Riassumiamo la situazione.
La società statunitense sta spegnendo le celle di fusione una dopo l’altra; ogni spegnimento significa riduzione dell’attività e minor interesse di qualsiasi possibile compratore, perchè l’eventuale “riavvio” è costoso e ricadrebbe tutto sulle sue spalle. In pratica, Alcoa sta bruciando il terreno per eventuali concorrenti.
Il governo non sta facendo nulla, nemmeno cercare possibili compratori, in virtù del diktat liberista (con tanto di sanzioni Ue) per cui lo Stato non deve impicciarsi di economia reale e politica industriale; o ci sono dei privati che si muovono, oppure che crepi l’industria e chi ci lavora dentro.
I sindacati concertativi, per salvare la faccia, avallano la mobilitazione operaia, che assume toni e movenze più “disperate”, anche se formalmente più “radicali”.
I partiti hanno mollato la cosa al suo destino. E’ toccato a Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, cacciato al grido di “venduti” e “buffone”, misurare l’irreversibilità della contrapposizione tra interessi di classe e potenziale “rappresentatività” del suo partito.
L’unico “risultato” dell’incontro di ieri è stata perciò la richiesta del governo agli statunitensi di rallentare al massimo lo spegnimento delle celle, mantenendo aperta la fonderia fino a novembre.
In attesa di un miracolo che il governo nuo sa e non vuole produrre.
Una panoramica degli articoli apparsi oggi illumina su ciò che è vero e ciò che è fuffa.
Solo fumo per l’Alcoa
Francesco Piccioni – Il manifestoSolo nel tardo pomeriggio Corrado Passera è entrato nella sala del «tavolo di trattativa» sull’Alcoa, dicendo l’esatto opposto di quel che lo aveva reso non proprio un eroe del lavoro: «questo è uno dei casi più difficili che abbiamo al ministero, ma non ho mai pensato che fosse impossibile». Alla festa del Pd, pochi giorni fa, era stato decisamente pessimista, ma «allora non avevo uno straccio di manifestazione di interesse». Fin lì si era mosso il sottosegretario Claudio De Vincenti, che ha aperto la discussione collegiale soltanto alle 13 per interromperla dopo poco più di un’ora. Poi incontri separati con sindacati, impresa, regione e quindi ritorno in plenaria. Sotto le finestre, da stamattina, i 5-600 operai che giurano «da qui non ce ne andiamo», battendo incessantemente tamburi e caschetti. Giornata calda, come sapete, movimentata dai lavoratori scesi a Roma con la ferma intenzione di non accontentarsi delle buone parole. L’azienda sta spegnendo le celle di fusione una dopo l’altra; quando avrà finito «riaprire» potrebbe essere impossibile. E quindi hanno corso a scatti lungo le strade, fatto rumore battendo i caschetti ovunque risuonassero meglio, lanciato petardi piuttosto forti. Gli «scontri» si sono concretizzati in una carica della polizia in via Molise, intorno alle 13,30, per chiuderli entro un «recinto» di agenti. Gli operai sono riusciti a rompere il cerchio dalla parte di via San Basilio e tutto è andato avanti come prima. Qualche contuso «da entrambe le parti», come si dice in gergo sportivo, ma niente di clamoroso. Le parole, certo, sono state forti. Come quel «Fornero al cimitero» che la dice lunga sulla popolarità delle «riforme» su pensioni e mercato del lavoro.E dire che la fanfara del «pericolo violenza» aveva risuonato forte, il giorno prima, tra un finto ordigno collocato da sconosciuti nei pressi dello stabilmento, a Portovesme, e un allarmismo mediatico corroborato da oltre 1.000 agenti schierati ieri in piazza. Due per manifestante, quasi un record. O un avviso per le prossime settimane.Senza grandi stress anche la contestazione a Stefano Fassina, responsabile economia del Pd, che è stato allontanato – ma è rimasto lì, dietro i cordoni di polizia – solo dopo aver parlato a lungo con alcuni lavoratori. L’episodio sembra segnalare, in generale, che è finito il tempo in cui i partiti possono agire in un modo in Parlamento e poi andare in piazza a mostrare solidarietà verso chi è stato travolto da determinate politiche. Lo stesso coro intonato in strada – Fortza Paris, inno e grido di guerra della brigata Sassari – rinvia alla ricerca di un’identità originaria, estranea al Palazzo.Governo e sistituzioni locali si sono presentati al tavolo con una «proposta» debolizzima: impegnare l’Alcoa a rallentare ancora il ritmo di spegnimento delle celle e a tenere in funzione la fonderia almeno fino a novembre. Un classico del «prendere tempo», in attesa del miracolo di un compratore. al tavolo l’«interessamento formale» della Klesh è stato appena nominato, come si fa per un’ipotesi ancora troppo vaga e non concreta. Il nodo risolto è il prezzo dell’energia elettrica, considerato dall’Alcoa e da tutti i possibili acquirenti «troppo alto»; ma con la clausola della «super-interrompibilità» anche la Ue non solleverebbe obiezioni.
