Milioni di precari, di lavoratori sottopagati e di apprendisti ipersfruttati. Questo è il modello che hanno in mente Monti, Fornero, Marcegaglia e Cgil Cisl Uil.
Conoscere non guasta mai. Sapere le cose aiuta a capire. Girando in rete si possono trovare numerose corrispondenze – anche molto diverse tra loro per orientamento – che documentano come il “modello tedesco” al quale si richiama il governo Monti, ha indicatori positivi sul piano macroeconomico (export, debito pubblico, etc.) ma sul piano sociale è un inferno per i lavoratori. Una ricerca dell’Università di Duisburg-Essen: dimostra come la Germania non sia l’Eldorado per i lavoratori. Quasi 8 milioni di dipendenti tedeschi sono retribuiti sotto la soglia dei 9,5 euro lordi all’ora: tra loro soprattutto donne e precari, ma anche salariati a tempo pieno nella ricca ex Germania occidentale – Rispetto al 1995 sono aumentati di 2,3 mln
Lavoratori sottopagati… anche in Germania
E se la Germania non fosse poi l’Eldorado dell’economia europea? A metterlo in dubbio, per quanto la crescita del Paese teutonico e il suo debito pubblico contenuto facciano invidia a tutto il continente, è un’analisi condotta dall’Istituto di ricerca sul lavoro dell’Università di Duisburg-Essen.
Secondo il rapporto, pubblicato in copertina dal quotidiano di centro-sinistra Süddeutsche Zeitung, quasi un impiegato su quattro in Germania è sottopagato. Nel 2010 infatti, il 23,1% dei lavoratori tedeschi, ossia ben 7,84 milioni di persone, risulta aver percepito un salario inferiore ai 9,5 euro lordi all’ora, soglia al di sotto della quale la retribuzione è considerata “bassa” (cioè inferiore ai due terzi del salario medio del Paese).
Di questi quasi 8 milioni di impiegati (aumentati di 2,3 milioni dal 1995), almeno 1,4 milioni riceve emolumenti addirittura inferiori ai 5 euro lordi all’ora, mentre due milioni e mezzo ne ricevono meno di 6 (la media tra tutti è di 6,6 euro l’ora): tra loro soprattutto donne, ex tedeschi dell’Est e precari, in particolare quella categoria di lavoratori che si accontentano di lavoretti (spesso part-time) sovvenzionati dallo Stato in alternativa al perdurare dello stato di disoccupazione.
Ma tutto questo accade anche nel ricco Ovest, come precisa la stessa ricerca: “L’aumento esponenziale dei salari bassi a partire dal 1995 è da addebitare soprattutto all’ex Germania occidentale”. Se è vero che la vecchia Ddr continua a patire una situazione socio-economica mediamente più difficile, è dunque altrettanto vero che, contrariamente al clichè di un Ovest locomotiva del Paese, è soprattutto dall’altra parte di Berlino che povertà e precarietà continuano ad aumentare.
E in ogni caso, il fenomeno non riguarda solo i lavoratori precari o i part-time: ben 800mila dipendenti a tempo pieno hanno un salario mensile inferiore a 1.000 euro lordi.
I disoccupati spariscono…. Dalle statistiche
Ecco il miracolo economico tedesco! I disoccupati sono scesi dai 5,1 milioni nel 2005 ai 2,8 oggi. Sono solo il 6,9% della popolazione attiva, un record storico e un sogno in confronto al 9,9% di disoccupati in Francia e al 9,1% negli Usa. Merito della “moderazione salariale” dei lavoratori tedeschi, della “disciplina” accettata dai sindacati. Ma ora, uno studio francese rivela i trucchi e il prezzo sociale occulto di questo miracolo: nel 2001, il governo Schroeder comincia ad applicare le idee di Peter Hartz, il capo del personale di Volkswagen: convinto, non a torto, che i grassi sussidi (di disoccupazione e sociali in genere) vigenti allora in Germania tendano a creare uno strato di fannulloni cronici, concepisce un marchingegno legale che “costringe” i disoccupati a trovar lavoro.
Prima della riforma Hartz, i disoccupati che durante il lavoro avevano versato i contributi, avevano il diritto ad una “allocazione” (Arbeitsengeld o AG1) che durava due, e in certi casi 3 anni. Dopo Hartz, il sussidio AG1 dura un anno soltanto.
Prima, i disoccupati di lunga durata che avevano esaurito il diritto al primo sussidio AG1, prendevano un AG2, molto più modesto. Esisteva anche un “aiuto sociale” (Sozialhilfe) per le persone ancora più lontane dal mondo del lavoro. Oggi, AI2 e Sozialhilfe sono fusi in uno, e distribuiti attraverso centri di lavoro speciali: presso questi centri di lavoro ogni disoccupato deve fare “passi positivi” presentandosi bi-mensilmente e accettare un impiego qualunque, anche meno pagato del precedente, sotto pena di perdere i sussidi.
Il sistema ha fatto cancellare milioni di persone dalle liste di disoccupazione…solo per farle riapparire nelle liste di “lavoratori poveri”, che hanno lavoretti di meno di 15 ore settimanali, e pagati di conseguenza: anche meno di 400 euro mensili. Il buono del sistema Hartz è che per questi “mini-jobs” e mini-salari, lo stato non esige il versamento dei contributi previdenziali e sanitari. Ciò ha incoraggiato molti datori di lavoro ad assumere mini-salariati sotto i 400 euro. Il lato sgradevole è che questi lavoratori, non contribuendo alla previdenza, non hanno pensione nè assicurazione sanitaria.
