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Nasce a Genova il Coordinamento nazionale USB Porti

Si è tenuta ieri a Genova, nella sede del CAP, un’affollata assemblea dei lavoratori dei porti organizzata da USB, che ha visto la partecipazione di oltre 200 persone: insieme alla folta delegazione dei portuali genovesi erano presenti quelle di lavoratori provenienti dai porti di Trieste, Livorno, Civitavecchia e Napoli.

Nella relazione di Josè Nivoi, portuale di Genova, sono stati evidenziati i motivi che hanno spinto una parte importante di delegati, già aderenti ad altre organizzazioni sindacali, a dar vita alla struttura USB: il peggioramento delle condizioni di lavoro con l’aumento dei carichi, il peggioramento dei livelli di sicurezza, l’aumento dei contratti a tempo determinato e l’ingresso nel porto dei lavoro interinale, causato dagli accordi al ribasso raggiunti da Cgil Cisl Uil con le aziende private che gestiscono le aree demaniali del porto, cedute anche a stati esteri (vedi PSA, Port of Singapore Authority), che puntano al massimo profitto a discapito dei lavoratori.

Obiettivi dell’assemblea, cui hanno partecipato anche delegazioni di lavoratori della logistica e dei marittimi, la costituzione di una rete della filiera della movimentazione delle merci e il lancio di una piattaforma che verrà presentata in maniera articolata e discussa nelle assemblee in vari porti d’Italia.

Alla base, la proposta di un modello che introduca il tema della sostenibilità ambientale e che affronti anche il problema dell’automazione, dell’autoproduzione e della digitalizzazione, oltre alla necessità di investimenti per garantire i posti di lavoro tramite la riduzione dell’orario.

Un modello che garantisca salute e sicurezza in un settore che ha visto aumentare in modo esponenziale incidenti e morti anche durante la pandemia, mentre al contrario gli armatori hanno decuplicato i profitti. Un modello che impedisca il proliferare della precarietà e introduca il riconoscimento del lavoro portuale tra le categorie usuranti.

Queste alcune linee guida della piattaforma, in cui trova posto anche il problema della democrazia sindacale con il riconoscimento del diritto dei lavoratori a farsi rappresentare dalle organizzazioni da essi stessi scelte e il necessario rapporto con i lavoratori portuali dei paesi europei alle prese con le stesse problematiche.

I lavoratori della logistica nei loro interventi hanno raccontato le lotte portate avanti con decisione e le vertenze vinte, ricordando il sacrificio di Abd El Salam davanti alla GLS di Piacenza,, mentre nel suo intervento Francesco Staccioli ha ripercorso le tappe della perversa privatizzazione di Alitalia, compagnia che con il governo Draghi, completamente  succube dei diktat della Commissione Europea, rischia di scomparire con un altissimo prezzo in termini di migliaia e migliaia di licenziamenti.

La dura lotta che questi lavoratori stanno combattendo è la stessa dell’ex Ilva di Taranto, ceduta alla multinazionale ArcelorMittal, anche qui con il risultato di migliaia di espulsi e con il perdurare dell’avvelenamento dell’ambiente.

Ricordando l’antifascismo come carattere costituente dell’USB, Staccioli ha voluto sottolineare la campagna contro il traffico di armi, che ha visto protagonisti proprio i compagni del porto di Genova e per la quale oggi vengono inquisiti e sottoposti a misure repressive. Elemento ripreso con molta forza anche da Giovanni Ceraolo di Livorno che, a nome di tutta l’assemblea, ha espresso attiva solidarietà.

Impossibile ricordarli tutti, dai rappresentanti dei braccianti indiani ai delegati della logistica, ma la necessità di unificare le lotte è stata ribadita da Sasha Colautti, che ha ricordato le migliaia di lavoratori il cui posto di lavoro è a scadenza per volontà del Governo e di Confindustria, che vuole approfittare della pandemia per riorganizzare l’assetto produttivo a proprio vantaggio.

Nel ricordare i due eventi legati al G20, lo sciopero generale dei lavoratori e delle lavoratrici della sanità il 21 maggio e la manifestazione nazionale del 22 a Roma su salute e sicurezza, l’assemblea si è conclusa confermando la necessità di raccogliere la sfida globale lanciata dal capitale a tutto il mondo del lavoro, che è stata ripresa nella proposta di una grande assemblea operaia da tenersi a Bologna nella seconda metà di giugno.

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