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La recessione straccia i mercati

L’economia reale rallenta ovunque. Nei paesi avanzati – Germania a parte, che ha usato l’euro per fare di buona parte dell’Europa una sua “contoterzista” per sostenere le proprie esportazioni verso i mercat emergenti e non – siamo alla “crescita zero”. Quelli di nuova e rapida industrializzazione c’è meno frenesia di prima. Vuoi per scelta (la Cina), vuoi per obbligo (India, Brasile, ecc), ossia per minore domanda di merci.

Il salvataggio del sistema finanziario privato – banche, assicurazioni, fondi – ha destabilizzato i conti pubblici degli stati, che ora fanno più fatica a rifinanziare il proprio debito presso coloro che hanno soltanto due anni fa “salvato” con donazioni a fondo perduto (banche, assicurazioni, fondi). I tagli di bilancio svuotano il residuo di “stato sociale” senza nemmeno avvicinare il livello del “risanamento” considerato necessario. I redditi delle popolazioni vengono compressi a un livello che non si conosceva dagli anni ’50-’60, riducendo la domanda di merci-salario e quindi aggravando la crisi produttiva. E più uno stato si mostra disponibile a strizzare il proprio popolo, più la speculazione si incattivisce; un meccanismo identico alla “frenesia alimentare” degli squali.

Perché una cosa dovrebbe esser diventata chiara in questi quattro anni di crisi (è iniziata a fine agosto del 2007 con lo scoppio della “bossa dei mutui subprime”): non c’è proporzione tra i debiti (e quindi i crediti) in essere e la possibilità di ripagarli con il solo lavoro. Quei 600.000 miliardi di dollari virtuali che girano per il mondo in “cerca di valorizzazione” – valore vivo, sangue e fatica umani – rappresentano dalle 10 alle 12 volte quello che l’umanità intera produce nel corso di un anno. Nessun sacrificio potrà dunque mai “tappare un buco” diventato una voragine costruita sulle carte e le promesse di pagamento tra finanziaeri.

La seconda cosa chiara è l’impotenza del “progressismo”, figlio dalle idee vaghe del defunto “riformismo”. La “resa di Obama” è la prova provata di questa impotenza. Una visione irenica del modo e una retorica dei buoni propositi può portare a vincere una tornata elettorale, ma non basta per schiodare il potere criminale di chi beneficia del modello di accumulazione entrato in crisi. La mobilitazione delle coscienze che restano chiuse in casa a scrutare tra le nebbie dei social network non basta a smuovere i rapporti di forza sociali. La cultura dell’”individualismo progressista” non produce movimento stabile, duraturo, portatore di cambiamento.

Ci scuserete questa introduzione analitica all’ennesima giornata di passione economica. Ma i numeri, da soli, non parlano; bisogna saperli mettere in fila, ricostruire i nessi tra le notizie, individuare le tendenze, soppesare le soluzioni… per farsi un’opinione non labile e non indotta dai fabbricanti di ideologia che ci tempestano ogni giorno dai giornali.

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(TMNews) – E’ sempre più allarme rosso sui mercati, le maggiori Borse europee hanno chiuso accusando nuovi pesanti ribassi – a Milano il Footsie-Mib ha lasciato sul terreno un 2,53 per cento – mentre non accenna a diradarsi la cappa di tensioni che ormai da settimane sta deprimendo gli indici, e che oggi ha rimesso sotto pressione i titoli di Stato di Italia e Spagna. Mentre le autorità italiane si mobilitano, la Commissione europea cerca di lanciare messaggi rassicuranti, dicendosi fiduciosa sulle misure già intraprese per aggiustare i conti. Ma ora a pesare sono i crescenti timori sull’indebolimento della ripresa economica nei paesi occidentali, che in prospettiva può compromettere le entrate fiscali ora così necessarie per sostenere i programmi di risanamento delle finanze pubbliche.

