Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, non diffamò affatto il segretario nazionale del Coisp – minuscolo ma aggressivo sindacato di estrema destra della Polizia – definendolo uno “stalker”.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara, Silvia Marini, ha infatti deciso di archiviare la querela per diffamazione presentata nel luglio dello scorso anno da Franco Maccari nei confronti di Patrizia Moretti dopo che in un’intervista concessa a Contropiano la donna aveva definito il “sindacalista” “uno stalker” e “un vero torturatore morale”. “Non scendo a indagare le motivazioni dei suoi assurdi comportamenti. Penso sia un vero torturatore morale, che non ha mai avuto scrupoli nei confronti della mia famiglia. Com’è possibile che una persona così rappresenti qualcuno di onesto? Forse rappresenta le persone come lui” aveva affermato Moretti rispondendo a una domanda di Adriano Chiarelli.
Secondo la Gip, Patrizia Moretti, pur essendosi lasciata andare a una definizione “potenzialmente diffamatoria”, ha solo esercitato il proprio diritto di critica e di opinione. Nelle motivazioni della decisione Marini ricorda come la diffusione a mezzo stampa di una opinione “potenzialmente diffamatoria” non sia da considerare diffamazione “quando la notizia sia vera, si connoti di pubblico interesse e di continenza formale, non trasmodando la comunicazione in attacchi personali”. E non si può certo negare che il Coisp e in particolare il suo portavoce non si siano dedicati negli ultimi anni, anima e corpo, ad una insistente campagna fatta di continue dichiarazioni, iniziative e atti giudiziari miranti a contrastare la richiesta di verità e giustizia proveniente dalla madre della vittima dei poliziotti condannati nel 2009 per l’omicidio del ragazzo. Tutti – ed anche il gip Marini, che lo cita esplicitamente nelle motivazioni – ricordano il provocatorio presidio organizzato nel marzo del 2013 proprio dal Coisp in solidarietà con i quattro agenti ritenuti colpevoli del delitto, organizzato addirittura sotto le finestre dell’ufficio del comune di Ferrara dove la donna lavora, provocazione alla quale Patrizia Moretti rispose con dignità e fermezza esponendo la foto del corpo martoriato di suo figlio a poca distanza dal capannello di sindacalisti guidati proprio da Maccari.
Ma lo stalking nei confronti della donna da parte di certi ambienti reazionari interni alla Polizia continuò tanto da convincere Patrizia Moretti, proprio dopo l’intervista concessa a Contropiano e alla querela per diffamazione depositata dal Coisp, ad annunciare la chiusura del suo account su Facebook: “Ho chiuso l’account perché tutto è già stato detto. Le sentenze sono definitive. Chi vuol capire ha capito. Agli altri addio. Io torno ad essere mamma privata” scrisse la donna nella pagina del social media dedicata al ragazzo morto nel 2005 a Ferrara in conseguenza delle percosse ricevute dagli agenti che lo avevano fermato.
Molto male fecero alla famiglia Aldrovandi le dichiarazioni di Maccari che accusò Patrizia Moretti di “trincerarsi dietro il dolore del lutto per infierire sugli altri senza argomentazioni valide”, di “spargere veleno a profusione sul Coisp”, di “sparare a zero senza controllo basandosi su argomentazioni fasulle” e di combattere una campagna contro le forze dell’ordine di tipo politico.
Al termine di indagini che hanno portato a “conclusione irrilevanti”, nel valutare la richiesta di condanna per diffamazione spiccata nei confronti della madre di Federico Aldrovandi, il giudice ha quindi ritenuto al contrario la donna “oggetto di attacchi indirizzati alla sua persona e non espressi nell’esercizio della critica sindacale” e quindi non passibile di querela “pur utilizzando nel suo intervento espressioni e toni forti, ma rispettosi del limite della continenza, perché non volgari, né gratuiti, né contenenti attacchi personali”. Le espressioni potenzialmente diffamatorie si inquadrano quindi come “reazione difensiva del soggetto ingiustamente attaccato”. Secondo il gip – che accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Stefano Longhi – il sindacato Coisp “non si limitava alla contestazione dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza in relazione ai quali alcuni dei condannati erano stati condotti in carcere ovvero alla decisione della Corte dei Conti sulla riscossione del risarcimento in favore delle parti civili direttamente dai condannati, ma coinvolgeva, attaccandola direttamente, la madre di Federico, che veniva accusata ‘di trincerarsi dietro il dolore del lutto per infierire sugli altri senza argomentazioni valide’, ‘di spargere veleno a profusione sul Coisp’, di ‘sparare a zero senza controllo basandosi su argomentazioni fasulle’, di combattere una campagna politica contro la Polizia […], nonché offendendo la memoria del figlio definito ‘drogofilo‘”.
Fra una settimana, il 25 settembre, si svolgeranno a Ferrara manifestazioni e celebrazioni in occasione del decimo anniversario dell’omicidio. Sarà il caso che a stringersi attorno a Patrizia Moretti e a tutte le altre vittime di malapolizia presenti all’appuntamento ci sia una folla numerosa e determinata.
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