Il nodo irrisolto è l’assenza di compatori credibili e già alle porte. Che, oltretutto, diventeranno sempre meno contattabili a mano a mano che le celle di fusione vengono spente e quindi rese inutilizzabili. Ma Alcoa ha fretta di andarsene, e il governo non è stato affatto rapido nell’attivare – come ricorda Laura Spezia, della segreteria Fiom, «tutti i contatti per trovare un compratore». Di politica industriale in proprio, del resto, questo esecutivo non vuole nemmeno sentir parlare.
Il governativo Corriere della sera prova a seminare ottimismo inventato.
Alcoa, slitta chiusura, avviati negoziati
Tensione al corteo di Roma: 20 feriti
Passera: «Mai pensato che sia caso impossibile». Pressione su gruppi che hanno manifestato interesse. La protesta dei 600
Slitterà, rispetto al termine previsto inizialmente dall’azienda (il primo novembre invece dell’8 ottobre) la procedura di spegnimento dell’impianto Alcoa di Portovesme. Questa la decisione raggiunta al termine del tavolo che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico e che si è protratto per tutta la giornata, convocato per decidere le sorti dell’impianto sardo. Venti giorni in più, che dovrebbero servire per portare a compimento trattative fino ad oggi inconcludenti. Nel verbale stilato al termine dell’incontro, il dicastero guidato da Corrado Passera sollecita i soggetti che hanno manifestato interesse per l’acquisizione dell’impianto ad avviare in tempi rapidi le negoziazioni con Alcoa: è prevista la convocazione «a breve» delle multinazionali Klesch e Glencore «per verificare lo stato di avanzamento della trattativa per fornire adeguata assistenza per il superamento di eventuali ostacoli e difficoltà». L’azienda ha sottolineato in una nota che l’impianto sarà «definitivamente chiuso entro il 30 novembre».
«NON CE NE ANDIAMO» – Decisioni insufficienti, hanno protestato gli operai (circa 600, per tutto il giorno, ridotti a un centinaio a fine giornata) che hanno urlato: «Tornate dentro, noi da qui non ce ne andiamo», ai delegati sindacali scesi in piazza a Roma a comunicare i risultati ottenuti. Negativo anche il giudizio del segretario generale della Cgil sarda Enzo Costa, che ha partecipato all’incontro del pomeriggio e secondo cui «l’esito dell’incontro di oggi al ministero conferma la scarsa attenzione che Governo e Regione riservano al nostro apparato industriale». «A questo punto – dice Costa – è urgente spostare il confronto a Palazzo Chigi per affrontare l’intera emergenza Sardegna».
LA GIORNATA – Una giornata di tensione e trattative, vissuta fuori e dentro al ministero dello Sviluppo economico: il tavolo sulla vertenza Alcoa sin dalla mattina ha concentrato tutta l’attenzione, blindando Roma. Dentro al dicastero esponenti dell’esecutivo, azienda, enti locali e sindacati; nelle strade di fronte al ministero centinaia di lavoratori sardi in protesta, con operai disperati che hanno manifestato il loro disagio anche con lanci di bombe carta e scontrandosi con le forze dell’ordine. E non sono mancati i feriti.