Questo tende a innescare vendite sulle emissioni dei paesi ritenuti avere criticità nel bilancio, tra cui l’Italia che pur avendo un deficit relativamente contenuto accusa un elevato rapporto debito-Pil, e all’opposto a favorire gli acquisti su quelle dei paesi ritenuti più solidi, come i Bund della Germania. E dato che su questi titoli la tensione si riflette in aumenti dei rendimenti, che sono in un rapporto inversamente proporzionale con il prezzo, questo fa ulteriormente allargare i divari dei tassi retributivi, chiamati in gergo finanziario “spread”.

Oggi i rendimenti sui Btp decennali hanno raggiunto il 6,25 per cento, un nuovo massimo dal 1997, mentre sui Bund sono caduti al 2,395 per cento, perfino sotto il livello di inflazione, che in Germania a luglio si è attestata al 2,40 per cento. E’ la prima volta da oltre 20 anni, dai tempi della riunificazione che la retribuzione dei Bund non basta a compensare il caro vita. Ad ogni modo questi movimenti in direzioni opposte hanno fatto allargare lo spread Btp-Bund fino a 384 punti base, secondo Bloomberg, un nuovo massimo dal lancio dell’euro, per poi segnare una qualche limatura nel tardo pomeriggio.

Ma soprattutto il problema è che sia sulle emissioni dell’Italia, sia e ancor più su quelle della Spagna, dove i tassi decennali hanno raggiunto il 6,46 per cento, i rendimenti dei titoli di Stato si stanno avvicinando a quella soglia del 7 per cento ritenuta un limite di alto rischio da molti analisti. Perché diversi osservatori avvertono che è stato una volta superata quella soglia che la situazione della Grecia prima, e di Irlanda e Portogallo poi è diventata insostenibile, costringendo l’area euro ad approntare piani di aiuti. Spagna e Italia sarebbero troppo grandi per poter essere salvate, mentre la tensione ha pesato su tutte le piazze europee. Londra ha chiuso al meno 0,97 per cento, Parigi con un meno 1,82 per cento, Francoforte al meno 2,26 per cento, Madrid al meno 2,18 per cento. L’euro è rimasto indebolito al di sotto di 1,43 dollari.

Almeno un segnale positivo è giunto dagli Usa, dove è finalmente stato ratificato anche dal Senato l’accordo per alzare i limiti al debito pubblico, che scongiura una insolvenza sui pagamenti della prima economia globale. Ma questo non ha arrestato i cali a Wall Street, dove a metà seduta il Dow Jones cede lo 0,89 per cento, mentre il Nasdaq cala dello 0,91 per cento.

 

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da IlSOle24Ore on line

 

I tassi dei BTp, perché il mercato vende l’Italia

Andrea Franceschi


È un’estate torrida quella del 2011 per i titoli di stato del nostro paese. I mercati continuano a vendere l’Italia e nulla sembra raffreddare le tensioni. Non il “piano Marshall” per la Grecia e l’euro varato dai vertici dell’eurozona. Non l’accordo tra democratici e repubblicani per alzare il tetto del debito pubblico americano. Lo spread tra i BTp e i solidi Bund tedeschi continua ad aggiornare il record toccando quota 386 punti base. Il rendimento per il decennale italiano ha raggiunto il 6,27%, non lontano dal fatidico 7%, la soglia che per Grecia, Portogallo e Irlanda ha portato al bailout.

La soglia di non ritorno del 7%
Gli analisti di Credit Suisse (vedi grafico) hanno messo a confronto l’andamento dei rendimenti di questi paesi nei 200 giorni che hanno preceduto il loro salvataggio. Nel caso di Atene i tassi hanno toccato per la prima volta la quota del 6% 95 giorni prima del piano da 110 miliardi di euro mentre il “punto di non ritorno” del 7% è stato raggiunto esattamente 65 giorni prima del salvataggio. Nel caso dell’Irlanda la soglia del 6% è stata toccata 145 giorni prima del salvataggio, mentre il balzo al 7% c’è stato a 32 giorni dal piano. Anche nel caso di Lisbona il rendimento al 6% è arrivato 145 giorni prima degli aiuti per poi toccare il punto di non ritorno del 7% 100 giorni dopo.

