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Il nuovo contratto dei metalmeccanici? Una resa alle aziende

Sulla recente firma del contratto nazionale dei metalmeccanici abbiamo sentito Sasha Colautti, dirigente del settore industria dell’USB

 

Il contratto dei metalmeccanici ha da sempre un peso, l’intesa raggiunta il 10 febbraio tra FIM, FIOM, UILM e Federmeccanica arriva in un contesto caratterizzato dalla crisi economica, dalla pandemia pandemica e della classe politica. L’USB come valuta questa firma sull’ipotesi di accordo?

Questa firma va senza dubbio valutata negativamente, perché è l’ennesimo arretramento sul piano dei diritti dei lavoratori, una firma che giunge non a caso prima poco prima dell’insediamento del nuovo governo e che consegna a Mario Draghi la categoria dei metalmeccanici completamente pacificata.

E’ evidente che questa firma apre anche sul piano politico-sindacale un nuovo periodo concertativo che come al solito vedrà la classe lavoratrice colpita da operazione ultra-liberiste affiancate da un modello sindacale ormai al completo disarmo.

 

L’intesa raggiunta è presentata da Fim, Fiom e Uilm come il contratto metalmeccanico che riconquista il salario, cosa c’è di vero ?

Fim Fiom Uilm hanno sottoscritto già, nei contratti precedenti, l’indice IPCA come base di calcolo per gli aumenti contrattuali ed è stato un abbraccio mortale. Per portare a casa meno della metà di quanto richiesto hanno dovuto inseguire Federmeccanica e subordinarsi alla logica aberrante del “patto per la Fabbrica” e “industria 4.0”.

Hanno imbrogliato i lavoratori parlando di 112 euro di aumento parametrati sul 5° livello, senza spiegare ai lavoratori che questi aumenti arriveranno in 4 anni e non nei soliti 3. Questa cifra divisa per i mesi di vigenza contrattuale (54 mesi) e moltiplicata sul trienno su cui era previsto il rinnovo (36 mesoi) dà un aumento lordo di 74,66 euro pagabili in comodo rate. 

 

Il settore dell’industria e quello della metalmeccanica vedono, l’impiego diffuso di appalti e lavoratori precari questo accordo cosa porta per loro?

 possibilmentePoteva essere un punto importante quello dell’inserimento della clausola sociale per il cambio d’appalto, ma nel testo questa logica viene ribaltata in chiave aziendale, accettando sempre le esigenze dell’impresa subentrante e rendendo possibile derogare in peggio i diritti dei lavoratori in cambio della tutela occupazionale.  

 

Leggendo l’ipotesi di accordo c’è anche un punto che riconferma l’alternanza scuola-lavoro, qual è la vostra valutazione?

Su questo punto sono confuso, se ripenso alla FIOM e alle sue manifestazioni fatte assieme agli studenti contro l’alternanza scuola lavoro… Oggi nel contratto questo tema se lo bevono tutto d’un fiato, senza mettere alcun vincolo sull’utilizzo degli studenti che potrebbero potenzialmente essere utilizzati anche duranti periodi di ammortizzatori sociali da parte di un’azienda. 

 

La riforma dell’inquadramento professionale è uno dei pilastri dell’accordo siglata da Fim, Fiom e Uilm, lo è davvero? 

Lo è sicuramente per Federmeccanica che l’aveva messa al centro delle sue richieste. Il testo firmato mette nero su bianco uno scambio esplicito tra l’elemosina salariale ottenuta e la riforma sull’inquadramento.

L’inquadramento unico era una conquista del 1973 ed era blindato, in quanto le declaratorie contrattuali permettevano i passaggi di livello sulla base della mansione effettivamente svolta.

Oggi nel contratto sono state introdotte le cosiddette “softs skill”, mutuate da Industria 4.0 ovvero polifunzionalità, polivalenza e competenze trasversali che si aggiungono alla valutazione sulla mansione che ovviamente non è più oggettiva e su cui l’azienda potrà invece imporre la sua soggettività: “parli l’inglese?” “conosci bene excel?” diventeranno un buon modo per non fare i passaggi di livello, rendendo del tutto inutili i contenziosi legali e le vertenze per vedersi riconosciuto il giusto inquadramento. 

 

Questo contratto vede una valutazione positiva da parte imprenditoriale anche per quanto riguarda la fabbrica 4.0, per quali ragioni e quali sono per l’USB le rivendicazioni di fronte all’innovazione tecnologica?