LE DECISIONI – Tra i «punti qualificanti emersi» nel corso del tavolo su Alcoa, spiega una nota del ministero, l’«adozione di tecniche in grado di consentire una rapida ripartenza dello smelter; cassa integrazione in deroga per i lavoratori dell’indotto; incontro di approfondimento sul «Piano Sulcis» entro settembre. Alla riunione, presieduta dal sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti e alla presenza del ministro Passera, hanno preso parte il viceministro al Welfare Michel Martone, il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, il presidente della provincia del Sulcis Iglesiente Salvatore Cherchi, i massimi esponenti della multinazionale dell’alluminio e i rappresentanti sindacali a livello nazionale, regionale e aziendale.«Alcoa è uno dei casi aziendali che seguo più da vicino. Vi garantisco il mio impegno personale diretto a trovare una soluzione», ha detto il ministro Passera, chiedendo poi ai presenti un impegno «anche sul piano Sulcis per ricercare anche altre occasioni di sviluppo sostenibile per il territorio».
I MANIFESTANTI – Mentre governo e parti sociali cercavano una difficile mediazione, i manifestanti, per strada, hanno fatto esplodere potenti petardi e bombe carta, lanciato dischetti di alluminio, simbolo della protesta e del lavoro in fonderia, mentre la polizia schierava furgoncini e automezzi. Diversi i tentativi di sfondare i cordoni delle forze dell’ordine, oltre a falò di rifiuti e lanci di caschi. Il bilancio è alla fine di 20 feriti e contusi, 14 dei quali appartenenti alle forze dell’ordine. In serata, poi, i lavoratori hanno deciso di continuare la mobilitazione in Sardegna. Il ministro Passera aveva riportato nel pomeriggio un po’ di speranza sulla vicenda, dicendo di «non aver mai pensato che quello di Portovesme fosse un caso impossibile». Anche se, ha ammesso, «rappresenta uno dei casi più difficili che abbiamo al ministero dello Sviluppo economico».
LE TRATTATIVE – Le trattative sono sembrate per tutto il giorno in alto mare: nonostante la manifestazione di interesse dell’azienda svizzera Klesch, Alcoa ha dichiarato di «non aver ricevuto ancora alcuna manifestazione di interesse “percorribile” per la cessione dello stabilimento sardo di produzione dell’alluminio a Portovesme», ma di essere stata contattata da diversi soggetti e di essere aperta a trattare per trovare una soluzione. Il tutto mentre si ragionava sul rallentamento della procedura di spegnimento dello stabilimento e l’Enel si diceva pronta ad ascoltare proposte sulla riduzione del costo dell’energia.
Il Sole 24 Ore – nel tentativo di segnalare qualcosa di positivo – costringe il ministro Passera a metterci la faccia.
Alcoa, chiusura rallentata. Passera: garantisco per una soluzione. Il ministero conferma l’offerta di Klesch. Gli operai occupano un traghetto per due ore
Circa 450 operai dell’Alcoa, al rientro dalla manifestazione di ieri a Roma davanti al ministero dello Sviluppo economico, hanno occupato stamane – per due ore – la nave Tirrenia all’attracco nel porto di Olbia. «La rabbia dei lavoratori è più forte della rassegnazione», spiega il sindacalista della Fim Cisl, mentre i suoi compagni sbattono i caschi da lavoro sulla ringhiera di protezione del traghetto. «Siamo stanchi e delusi, ma decisi a usare tutti i giorni che ci restano prima della programmata fermata della fabbrica di Portovesme per accelerare la risoluzione del problema. Vogliamo evitare che l’impianto si fermi».