I casi di Irlanda e Portogallo dimostrano che il nostro paese ha ancora almeno 100 giorni di tempo per invertire la tendenza prima che la dinamica dei tassi diventi insostenibile. Occorre poi ricordare che la situazione dei conti pubblici dell’Italia non è lontanamente paragonabile a quella di questi paesi. Il nostro rapporto deficit/Pil è al 4,6%. Ben altri numeri rispetto al drammatico 32% dell’Irlanda, che ha dovuto far fronte a un gravoso salvataggio del sistema bancario. Per non parlare della Grecia (10,5%), del Portogallo (9,1%) e della stessa Spagna (9,2%).

Le incognite del piano salva-Grecia
Come mai allora i titoli italiani continuano a essere bersagliati dalle vendite? Le ragioni sono diverse. Innanzitutto ci sono una serie di incognite legate al cosiddetto piano Marshall per la Grecia. Ad esempio i tempi e i modi dell’approvazione dell’accordo da parte dei singoli parlamenti nazionali (non escludendo peraltro eventuali resistenze dei paesi più virtuosi del Nord Europa). Non è poi chiaro quale sarà lo spazio di manovra del fondo salva-stati nell’acquisto di titoli di stato sul mercato secondario. Nel report già citato, gli analisti di Credit Suisse mettono poi in discussione che un intervento di questo tipo possa avere un’efficacia di lungo periodo nel raffreddare i rendimenti dei titoli di stato dei paesi periferici.

I titoli in scadenza
Il problema italiano è l’alto livello del debito, il più alto al mondo dopo quello di Giappone, Stati Uniti e Germania. La tensione sui mercati di questi giorni rischia di costare caro al Tesoro che non a caso ha deciso di annullare le aste di agosto. La motivazione ufficiale è «l’ampia disponibilità di cassa e le attuali ridotte esigenze di finanziamento». Questo può essere vero nel breve periodo ma non nel lungo. Nei prossimi mesi del 2011 andranno a maturazione 76 miliardi di titoli italiani stando alla banca dati Capital Iq di Standard & Poor’s. In tutto il 2012 la cifra sale a 193 miliardi di euro.

L’instabilità politica
In questa situazione delicata la situazione di instabilità politica non aiuta. Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti è indebolito dalle inchieste giudiziarie sul suo braccio destro Marco Milanese. Le divergenze con il premier Berlusconi e le voci di possibili dimissioni non si arrestano. Il titolare del Tesoro deve incassare anche le critiche del Financial Times. Per questo c’è chi ritiene probabile addirittura che i tassi dei BtP superino addirittura quelli dei “bonos” spagnoli, che attualmente rendono appena 10-15 punti base in più. Lo scenario politico spagnolo, seppur ugualmente critico, è meno incerto dopo il recente annuncio di elezioni anticipate del premier Zapatero.

2 agosto 2011

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Titoli italiani sotto pressione, Piazza Affari la peggiore d’Europa, cade ai minimi da tre anni. Male Fiat

Oro record a 1.637 dollari. Franco svizzero record (a quota 1,1 sull’euro), super Bund con il rendimento (che si muove in modo inverso ai prezzi) sceso al di sotto dell’inflazione. In questa nuova giornata di tensione sui mercati finanziari il segnale che arriva dagli investitori è lampante: l’aumento dell’avversione al rischio spinge gli acquisti degli strumenti rifugio, quali appunti oro, franco svizzero e Bund.

In questa altra giornata schizofrenica sulle piazze finanziarie si registra un’altra costante delle ultime settimane: Piazza Affari, zavorrata dai bancari, è il peggiore listino del Vecchio Continente. Oggi ha chiuso con un ribasso del 2,66% (FTSE MIB) e 2,61% (FTSE IT All Share). Peggio delle altre Borse (Parigi 1,52%, Francoforte -2,38%, Londra -0,7%, Madrid -1,9%).

