Alle acciaierie di Terni AST (Thyssen) 24 lavoratori della ditta appaltatrice – la Rigato – che si occupa della pulizia dei forni a caldo, dopo 27 anni di servizio, sono stati sbattuti fuori senza preavviso. I lavoratori che si sono presentati come sempre all’entrata dello stabilimento si sono visti annullare i “badge” magnetici, in concomitanza con il cambio di appalto che ha portato all’ ingresso di una nuova azienda, la Iosa.
È stato insomma negata l’applicazione della cosidedetta “clausola sociale” prevista dalla legge 2112, che prescrive il riassorbimento dei lavoratori della ditta uscente in quella vincitrice dell’appalto. Una misura prevista peraltro anche dall’art. 4 del Contratto nazionale di lavoro. Non basta. Adottando il solito sistema del dividi et impera, si è proceduto a “differenziare” tra un lavoratore e l’altro; a 13 lavoratori è stato impedito l’accesso in TK-AST, gli altri 11 hanno potuto entrare.
La mobilitazione non si è fatta attendere. I lavoratori – tutti – riuniti in assemblea hanno proclamato lo sciopero ad oltranza per la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, fino a quando la Rigato non convocherà un incontro chiarificatore.
In seguito alla gara d’appalto, tutto passa alla nuova ditta vincitrice Iosa che ha accettato dall’Ast di svolgere le stesse operazioni per una cifra inferiore del 30% a quella prevista l’anno precedente (circa un milione e 300mila euro). Per “starci dentro” la nuova ditta fa quello che ormai è diventato la norma: tagliare il personale, contrapporre i lavoratori l’uno all’altro e mettere sulla strada 12 famiglie.
Il lavoro all’interno dell AST, con la nuova ditta, proseguirà insomma con soli 12 operai al posto del 24 previsti in precedenza. Naturalmente, bisogna sapere che “la pulizia” di un’acciaieria non si fa spazzando per terra, ma rimettendo in condizioni di poter produrre una parte degli altiforni; magari senza badar troppo alle norme di sicurezza (ricordiamo l’incendio della Thyssen a Torino) e alla qualità del prodotto finito.
L’otto gennaio i lavoratori si sono incatenati per protesta davanti ai cancelli della TK-AST spiegando che “le catene che oggi legano simbolicamente i nostri polsi – se passa l’arroganza dell azienda – sarà un precedente ai danni di tutti i lavoratori di tutte le ditte che lavorano in appalto”.
Il nove gennaio, sotto la Prefettura, si è tenuto un presidio con tanto di famiglie al fianco, con la presenza solidale di alcuni cittadini, del Comitato No Debito Terni e di Rifondazione comunista, in contemporanea con il “vertice” con sindaco, ditte appaltatrici, prefetto e Sindacati. Questi ultimi, al ritorno, hanno confermato lo spiraglio che si è aperta nella trattativa; i licenziamenti dovrebbero quindi esser riconosciuti come ingiusti, ma i lavoratori rimangono ancora in un limbo, con molta incertezza sul proprio futuro.
Dopo una verifica interna delle parti, oggi alle ore 12 il “vertice riprenderà”. E i lavoratori continueranno il presidio, decisi a non mollare…
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