Sono passati una decina anni da quando in un locale angusto presso la Comunità Montana Amiternina gli operai e i ricercatori dell’ex Polo Elettrinico dell’Aquila denunciavano l’abbandono da parte dei vari governi succedutesi nel tempo,di tutta la politica industriale che riguardava l’elettronica, ma non solo. Tutte le politiche di svendita attuate negli anni ’90 sono state funzionali alla completa destrutturazione dell’industria italiana ed al completo asservimento alla nuova divisione del lavoro internazionale. Funzionale alla costruzione di questa Europa con la sua moneta unica.
Gli operai e i ricercatori misero in evidenza la capacità di ricerca, l’innovazione tecnologica accumulata e, nello stesso tempo, avvertivano le minacciose politiche, cosiddette europeiste. Inascoltati dal nanismo politico italico, ma anche dalla varie sigle sindacali.
Oggi i 120 ricercatori di quel che rimane del polo elettronico e racchiusi dentro la sigla INTECS hanno dichiarato 8 ore di sciopero. Siamo in presenza di lavoratori altamente qualificati: Ingegneri,matematici fisici e tecnici. In tutta questa fliera altamente specializzata vengono impiegati “a chiamata”. Da gennaio, con il “contratto di solidarietà”, si abbasseranno i salari; la proposta che i 120 lavoratori hanno fatto, gestire direttamente loro tutto il centro di ricerca, è stato bocciata.
Tutti accorrono al capezzale della Intecs, ma nessuno vuole assumere la soluzione più adeguata: l’intervento pubblico. Lo Stato che si riprende direttamente la funzionalita di questo centro di ricerca. I lavoratori sono infatti altamente qualificati, ma tuttavia hanno tutti più di cinquanta anni di età, con contribuzioni medie di 33 anni; quindi troppo giovani per andare in pensione e troppo “vecchi” per essere ricollocati.
Mentre si distrugge lavoro e saperi sono molti ad interrogarsi sulle “magnifiche sorti e progressive” del jobs act. Il PD comincia a perdere pezzi e consenso. La crisi morde e le facili soluzioni con finanziarie, o come si chiamano adesso, offrono pochi spiragli.
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