La tensione parte dal mercato obbligazionario dove anche oggi il rendimento dei BTp si è impennato (ha toccato il 6,26%, come ai tempi della lira) e lo spread con il Bund tedesco è balzato a quota 385 punti base.

Negativa anche Wall Street:il Dow Jones cede lo 0,54%, il Nasdaq lo 0,31% e l’S&P500 lo 0,47 per cento. Pesa il dato relativo alle spese per consumi, scivolate a giugno dello 0,2%, il primo ribasso da settembre 2009. E pesano anche le incertezze legate al voto sull’innalzamento del debito, ieri passato alla Camera (a prevalenza Repubblicana) e oggi al test del Senato (allore ore 18 in Italia).

Tutti i segreti dello spread

Spread Bund-BTp record
Continua ad essere sotto pressione il debito pubblico italiano. Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund tedeschi (termometro del rischio paese) è salito al record di 384 punti base. Il rendimento del titolo decennale italiano è salito al 6,26% e quello del Bund è sceso al 2,42%. «Non è escluso – dice un operatore londinese del mercato obbligazionario – che lo spread verso il Bund torni ad essere superiore a quello che la Spagna ha nei confronti della Germania. Oramai la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e quelli spagnoli è di appena 10-15 punti favorevole all’Italia, ma potrebbe presto tornare a favore di Madrid. Zapatero lascia ma ha fatto molte riforme strutturali. L’Italia è un paese immobile da un decennio, anche questa scelta della politica di lavorare ad agosto dopo aver fatto niente per anni, qui a Londra è oggetto di ironia».

Male Fiat dopo il dato sulle immatricolazioni
Soffre il debito, soffrono le banche, fortemente esposte in titoli del tesoro. Intesa Sanpaolo cede il 2,89% mentre Unicredit segna -3,43 per cento. In settimana i due big del credito italiano presenteranno i conti trimestrali. Gli analisti di Chruvreux prevedono per Piazza Cordusio un raddoppio degli utili anno su anno a 479 milioni di di euro. Il dato comporterà però una frenata congiunturale, cioè rispetto al trimestre precedente, del 40 per cento. Per Intesa Sanpaolo gli utili attesi sono pari a 922 milioni, in crescita del 40% rispetto al trimestre precedente ma in calo dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il comparto del credito non è tuttavia il più bersagliato, come avvenuto nei giorni scorsi. I titoli peggiori sono invece Fiat (-5,94%) all’indomani del dato negativo sulle immatricolazioni auto e Lottomatica (-4,84%).

Tokyo chiude in forte calo
La Borsa giapponese si accoda all’Europa e chiude in forte calo la seduta, L’indice NIKKEI 225 lascia sul terreno l’1,21% a 9.844,59 punti sui timori di un rallentamento dell’economia statunitense (l’attività manifatturiera americana ai minimi da due anni e i timori di un downgrade degli Usa). Gli investitori valutano anche l’ipotesi di un possibile intervento del Giappone sui mercati valutari per raffreddare la corsa dello yen.

Guai se l’Italia diventa lo “Stato da vendere” (di Roberto Napoletano)

Tutti i segreti dello spread

 

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da Wall Street Italia

 

 

Borsa Milano, calo senza fine: tocca -13% in sette sedute

L’ulteriore ribasso del (FtseMib -2,53%) porta il crollo a -13% nelle ultime 7 sessioni consecutive, senza neanche un rimbalzo. Minimi di 28 mesi. Sell off pesanti sui titoli di stato Italia: il rendimento del Btp a 10 anni sale ai nuovi massimi, sopra il 6% e lo spread tra Italia e Germania aggiorna il record a 385 punti base. Ancora ordini di vendita su tutte le banche: Unicredit -5,77%, Ubi Banca -5,50% Intesa SanPaolo -5,24%, Bpm -5,04%, Banco Popolare -4,36%, Mps -3,28%. Fiat -8%.