Nel maggio 2011, gli occupati con mini-jobs erano 5 milioni: si può parlare, senza offesa, di un esercito di sotto-occupati e precari? Ci sono stati anche scandali: aziende che preferiscono assumere due o tre mini-jobs (su cui non pagano i contributi previdenziali) invece di un lavoratore a tempo pieno. La Scheckler, una catena di drogherie, è stata accusata dai verdi di fare questo genere di “dumping salariale”.
Nell’agosto 2010, un rapporto dell’Istituto del Lavoro dell’Università di Duisberg-Essen ha calcolato che più di 6,55 milioni di tedeschi ricevono meno di 10 euro lordi l’ora – sono aumentati di 2,3 milioni rispetto a dieci anni prima. Due milioni di lavoratori in oltre-Reno campano con meno di 6 euro l’ora, e molti nell’ex Germania comunista si contentano di 4 euro l’ora, ossia 720 euro mensili per un lavoro a tempo pieno.
I salariati con mini-job non sono i soli mal pagati. In Germania non esiste un salario minimo stabilito per legge (situazione unica in Europa). I “lavoratori poveri” (che restano in miseria pur lavorando) sono il 20% degli occupati germanici. Quelli che lavorano per meno di 15 ore settimanali, con paghe in proporzione, sono chiamati Aufstocker: sono un milione, ed integrano il magrissimo salario con i magrissimi sussidi sociali. Il loro numero è in continua crescita.
Un dirigente del centro-impiego (Arbeitsagentur) di Amburgo, sotto anonimato, dichiara: “Ma quale miracolo economico. Oggi, il governo ripete che siamo sotto i 3 milioni di disoccupati, e se fosse vero sarebbe un fatto storico. Ma la verità è diversa, sono 6 milioni di persone beneficiarie di Hartz IV (che prendono i sussidi, ndr.), e sono tutti disoccupati o ultra-precari. La vera cifra non è 3 milioni di senza-lavoro, ma 9 milioni di precari”. Si aggiunga che la percentuale trionfale di 6,9% di senza-lavoro nasconde forti disparità regionale. I disoccupati sono il 3,4% nella ricca e prospera Baviera, ma il 12,7 a Berlino.
La competitività tedesca ha il suo segreto in quel 20 per cento di sotto-salariati; il miracolo germanico si regge su un gigantesco dumping sociale. E’ questo il modello che ci viene proposto ad esempio: la cinesizzazione della forza-lavoro a basso livello di qualificazione.
Apprendistato
Mentre in Italia si sta discutendo sulla riforma dell’apprendistato in Germania si scopre che gli apprendisti dell’edilizia sono sottopagati. In effetti, malgrado il trend economico positivo per le imprese e per il mercato del lavoro in generale, in Germania i giovani tedeschi non si trovano in una situazione migliore della nostra: in particolare, i giovani tedeschi si lamentano del fatto di non percepire un salario decente.
Il dato emerge da uno studio dell’Ig Bau, il sindacato del settore edile della Germania, che ha, per l’appunto, denunciato questo grave squilibrio: i giovani si sentono sfruttati e privi di una qualsiasi prospettiva reale. Lo studio parte da un campione di 3500 apprendisti nei settori delle costruzioni e dell’artigianato.
La flessibilità concessa dalle organizzazioni sindacali dai datori di lavoro non si è rivelata vincente; in effetti, gli apprendisti in Germania, malgrado la loro buona qualifica e la flessibilità concessa, non si sentono effettivamente tutelati e, almeno in base ai risultati del sondaggio, non si sentono di programmare il loro futuro.
Le prospettive? Non ce ne sono, ma, anzi, gli apprendisti tedeschi dichiarano di essere sottopagati e sono sempre più convinti che in futuro dovranno fare almeno due lavori per arrivare alla fine del mese, senza dover far ricorso al sussidio sociale.
I giovani poi sono convinti, almeno il 78% del campione, che in futuro ci saranno sempre più contratti precari e a tempo determinato e il 70% dichiara di non essere sicuro di poter avere un posto di lavoro.
Non solo, il 90% degli interpellati sono convinti che il loro salario è troppo basso e che il 60% sostiene che i costi sono destinati a crescere in misura maggiore che i salari e che, in futuro, anche coloro che riceveranno un posto di lavoro non potranno permettersi ne’ una famiglia nè un’esistenza dignitosa.
I giovani che hanno partecipato allo studio dell’Ig Bau sono apprendisti in età compresa tra i 17 e 22 anni e ricevono una retribuzione media inferiore a 300 euro mensili.
Il vice presidente dell’Ig Bau, Robert Feiger è convinto che “Il sondaggio mostra che in Germania sta crescendo una generazione senza illusioni […] Se per la maggior parte dei giovani è solo vaga la speranza di poter nutrire la famiglia col proprio lavoro ci dobbiamo domandare in che razza di mondo viviamo”
Fonti: Gazzetta del lavoro, pdlmestrino, Firstonline
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