I lavoratori dell’Alcoa, hanno occupato per due ore (dalle sette alle nove di questa mattina) il traghetto che li ha riportati da Roma ad Olbia. Un’ora fa hanno deciso di scendere dalla nave e stanno discutendo ulteriori iniziative di lotta.
L’occupazione è stata messa in atto all’alba di oggi quando la nave della Tirrenia ha attraccato al molo. Dopo che i passeggeri sono scesi dalla nave, gli operai hanno issato la bandiera dei 4 Mori in segno di occupazione. I lavoratori sono intenzionati a portare avanti la loro protesta contro la chiusura degli impianti del Sulcis. «Abbiamo occupato il traghetto dopo il risultato non ottenuto ieri a Roma – ha spiegato all’Adnkronos Franco Bardi, segretario provinciale Fiom Cgil di Carbonia Iglesias – Noi non ci fermeremo: metteremo in campo tutte le azioni necessarie a scongiurare la chiusura degli impianti».
Ieri a Roma era stata una giornata di scontri, tensione e trattative, fuori e dentro al ministero dello Sviluppo economico. Durante l’incontro qualche timido spiraglio si è aperto: l’Alcoa si sarebbe detta disponibile ad aprire una trattativa con Klesch, azienda con sede a Ginevra attiva nel settore delle commodity, e il ministro Corrado Passera avrebbe definito la vertenza «non un caso impossibile», garantendo il suo «impegno personale» per una soluzione. La rabbia degli operai si è espressa con lanci di lamine di alluminio, bottiglie, petardi, bombe carta, con cariche della polizia e scontri. Circa una ventina i feriti e anche l’esponente del Pd, Piero Fassina, è stato spintonato e contestato dai lavoratori. Gli operai dopo aver minacciato di non lasciare Roma, hanno smobilitato da Via Molise solo dopo le 22.00, promettendo però di continuare la lotta in Sardegna.
Ma in tarda serata è arrivata la doccia fredda della multinazionale statunitense la quale faceva sapere che: “al momento non c’è nessuna manifestazione di interesse accettabile”. Gli operai hanno ottenuto uno spegnimento più graduale degli impianti con l’allungamento dei tempi della fermata dell’impianto, che slitterebbero a novembre. Il fermo delle celle elettrolitiche sarebbe di fatto rallentato dai primi di ottobre al primo novembre e la fonderia resterebbe in funzione fino al 30 novembre. Inoltre dal 10 novembre partirebbe un’attività di preparazione alla rimessa in funzione di 50 celle.
Quanto al possibile acquisto dello stabilimento Alcoa da parte di un’altra società, l’ipotesi ventilata è rappresentata dalla svizzera Klesch, l’unica società ad avere fatto trapelare ad Alcoa il suo interessamento allo stabilimento. L’altra azienda di cui si è parlato in questi mesi è la svizzera Glencore, che tuttavia ha manifestato il suo interessamento solo attraverso il ministero dello Sviluppo. Una convocazione delle due società sarebbe ipotizzabile a breve. Un piccolo segnale è arrivato dall’Enel, dove l’amministratore delegato Conti ha assicurato la «disponibilità» del gruppo a studiare i progetti proposti dalle istituzioni sulle questioni energetiche che riguardano la Sardegna e che si sono rivelate invece decisive per la chiusura dell’Alcoa.
Dalle ipotesi prese in esame continua a mancare l’unica che appare razionale: nazionalizzare l’Alcoa, salvaguardare il lavoro, le produzioni di qualità e le tecnologie avanzate ed infine riportare sotto controllo pubblico le aziende energetiche per funzionalizzarle agli interessi collettivi del paese e non a quelli degli azionisti.
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