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Pubblicato il 02 agosto 2011 | Ora 17:35
Fonte: WSI
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Milano – Archivia un’altra seduta nera la Borsa italiana, di nuovo la peggiore in Europa con il Ftse Mib che lascia sul terreno il 2,53% a 17.272 punti e l’All Share il 2,51% a 17.985. Milano, negativa dall’avvio, ha progressivamente esteso le perdite sul finale, seguita a distanza dagli altri mercati del vecchio continente, in scia al peggioramento di Wall Street. Il Ftse Mib aveva gia’ testato nella giornata di ieri i minimi dal luglio del 2007, con un tonfo del 3,87%, oggi la borsa italiana ha toccato i minimi di 28 mesi. Il contesto rimane estremamente delicato, a causa dei crolli dei titoli di stato italiani. La conseguenza è che lo spread BTP/Bund è arrivato a volare oggi al nuovo record di 385 punti base, per poi riscendere in chiusura a quota 370, contro i 352 di ieri. In forte crescita i rendimenti sul Btp a dieci anni, che hanno superato la soglia del 6%, balzando al 6,232%, il massimo assoluto dalla nascita dell’euro, per poi ritracciare in chiusura al 6,112%. I cds si sono attestati a quota 369, mentre lo spread wsi/ita (differenziale tra il Btp e il Treasury a 10 anni) è salito al nuovo record di 344. A questo punto i mercati attendono l’intervento del premier Berlusconi, che interverrà in parlamento per discutere della crisi economica. Questi continui attacchi mettono infatti in evidenza come i mercati continuino a sfiduciare l’Italia e la manovra del governo, che viene reputata insufficiente. Ma c’è anche un’altra questione, che porta il nome del ministro dell’economia Giulio Tremonti: ormai il ministro è sempre più ai ferri corti con il premier, che starebbe pensando di sostituirlocon il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. In più, le richieste di dimissioni di Tremonti si fanno sempre più numerose e si sa, il caos politico ai mercati non piace proprio. SELL OFF SUI BANCARI SI INTENSIFICA NEL FINALE Ancora colpiti i bancari sulla borsa di Milano. Su Intesa SanPaolo, in particolare, ha pesato anche la decisione di Société Genérale di tagliare le stime sulla banca. Il titolo è arrivato a cedere quasi il 5%. Male anche Unicredit, anch’essa in calo del 5% circa. A tal proposito Patrizio Pazzaglia, di Bank Insinger Beaufort, intervistato da Cnbc, afferma che nell’ultimo periodo “il titolo Intesa SanPaolo sta registrando una performance decisamente peggiore rispetto a Unicredit, in quanto, mentre Piazza Cordusio è maggiormente attiva sui mercati internazionali, Intesa SanPaolo è particolarmente esposta al sistema paese”, dunque ai titoli di stato italiani che continuano a essere tartassati dagli attacchi speculativi. Vendite sul Ftse Mib anche su Banco Popolare (-4,45%) e Mps (-3,73%). Banca Popolare di Milano -4,83%, Ubi Banca -4,61%, Mediobanca -4,84. Molto male anche Fiat (-7,22%) – vedi sotto rapporto di Unicredit -, Pirelli (-5,46%) e Lottomatica (-4,84%). Sell