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Sarei una cassiera se…

Sono una cassiera all’interno di un punto vendita di una nota catena di distribuzione della linea dei casalinghi. Ma dovrei dire “sarei una cassiera”. In realtà dipendo da una cooperativa, e questo fa una grande differenza dove lavoro, ma soprattutto la fa sulla qualità e sul costo del mio lavoro.

Quando i clienti entrano vedono solo che la mia divisa ha un colore diverso, ma trovano in me lo stesso sorriso accogliente dei miei colleghi direttamente assunti dall’Azienda. Trovano in me la stessa professionalità e attenzione alle loro innumerevoli richieste.

I nostri clienti non sanno che io, e differenza dei miei colleghi ho una paga oraria quasi della metà, che non ho diritto alle ferie, alla malattia, e che il mio Tfr è compreso all’interno di quella paga oraria lorda irrisoria.

Non sanno che l’altra collega, quella con la divisa ufficiale, per fare il mio stesso lavoro ha un terzo livello, mentre io resto imprigionata nel mio quinto livello.

I nostri clienti non sanno che tra 15 giorni non mi troveranno più li, perché la mia cooperativa ha perso l’appalto in favore di un’altra che paga un’altra come me ancor meno. I nostri clienti non sanno che non ho trovato solidarietà in quel gruppo di colleghi della divisa blu, perché sono terrorizzati, perché hanno paura di perdere anche loro il posto per colpa di un sistema che permette alle aziende di fare profitto abbassando il costo del lavoro.

I nostri clienti non sanno che ho un mutuo da pagare, un marito in cassa integrazione e due figli da mandare a scuola. I nostri clienti non sanno che mi sento morire.

Ma l’Azienda lo sa, sa che sta guadagnando sulla nostra pelle, e se dorme sonni tranquilli è perché la Legge le consente tutto ciò.

Io sono stanca, esausta. Non ce la faccio più a sorridere. Tra quindici giorni non avrò un lavoro, ho 45 anni e il mondo che ho davanti mi sembra un inferno.

 

da http://www.francescoiacovone.com/

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1 Commento


  • Margherita Romano

    Andrebbe pubblicata sulla prima pagina di tutti i giornali.

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