I facchini in lotta alla Italtrans si sono incatenati per spezzare le catene dello sfruttamento bloccando i camion in uscita dal magazzino. E’ intervenuta la polizia a sciogliere i picchetti.
I referenti delle società in appalto nel magazzino Italtrans di Calcio (BG) incitano i camionisti a “PASSARE SOPRA” il presidio dei lavoratori in sciopero contro il licenziamento pretestuoso di un delegato e per avere aumenti salariali che consentano di arrivare alla fine del mese.
Queste incitazioni criminali sono in linea con il clima che si respira dentro il magazzino, colosso della logistica alimentare.
USB ha già denunciato alle autorità competenti le aggressioni dei capetti e le minacce di morte portate anche all’esterno del luogo di lavoro.
Siamo nel nord ricco e industrializzato, nella capitale del capitalismo italiano, ma le strategie industriali ricordano il far west.
Il profitto val bene un facchino schiacciato da un tir, il profitto si ricava spezzando schiene al ritmo di più di quattro pacchi movimentati al minuto, di trenta tonnellate di merci sollevate in otto ore per una paga da fame.
Non si ferma la lotta dei lavoratori, sono quelli che durante il lockdown hanno continuato a lavorare per farci arrivare il cibo sulle nostre tavole. Li vogliono morti perché chiedono un buono pasto di 8€.
Il Primo maggio i facchini in lotta li vedrete sfilare nella Bergamo che fa soldi sulle loro schiene, sulla loro vita
Il Primo maggio a Bergamo ci saranno loro a testimoniare che si può tentare di cambiare le cose, di aumentare i salari e diminuire la fatica.
Ore 10.00 il Primo Maggio a Bergamo ci si vede in piazza alla Malpensata.
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Eros Barone
La premessa da cui occorre partire è che vi è un riemergere del conflitto capitale-lavoro e di reazioni ad esso cui non eravamo più abituati dagli anni Sessanta del secolo scorso. Questo è il messaggio che ci ha inviato, il 19 giugno del 2021, la morte di Adil Belakhdim, un giovane e combattivo dirigente del S.I. Cobas assassinato da un autista crumiro nel corso di un picchetto svoltosi davanti al magazzino della Lidl di Biandrate: ultimo anello, per ora, di una catena sanguinosa di azioni aggressive e repressive poste in essere dallo Stato e dai padroni contro le lotte dei lavoratori del settore della logistica.
La storia delle lotte che hanno attraversato il settore della logistica nell’ultimo quindicennio, l’attitudine al conflitto anche duro che gli operai hanno dimostrato, le vittorie anche in termini di aumenti retributivi e di garanzie normative che sono state ottenute in una fase che resta caratterizzata dall’attacco del padronato alla classe operaia, hanno rivelato le potenzialità conflittuali di questo settore. Già Marx aveva considerato i destini dei lavoratori di questo comparto come strettamente intrecciati a quelli degli operai di fabbrica, perché anche i primi, in quanto anello di congiunzione fra il mondo della produzione e quello della circolazione, erano necessari ai fini della valorizzazione delle merci. Oggi la natura di questa interconnessione non è cambiata, ma in termini quantitativi il loro ruolo è certamente più rilevante che in passato, quando la base della produzione aveva una dimensione più ristretta. La globalizzazione, in effetti, ha accentuato il ruolo chiave della logistica e ciò si riscontra particolarmente nel nostro paese. Ma vi è di più, perché la forza delle vertenze nella logistica è stata quella di individuare la propria controparte nelle grandi imprese della produzione (come la Granarolo) o della produzione/circolazione (come l’Ikea e la Lidl), dando vita ad una vera e propria scuola, nuova ed incisiva, della lotta di classe, basata sulla generalizzazione rapida ed efficace del conflitto. E la reazione sanguinosa del padronato, insieme con la repressione poliziesca e giudiziaria che la precedono e la seguono, è un sintomo inequivocabile della svolta in corso a livello del processo di fascistizzazione. Il profitto non si tocca, costi quel che costi: questo è il loro messaggio.