pesanti poi su Exor (-5,39%), Buzzi Unicem (-5,32%), Ansaldo (-3,25%). Soltanto due i titoli positivi in chiusura, ovvero Enel Green Power (+1,20%) e Enel (+0,26%). PESANTE RIBASSO ANCHE PER L’EURO – In questa situazione soffre l’euro, che ha proseguito la sua discesa oscillando attorno a quota $1,42 e che è arrivato a testare un record minimo nei confronti del franco svizzero, al di sotto di quota 1,10. Sembra insomma paurosamente funzionare la strategia degli speculatori: attaccare l’Italia – misura tattica – per far crollare l’euro – strategia -. Certo la moneta europea rimane sempre piuttosto solida, ma la sfiducia sull’Eurozona si sta confermando un elemento di distruzione molto forte. SPECULAZIONE ANCHE IN SPAGNA, I COMMENTI DEGLI ANALISTI -In più, la speculazione non risparmia la Spagna, che oggi ha visto i propri rendimenti decennali balzare fino al 6,45%, al massimo dall’introduzione dell’euro. Il tasso è pericolosamente vicino a quelli che si sono già visti in Grecia, Irlanda e Portogallo, prima che i paesi fossero costretti a chiedere aiuto. ( e a tal proposito, i rendimenti spagnoli e quelli italiani oscillano su valori molto simili). Niente di buono dai commenti dei vari analisti. “C’è una crescente incertezza sui mercati e tutti i mercati periferici, quelli che sono caratterizzati da un contesto politico di maggiore debolezza, continueranno a soffrire”, ha detto in una intervista a Bloomberg Luca Peviania, managing director di P&G, società di gestione con sede a Roma. In tutto questo, Tremonti ha riunito proprio nel pomeriggio il Comitato di Stabilità finanziaria e ha anche deciso di incontrare Jean Claude Juncker, il presidente dell’Eurogruppo. Jose Louis Rodriguez Zapatero ha anche ritardato le sue vacanze per monitorare attentamente la situazione. “Siamo molto fiduciosi sulla determinazione delle autorità sia italiane che spagnole a fare in modo che le loro economie si rimettano al passo – ha intanto detto Chantal Hughes, portavoce della Commissione europea – Non ci sono fattori (relativi alle due economie) che indicano che la situazione sia cambiata negli ultimi giorni”. L’AZIONARIO GLOBALE IGNORA DEL TUTTO L’APPROVAZIONE DELLA CAMERA USA SUL PIANO DEBITO – Niente da fare. Il piano sul debito Usa, che ha ricevuto poche ore fa l’approvazione della Camera dei Rappresentanti non da alcun sollievo alle borse mondiali. Lo si è visto già nella performance odierna dei mercati asiatici, che ha visto Tokyo cedere più dell’1%. Ancora prima, era stata la stessa Wall Street a ignorare l’accordo sul debito americano; i mercati americani hanno preferito guardare alle indicazioni provenienti dal fronte economico, che hanno visto protagonista un Ism manifatturiero ai livelli del 2009. GIU’ LE ALTRE BORSE EUROPEE – In calo Londra (-0,94%), Francoforte (-2,16%), Parigi (-1,54%) e Madrid (-1,92%). Da segnalare che le borse Ue hanno bruciato il 10% dai massimi del 2011. E, per l’ennesima volta, Milano si conferma anche oggi il listino peggiore.