Impianti spenti progressivamente Nel corso dell’incontro che si è tenuto ieri a Roma sul futuro dell’azienda, Alcoa ha confermato, secondo quanto riferito da fonti sindacali, il progressivo spegnimento dell’impianto di Portovesme, con modalità tecniche che permettano la riaccensione in caso di manifestazioni di interesse per l’impianto sardo. Sitta dunque di un mese, rispetto al termine del 15 ottobre previsto inizialmente dall’azienda, il completamento della procedura di spegnimento dell’impianto Alcoa di Portovesme. Il fermo delle celle elettrolitiche sarebbe di fatto rallentato dai primi di ottobre al primo novembre e la fonderia resterebbe in funzione fino al 30 novembre.
La Klesch è interessata all’acquisizione di Alcoa La multinazionale dell’alluminio sarebbe disponibile a negoziare con Klesch, l’unica società ad avere indirizzato ad Alcoa il suo interessamento allo stabilimento di Portovesme. L’altra azienda in campo è la svizzera Glencore, che tuttavia ha manifestato il suo interessamento solo attraverso il ministero dello Sviluppo. Alcoa, inoltre, si sarebbe detta disponibile a trattare con chiunque manifesti interesse. Nel verbale stilato ieri dal ministero al termine dell’incontro, il dicastero guidato da Corrado Passera sollecita i soggetti che hanno manifestato interesse per l’acquisizione dell’impianto ad avviare in tempi rapidi le negoziazioni con Alcoa: è prevista la convocazione «a breve» delle multinazionali Klesch e Glencore «per verificare lo stato di avanzamento della trattativa per fornire adeguata assistenza per il superamento di eventuali ostacoli e difficoltà».
Passera: Alcoa non è un caso impossibile «Non ho mai pensato» che il caso Alcoa fosse impossibile, avrebbe affermato, secondo quanto riferiscono fonti sindacali, il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, nell’incontro con azienda, sindacati ed enti locali. «Faremo molta pressione sui due gruppi che hanno manifestato interesse ma lavoriamo in parallelo su tutto quello che può dare sviluppo al Sulcis». Il ministro è giunto alla ripresa dei lavori dopo una interruzione durata un’ora.
Matta (Cisl): Alcoa non fermi gli impianti «Abbiamo formalmente chiesto ad Alcoa di bloccare tutte le procedure di fermata degli impianti di Portovesme, rivedendo il piano in base alle novità di oggi che riguardano la lettere d’intenti formale che è stata inviata da Klesch alla multinazionale statunitense», ha detto il segretario regionale della Cisl sarda, Giovanni Matta, durante la pausa del vertice al Mise sulla vertenza Alcoa.
Scontri con lanci di alluminio e bottiglie Nella giornata si sono verificati scontri tra forze dell’ordine e manifestanti dell’Alcoa vicino al ministero dello Sviluppo economico dove è stato sospeso per un’ora il vertice fra ministero, sindacati e istituzioni locali: fitto lancio di mini lamine di alluminio e bottiglie contro le forze dell’ordine da parte dei manifestanti. I lavori sono stati stoppati per una pausa di riflessione di circa un’ora. Secondo quanto riferiscono fonti sindacali presenti all’incontro, il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio, De Vincenti, ha ribadito la forte determinazione del governo a trovare una soluzione.
Fitto lancio di petardi e bombe carta La cancellata del ministero è oggetto di un fitto lancio di bombe carta e una è esplosa all’interno. Le forze dell’ordine hanno risposto manganellando alcuni partecipanti alla manifestazione poi sono iniziati gli scontri. La polizia ha caricato i manifestanti che sono arretrati, ma sono restati nei pressi del ministero. La situazione è stata molto tesa nel corso della giornata. Gli operai dopo i lanci di bottiglie e le cariche si sono fermati con le mani alzate, urlando “Vergogna”. Continuamente sono esplosi petardi e bombe carta.
Camusso: necessario intervento del Governo per tutte le vertenze È necessario «un intervento pubblico immediato da parte del governo per riunificare le tante vertenze aperte nel paese, a cominciare da alcoa, e trovare soluzioni di tutela delle attività produttive accompagnandole fuori dalla crisi», ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, nel corso del comitato direttivo del sindacato.
