscana, in Via Merulana, il clima si anima. Qualche uovo, fumogeni e una scritta – “Spegni il mutuo, accendi le banche” – ricordano che c’è chi dalla crisi trae profitto e ci guadagna.

Il sanzionamento si ripete un po’ più avanti, quando il bersaglio diventa una filiale di Banca Intesa San Paolo – ampiamente rappresentata nell’esecutivo Monti – e poi ancora verso la fine del corteo quando la rabbia dei manifestanti prende di mira la sede dell’Assessorato Comunale alle Politiche Sociali. Anche qui qualche uovo e qualche fumogeno. E tanti slogan contro un’amministrazione Alemanno servile nei confronti dei palazzinari e delle lobby della speculazione e chiusa totalmente alle richieste dei movimenti di lotta per la casa. “Lo spezzone sociale che partecipa oggi a questo sciopero generale, e che non è organizzata nelle forme classiche del sindacato, ha iniziato ieri il suo percorso di mobilitazione” ci spiega Paolo di Vetta, dei Blocchi Precari Metropolitani. “Siamo andati in tanti in Campidoglio a rivendicare un piano casa degno di questo nome. Quello che stanno approvando è un piano di cementificazione, un grande ed ennesimo regalo ai costruttori che stanno per staccare i loro assegni per la prossima campagna elettorale. Dopo le cariche e le botte di ieri in Campidoglio oggi siamo di nuovo in piazza per ribadire che la strada maestra è quella dell’indipendenza e del conflitto, in una relazione sempre più forte con il sindacalismo di base”.

Oltre ai tanti lavoratori e giovani in piazza c’è anche qualche realtà di ‘movimento’. Non le grandi reti organizzate del movimento studentesco che pure qualche tempo fa andarono in corteo dalla Camusso a chiedere lo sciopero generale contro Berlusconi. E anche dai centri sociali della Capitale c’è qualche rappresentanza spuria. Ma non manca lo striscione del Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua, che aveva già annunciato la propria adesione nei giorni scorsi. “Siamo in piazza per manifestare contro un governo che prosegue lungo la strada delle privatizzazioni dei beni comuni – spiega Paolo Carsetti – Siamo stati in campo per contrastare l’approvazione del cosiddetto ‘decreto crescItalia’ ottenendo che ne venisse stralciata la parte più negativa che vietava la gestione pubblica dei servizi locali. Un decreto che rimane sostanzialmente di stampo ultraliberista e che nega ampiamente l’esito referendario”.

Poco più in là un gruppetto di manifestanti sfila nei panni della Banda Bassotti, con i sacchi in spalla e le facce di Monti e degli altri ministri attaccata sulla pettorina. E’ così che i lavoratori che manifestano vedono l’esecutivo ‘salva Italia’. Come una banda di ladri e truffatori. Ogni tanto si fermano e si mettono in posa, per i fotografi. Così come le insegnanti che battono su un tamburo e scandiscono:  “Siamo stanchi di aver pazienza. Insegniamo disobbedienza”.

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