 

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A circa mezz’ora dalla chiusura Piazza Affari amplia le perdite: l’indice Ftse Mib segna un calo del 2,22%, l’Ftse All Share un ribasso del 2,19%. Oltre a Unicredit, Lottomatica e Ubi banca sono state poste in asta di volatilita’ anche Fiat spa (-7,83% teorico) e Fiat Industrial (-5,62%).

 

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Un surreale editoriale di Francesco Gavazzi sul Corriere della Sera, che in realtà serve solo a dare gli otto giorni a Berlusconi. Dal punto di vista economico è un delirio.

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Ultima occasione per una svolta

Wall Street non ha brindato all’accordo fra democratici e repubblicani: l’indice delle 500 maggiori società quotate ha chiuso in ribasso dello 0,4%. Preoccupano i dati sull’economia americana. Nel primo semestre dell’anno la crescita ha rallentato dal 3% a meno dell’1%; ieri i dati di luglio sull’industria manifatturiera hanno confermato questa frenata. La flessione di New York si è trasferita in Europa e ancora una volta si è amplificata in Italia: la Borsa di Milano è scesa di un altro 3,87%.

«Chiuso l’accordo sul debito, occupiamoci di ciò per cui gli americani ci hanno eletto: creare posti di lavoro, consentire alle aziende di pagare salari migliori, in una parola far sì che l’economia riprenda a crescere». Con queste parole il presidente Obama ha colto ciò che angoscia i mercati e i cittadini: il rischio che la ripresa svanisca e la disoccupazione non scenda.

Domani Silvio Berlusconi si presenterà in Parlamento per parlare della crisi. È importante che sia lui a farlo. La strategia dei suoi ministri economici evidentemente non ha funzionato. Dopo aver ripetuto per tre anni che l’Italia era al riparo dalla tempesta, che le nostre banche erano le più solide al mondo e il nostro sistema di protezione sociale il migliore, il ministro dell’Economia, evocando il naufragio del Titanic, ha detto che era necessaria una correzione violenta dei conti pubblici. Ma poi non è stato capace di realizzarla e ha varato una manovra fatta per lo più di maggiori tasse e spostata a dopo il 2013, quando chissà se questo governo ci sarà ancora. Non sorprende che i mercati non gli abbiano creduto: il Tesoro, che in aprile, prima che Tremonti alludesse al Titanic, si finanziava a 10 anni pagando il 4,8%, ora paga attorno al 6%.

Dopo aver tuonato contro il mercato, e aver irriso i liberisti, il ministro Sacconi ora chiede, nei cinque punti dell’intervista di ieri al Corriere , una «stagione di privatizzazioni e liberalizzazioni». Troppo tardi.

Ci attende un autunno molto difficile. In settembre il Tesoro dovrà emettere una quantità straordinaria di titoli. Gli investitori cui chiederà d’acquistarli pongono una sola domanda: dopo un decennio di stagnazione, sarete capaci di ricominciare a crescere? Altrimenti chi garantisce che ripagherete ciò che ora ci chiedete in prestito? Aspettare settembre è una strategia suicida: se la crisi si aggrava, tutto diventerà più difficile. Dopo aver perso tre anni, non gettiamo al vento altre settimane.

Silvio Berlusconi ha un’ultima chance per salvare se stesso, il suo governo, e non ultimo questo sfortunato Paese. Egli è stato un imprenditore che nella sua vita ha saputo cogliere grandi successi. Dia prova di saper affrontare questa nuova emergenza. È in grado, se lo vuole, di prendere in mano il timone della politica economica. Lasci perdere leggi e leggine ad personam. Pensi al Paese.

 

È un’opera in cui l’intuizione è più importante delle scelte tecniche e Berlusconi, diversamente dai suoi ministri economici, non ha mai avuto dubbi che si dovesse lavorare per la crescita. Se avrà bisogno di un supporto tecnico, e certamente ne avrà bisogno, chieda alla Banca d’Italia di mettere uno staff al suo servizio. La Banca è l’unica istituzione che da anni ripete che solo la crescita ci salverà. Una guida politica forte e diretta, priorità chiare e uno staff credibile ci possono salvare. Ma la strategia deve partire domani. Dopo le vacanze sarà troppo tardi.

Francesco Giavazzi

 

 

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Occhi puntati su Standard & Poor’s. L’agenzia di rating è quella che ha più esplicitamente minacciato un downgrade degli Stati Uniti. E gli analisti si chiedono ora se S&P procederà e ridurrà la propria valutazione sugli Usa o se riterrà l’accordo sull’aumento del tetto del debito sufficiente. Lo riporta il Financial Times. Moody’s ha indicato che al momento il rating Aaa degli Stati Uniti è al sicuro: «la revisione del rating si tradurrà probabilmente in una conferma anche se con prospettive negative».