Ghini (Uilm): l’azienda sospenda le procedure di spegnimento «Chiediamo all’azienda la sospensione delle procedure di spegnimento degli impianti di Portovesme», ha chiesto Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm, al tavolo Alcoa. «Si tratterebbe di un atto di responsabilità da parte aziendale – ha spiegato Ghini – anche rispetto alla situazione di impatto sociale che sta determinando la vertenza Alcoa e che sta creando anche problemi di ordine pubblico. Crediamo che ci possa essere la prospettiva di un ‘piano Sulcis’ vero e che possa andare a buon fine almeno una delle manifestazioni di interesse “in ‘itinere”».
Atmosfera tesa anche durante il corteo Già durante il corteo da piazza della Repubblica lungo le strade del centro, gli operai avevano esploso numerosi petardi e hanno urlato slogan contro il Governo e l’azienda americana che ha già avviato le procedure dello spegnimento dell’impianto di Portovesme la cui chiusura è prevista per fine anno. Presenti anche una delegazione di sindaci della provincia del Sulcis. Tra i manifestanti in piazza anche i tre operai che sono stati asserragliati per giorni sul silos dell’Alcoa a 66 metri d’altezza nello stabilimento di Portovesme.Una ventina i feriti fra forze dell’ordine e manifestanti È di 14 feriti tra le forze dell’ordine il bilancio complessivo a seguito degli scontri di oggi a Roma durante la manifestazione degli operati dell’Alcoa, davanti al ministero dello Sviluppo Economico. Altri sei feriti si contano fra i manifestanti. A rimanere contusi sono stati 8 agenti del Primo Reparto, un dirigente e un ispettore, tre carabinieri e un finanziere. Tra gli operai feriti, uno ha preso una botta a un ginocchio, un altro è stato lievemente ferito dallo scoppio di una bomba carta. Un altro manifestante, invece, è stato trasportato in ospedale perché colpito da un malore.
Contestato Fassina «Abbiamo contestato Fassina e Bersani è meglio che rimanga dov’è. Tutti i politici, anche Alfano, Casini si dimentichino del nostro voto. Noi vogliamo lavorare, non vivere di assistenzialismo», affermano alcuni lavoratori dell’Alcoa che hanno allontanato il responsabile Economia e lavoro del Pd Stefano Fassina davanti al ministero dello Sviluppo economico. «È un momento difficile – ha commentato Fassina a Tgcom 24 – quindi é comprensibile che si arrivi a momenti così concitati. Ora mi dicono che chi ha preso la guida di quell’offensiva non fa parte ell’azienda ed é stato segnalato alle forze dell’ordine. Il nostro rapporto coi lavoratori é antico, non enfatizzerei questo punto».
Sindacati di polizia: la violenza offusca la protesta Per i sindacati di polizia la violenza offusca la protesta. «Non possiamo non comprendere le ragioni dei lavoratori dell’Alcoa capendo la rabbia di quei padri di famiglia che corrono il rischio di perdere il posto di lavoro,ma qualsiasi manifestazione di violenza è intollerabile», hanno dichiarato in uta congiunta Giuseppe Tiani e Enzo Marco Letizia, segretari generali rispettivamente del Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia) e dell’Anfp (Associazione nazionale funzionari polizia). «La presenza di operai di fronte ai lavoratori in divisa, separati da una sassaiola cieca e ingiusta, offusca il senso della protesta», scrivono i segretari, ricordando che le Forze dell’Ordine, nelle manifestazioni pubbliche, garantiscono sia il diritto di contestazione sia lo svolgimento del dialogo tra le parti finalizzato ad individuare una soluzione.
Protesta “full monty”: un operaio in mutande davanti al ministero Un operaio dell’Alcoa in mutande davanti al ministero. Questa la protesta “full monty” di un manifestante davanti al ministero per lo sviluppo economico a Roma. L’uomo dopo essersi svestito ha urlato: «Ci volete così , ci volete tutti in mutande».
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