La cosiddetta quarta rivoluzione industriale mette al centro gli investimenti sull’automazione e l’implementazione di nuovi sistemi produttivi, con lo scopo di aumentare competitività e produttività aziendale. In Italia di investimenti non ce ne sono e le imprese pensano che l’unica innovazione da fare sia quella di far lavorare di più le persone, comprimendone possibilmente il salario.

Per USB è necessaria in primis una vera politica industriale accompagnata dalla nazionalizzazione delle aziende strategiche, da una politica di investimento che attraverso l’innovazione dei sistemi di produzione porti a nuove competenze e soprattutto una riduzione dell’orario di lavoro con conseguente aumento dell’occupazione. 

 

Lo  smart working, il lavoro agile così come sono affrontati nell’accordo tuteleranno i lavoratori?   

In questo contratto il tema dello smart working è stato demandato all’ennesima commissione, senza che vi siano vincoli o paletti. Nelle aziende però questa tipologia di lavoro ormai è imperante ed è necessario che si discuta la più presto dei paletti per le imprese e dei diritti dei lavoratori: orario di lavoro e orario di non contattabilità, diritto alla disconnessione, garanzia della privacy e accollo da parte dell’azienda di tutte quelle spese che oggi stanno sostenendo gli smartworkers, come acqua elettricità, connessione internet e spese per mangiare a casa ogni giorno. 

Abbiamo faticato un po’ a trovare elementi sulla salute e sicurezza, eppure gli infortuni,i morti e le malattie professionali crescono.

Nel contratto nazionale firmato Fim Fiom Uilm e Federmeccanica si parla dell’ormai famosissimo sistema di implementazione della sicurezza basato su “near miss”, “quasi infortuni”.  Questo modello se utilizzato bene può portare a dei risultati, ma rimane il fatto che vada sviluppato un modello proattivo alla sicurezza, che veda una reale partecipazione dei lavoratori e non solo sulla carta. Staremo a vedere.

Sanità privata nei contratti in tempi di pandemia è la risposta più adeguata? E come valuti la possibilità di far aderire anche lavoratori pensionati?

Io trovo davvero desolante che, in un momento del genere, delle organizzazioni sindacali decidano di sottoscrivere il rafforzamento della sanità privata, per di più spingendo affinché questa si incroci con la previdenza sociale.

Non so con che coraggio poi vadano in giro a sbandierare la difesa della sanità pubblica mentre si continuano a sottoscrivere a livello nazionale e nelle aziende accordi come questo. 

Stesso discorso vale per l’ennesimo incremento della quota dedicata alla Pensione Integrativa?

Certo. Davanti agli occhi dei lavoratori difendono – per modo di dire – le pensioni ed il diritto ad andare in pensione prima. Nel frattempo però sottoscrivono accordi che portano sempre più risorse alle pensioni integrative aziendali.

In generale la logica del welfare integrativo è completamente sbagliata perché i lavoratori finiscono per pagare due volte un servizio di cui ha diritto. Alle aziende conviene incrementare le economie del welfare perché ci risparmiano in termini di tasse e quelle minori entrate nelle casse dello Stato indeboliscono il sistema di welfare universale dedicato al cittadino. 

Quali iniziative metterete in campo e che ruolo vi proponete di assumere in un contesto che ha riportato al centro la questione del lavoro di fabbrica e del lavoro operaio?

Per prima cosa sarà necessario andare nelle aziende e parlare coi lavoratori affinché ci sia una forte opposizione a questo accordo, che deve essere respinto.

Stiamo organizzando una assemblea nazionale dei delegati che avrà lo scopo di discutere di questo e avviare una forte campagna contro il contratto appena sottoscritto.

USB oggi rappresenta l’unica vera alternativa conflittuale in campo ed è l’unica organizzazione che vuole rimettere al centro per davvero il tema della confederalità. La fabbrica oggi è “smart”, multinazionale, spesso sovranazionale ed i suoi confini quasi svaniscono e partono dalla logistica, passando per l’industria fino alla grande distribuzione, il terziario e l’e-commerce.

Questo mondo non può più essere oggetto di una scomposizione ed il nostro obiettivo è quello di riunificarlo anche sul piano organizzativo, dei percorsi e ovviamente sul piano delle lotte.

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