L’agenzia S&P è invece rimasta muta, limitando a dire che la revisione del rating americano. «Gli investitori non sono sicuri su cosa farà. la ragione di questa incertezza è che S&P ha indicato un piano da 4.000 miliardi di dollari per prevenire che il livello del debito rispetto al pil cresca troppo. «Ci attendiamo che la traiettoria del debito continui a salire se non ci sarà un accordo su un piano di risanamento fiscale di medio termine da 4.000 miliardi di dollari», ha detto nelle scorse settimane S&P. «Il rischio di un downgrade degli Stati Uniti resta alto», evidenziano gli analisti di Barclays Capital. «S&P è senza dubbio sotto pressione.

 

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La Consob ha chiesto informazioni a Deutsche Bank sulla recente vendita di Btp italiani. Questa la risposta del sottosegretario all’Economia, Bruno Cesario, ad un’interrogazione in commissione Finanze alla Camera di Maurizio Fugatti della Lega. «La Consob – spiega Cesario – ha precisato che in attesa di ricevere i citati elementi informativi, segue con attenzione e continua a svolgere il monitoraggio in ordine all’evolversi della vicenda». «La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa ha comunicato che la stessa svolge una costante attività di vigilanza dei mercati finanziari finalizzata ad assicurare l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e un corretto funzionamento del meccanismo di formazione dei prezzi». «A tale fine la Consob avvia accertamenti, attraverso il monitoraggio degli scambi, quando si verifichi un’anomalia nell’andamento di un titolo o quando, a fronte di ‘rumor’ o anticipazioni di stampa, sia necessario ristabilire la parità informativa».

La Deutsche Bank – spiega Cesario riportando le notizie fornite da Consob – è uno specialista in titoli di Stato italiani, la cui attività sul mercato primario e secondario, è oggetto di osservazione e misurazione svolta con continuità. In tale ambito, essa ha fornito e fornisce un contributo importante al classamento dei titoli di Stato e al mantenimento della liquidit… del mercato. Infatti, ogni specialista in titoli di Stato italiani si impegna a sottoscrivere un quantitativo minimo di titoli in asta (3% su base annua) e a garantire un’operatività qualificata sul mercato secondario. Per quanto riguarda, in particolare, la cessione di titoli di Stato, sentito l’operatore stesso, si è appreso che essa è avvenuta per riequilibrare l’esposizione al debito italiano ai valori storici, dopo che con l’acquisizione di Postbank, avvenuta a fine 2010, si era registrato un picco. Pertanto, l’acquisto di credit default swap da parte di Deutsche Bank, riportato sia in articoli di stampa che nell’interrogazione, deve inquadrarsi in un comportamento proprio degli operatori finanziari, che nello svolgimento della loro attività, vogliono garantirsi contro ogni possibile rischio di credito, tenuto conto che i titoli italiani sono comunque presenti nel portafoglio titoli della banca tedesca. Nel caso specifico a seguito dei dati di cui all’interim report reso noto da Deutsche Bank AG il 26 luglio 2011 e, in particolare, a quelli concernenti la riduzione dell’esposizione netta al rischio sovrano dell’Italia, secondo cui è passata da un valore di 8,01 miliardi, al 31 dicembre 2010, a 997 milioni del 30 giugno 2010, nonchè ai diversi articoli di stampa che hanno dato grande risalto alla notizia concernente la strategia adottata da Deutsche Bank AG, in data 29 luglio la Consob ha formulato richieste informative finalizzate in particolare ad acquisire, tra l’altro: i dati di dettaglio relativi all’evoluzione dell’esposizione nei confronti dell’Italia nel periodo compreso tra il 1ø gennaio ed il 30 giugno 2011, distinguendo tra titoli di Stato e prodotti finanziari derivati collegati; l’incidenza sull’esposizione nei confronti dell’Italia al 31 dicembre 2010 del consolidamento di Postbank ed il valore della suddetta esposizione alla data del 30 giugno 2010; il dettaglio delle operazioni poste in essere da Deutsche Bank AG su titoli di Stato emessi dall’Italia e sui relativi strumenti finanziari derivati collegati, associati alla riduzione dell’esposizione netta riportata nell’interim report, nonchè la sede di esecuzione delle suddette operazioni.

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