L’11 giugno l’USB Logistica ha organizzato un’assemblea nazionale contro la repressione e la violenza padronale ed istituzionale esercitate sui lavoratori che in questi anni hanno intrapreso un percorso di lotta contro gli attacchi ai loro diritti e alla loro dignità, e denunciando il caporalato, il lavoro nero, ed il perverso sistema degli appalti.
La nostra piattaforma nazionale SCHIAVIMAI che ha come obbiettivo la contrapposizione all’attacco padronale e capitalistico, dettato dall’Unione Europea dei poteri forti e attuato dai governi degli ultimi decenni, ha fatto breccia tra i lavoratori e ha messo in evidenza tutte le contraddizioni che contraddistinguono il settore. Al contempo, le lotte organizzate hanno permesso di conquistare nuovi diritti e tutele liberando i lavoratori dallo sfruttamento e dalla schiavitù.
La logistica è un settore di estrema importanza nella catena del valore nel processo di accumulazione del profitto dove gli attori, per la maggior parte multinazionali, cercano con ogni mezzo di schiacciare i salari ed azzerare i diritti dei lavoratori all’interno di un sistema di relazioni societarie articolati con appalti e subappalti. In questa infinita filiera i lavoratori rappresentano l’ultimo anello della catena a cui restano le briciole e la schiena spezzata mentre agli altri i profitti.
E se i lavoratori si organizzano in USB e si ribellano chiedendo più diritti, più salari e migliore condizione di lavoro e di salute?
Scattano subito con violenza i ricatti e le minacce, i licenziamenti, le sospensioni e ogni forma di attività antisindacale, e nel contempo a sostegno dell’azione padronale si scatena la repressione da ogni parte con le denunce penali.
A questo processo politico al dissenso e alla voglia di riscatto e di emancipazione dei più deboli e degli sfruttati dobbiamo dire basta, dobbiamo arrestarlo e metterlo in discussione con le lotte e le mobilitazioni.
L’USB Logistica indice:
uno Sciopero nazionale del settore il 22 giugno prossimo
una Manifestazione a Piacenza il 23 giugno.
Ore 11,00 giardini della stazione , lato via Alberoni
#SCHIAVIMAI
*****
Appello dei lavoratori della logistica
Difendere il diritto democratico a lottare per sconfiggere precarietà e caporalato
Un gruppo di giovani facchini africani nel 2017 trova il coraggio di denunciare una condizione di illegalità che li riguarda: lavorano da mesi in nero in una società in appalto nel settore della logistica con la reiterata promessa di essere assunti regolarmente, ma la promessa non viene mantenuta.
Si rivolgono al sindacato, chiedono aiuto a USB, inizia così la loro lotta radicale e determinata. Portano le loro rivendicazioni davanti ai cancelli della logistica, nelle piazze, nei luoghi istituzionali, salgono persino sul tetto degli uffici del magazzino GLS di Piacenza in cui lavoravano.
Per questo loro gesto simbolico di testimonianza ricevono oggi una denuncia in cui si ipotizza il reato previsto dall’art. 508 del C.P. ossia SABOTAGGIO INDUSTRIALE; le loro abitazioni vengono perquisite, computer e cellulari sono sequestrati. I supposti strumenti del reato sono moderni, ma le procedure e le imputazioni sono quelle del codice Rocco del periodo fascista.
E’ questo il fotogramma di un film che si ripete ossessivamente nei luoghi dove i lavoratori alzano la testa.
I padroni ti fanno buste paga false? La cooperativa spuria si è fregata il TFR e i contributi? Non ti viene pagata la malattia al 100%? Ti prorogano decine di volte il contratto a tempo determinato e non ti stabilizzano? Non ti pagano le ferie? I ritmi di lavoro ti spezzano ossa e articolazioni? Ti obbligano a fare turni massacranti e non ti pagano nemmeno lo straordinario? Hai il coraggio di fare una denuncia, di prendere la tessera del sindacato, di scioperare e di mobilitarti per accendere i riflettori sull’illegalità?; la risposta che arriva dallo Stato è una sola: denunce e manganelli che non hanno risparmiato nemmeno coloro che hanno gridato la loro umana disperazione e rabbia per l’assassinio di Abd Elsalam scendendo nelle strade.
Tutto ciò accompagna e asseconda la violenza dei padroni, una prepotenza fatta di licenziamenti, sospensioni, demansionamenti, dell’arroganza di un potere di ricatto che offre un lavoro da nuovi schiavi pretendendo in cambio l’umiliazione del silenzio e di una cieca obbedienza.
In questo scorcio di terzo millennio la lotta al caporalato, al lavoro nero, alla precarietà viene ripagata con la più rigida repressione.
Far emergere dall’opacità dei profitti illeciti e di un modello economico di tipo schiavistico la notevole massa finanziaria rappresentata dall’evasione contributiva e del lavoro nero dovrebbe essere una pratica premiata ed incentivata; invece sono centinaia gli attivisti e i lavoratori che vengono denunciati per blocchi stradali, occupazione di aziende agricole o industriali, manifestazioni non autorizzate, che sono sottoposti a perquisizioni personali e ambientali, alla restrizione delle libertà personali.
Vi è un salto addietro in termini di civiltà giuridica e di democrazia pari a quasi 160 anni, si ritorna infatti alla concezione dello sciopero contenuta nel codice penale del 1859 in vigore nel Regno di Sardegna che lo definiva un “delitto”.
Questo, che era un comportamento penalmente vietato, è stato elevato con l’art. 40 della nostra Costituzione a diritto fondamentale nella regolazione dei rapporti economici e sociali.
In esso si riconosce la natura di “diritto di eguaglianza” avente cioè la funzione di rimuovere le diseguaglianze esistenti nei rapporti tra il lavoratore, considerato il contraente debole, e il padrone.
L’attacco al lavoro, al suo diritto, ai diritti che per esso sono stati conquistati rappresentano i frutti avvelenati di una crisi infinita che trasforma non solo le basi materiali della società, ma pure la qualità delle relazioni sociali.
Nel nostro paese il mondo imprenditoriale, quello finanziario, il governo che li rappresenta assieme alla UE truccano la partita cercando di impedire a chi sta più in basso nella scala sociale di far sentire la propria voce e di giocare il proprio ruolo; per questo si attenta alla Costituzione, si nega un effettivo pluralismo nelle rappresentanze ai vari livelli, si cerca di smantellare il diritto di sciopero.
Noi sottoscritte/i invitiamo ogni donna e uomo che abbiano a cuore la democrazia ad impegnarsi in prima persona perché ciò non avvenga, perché chi tocca uno tocca tutti, chi tocca un diritto li tocca tutti. Vi invitiamo ad inviare la Vs sottoscrizione all’appello all’indirizzo email appello.logistica@usb.it.
Grazie
Unione Sindacale di Base
USB Lavoro Privato
Sede Nazionale, Via dell’Aeroporto, 129, 00175 Roma – Tel:06 59640004 – Fax: 06 54070448
Web: www.usb.it – Email: lavoroprivato@usb.it
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa