Non si spezza il circolo vizioso e in Asia la giornata dei mercati ricomincia sprofondando un pò di più. In due settimane sono stati cancellati dalle Borse 7.800 miliardi dollari. Il bilancio della seduta poteva essere peggiore ma sul finale alcuni indici come Tokyo e Taiwan sono riusciti a recuperare o almeno a limitare le perdite. Sidney addirittura rimbalza sulla scia delle azioni del governo di Taiwan e della Corea del Sud per limitare il declino, comprando loro stessi azioni attraverso dei fondi. «Il mondo Š davvero peggiorato del 10, 12, 15 per cento nelle ultime 48 ore? Io non la penso cos – afferma il miliardario Wilbur Ross – comprando a questi prezzi in un paio d’anni si rivelerà un’esperienza unica e gratificante». Ora l’attesa è tutta per la riunione della Fed da cui in molti si attendono, o sperano, aiuti di stimolo. Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali borse di Asia e Pacifico. – Tokyo -1,68% – Hong Kong -3,28% (seduta in corso) – Shanghai +0,40% (seduta in corso) – Taiwan -0,79% – Seul -3,64% – Sidney +1,22% (seduta in corso) – Mumbai -0,79% (seduta in corso) – Singapore chiusa – Bangkok -2,45% – Giakarta -2,67%.
Nuovo record del prezo dell’oro, arrivato ora a 1764 dollari l’oncia.
In previsione di una forte recessione, crolla il prezzo del petrolio. La qualità Brent è scesa sotto i 100 dollari al barile, mentre da un paio d’anni viaggava stabilmente sopra i 115.
Alle 7,10 la Borsa di Sydney gira in positiva e inizia la seconda parte della seduta guadagnando lo 0,5%, dopo che in mattinata era arrivata a perdere circa il 4%.
Alle 6,45 la borsa di Tokyo perde il 3,73%, Hong Kong il 6%, il Kospi di Seoul (Corea) il 6,71. Più moderata la caduta di Sidney (1,71&), mentre Mumbai (India) è partita da poco perdendo subito 500 punti (1,84%).
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Sulla giornata di ieri. Da “il manifesto”.
Guido Ambrosino BERLINO
Niente allori per Merkel A Francoforte la borsa perde il 5 per cento
Giornata nera a Francoforte. Il Dax, principale indice di quella borsa, è arretrato del 5%. Lo scivolone, sommato alle perdite della settimana scorsa, porta al 18% la perdita dei listini nell’arco di dieci giorni. È la più grossa frana dalle turbolenze che seguirono nel 2008 al fallimento della banca americana Lehman-Brothers. L’intervento della Banca centrale europea, che ha acquistato titoli di stato italiani e spagnoli, ha consentito un parziale recupero dei loro corsi, ma non è bastato a invertire la tendenza al ribasso, trainata dal declassamento del rating sul debito Usa.
In mancanza di esiti soddisfacenti, la cancelliera Angela Merkel raccoglie ben pochi applausi per essersi spesa nel fine settimana a favore dell’intervento della Bce sui titoli italiani e spagnoli, nonostante la forte contrarietà della Bundesbank. Buona parte della stampa tedesca le ricorda che il debito italiano è un «pozzo senza fondo» (così la Welt) e che la Bce meglio farebbe a non accollarselo nemmeno in parte, per evitare che poi le banche nazionali dei singoli stati debbano ricapitalizzarla. Una trentina di deputati della coalizione di centro-destra condivide le obiezioni della Bundesbank. Proprio per rabbonire questa fronda, Merkel si vede costretta a insistere su segnali simbolici come l’introduzione di una norma «frenadebito» nella nostra costituzione, su modello tedesco: una bandierina che ha l’unico scopo di rassicurare la sua opinione pubblica.
Ben poca riconoscenza dall’Italia. La nostra stampa lamenta «il commissariamento» del governo italiano, costretto a anticipare il calendario di riduzione del deficit sotto il «diktat» di Parigi e Berlino, spesso con toni di offesa suscettibilità nazionale. Fino al caso estremo, per volgarità e stupidità, della prima pagina di Libero di sabato scorso.
Il quotidiano di Maurizio Belpietro pubblica una caricatura di Merkel in divisa da ufficiale delle SS, col teschio sul cappello e i baffetti alla Hitler. Titolo: «La Germania ci attacca per dominare l’Europa». L’occhiello recita «Heil Merkel». I siti online tedeschi riproducono la copertina, e la nazional-populista Bild-Zeitung, che lascerebbe volentieri cuocere nel loro brodo gli «spreconi» del Sudeuropa, coglie la palla al balzo per bollare la nostra ingratitudine: «Giornale italiano offende la cancelliera». Doppia ingratitudine, insiste il giornale, perché la poveretta ama trascorrere le sue vancanze in Italia. Solo domenica scorsa è rientrata a Berlino da una settimana di vacanza a Solda, in Val Venosta, spesa anche in telefonate con Sarkozy per sbrogliare la matassa.
Di qui il comunicato congiunto franco-tedesco di domenica sera, che ha dato luce verde all’intervento della Bce a sostegno dei titoli di stato italiani e spagnoli. Vi si apprezzano «le misure recentemente annunciate dall’Italia e dalla Spagna per un più rapido consolidamento del bilancio e per il miglioramento della competitività». In particolare si considera «di fondamentale significato» l’intenzione italiana di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio, un anno prima del previsto. Segue l’auspicio di un intervento della Bce, un passo che nei corridoi della Bundesbank viene considerato una pugnalata alle spalle: «Francia e Germania confidano che l’analisi della Bce costituirà un fondamento adeguato all’intervento della Bce sui mercati secondari (la Banca centrale europea potrà comprare Btp solo da banche e fondi assicurativi), qualora essa constati il ricorrere di rischi per la complessiva stabilità finanziaria nell’area dell’euro».
Non si sa quanti miliardi la Bce abbia speso ieri in questo intervento, comunque insufficiente a rovesciare il clima. La discesa del Dax a 5.923 punti, poco sotto la soglia dei 6000 che viene cosiderata una sorta di linea del Piave (solo qualche settimana fa l’indice veleggiava oltre i 7000 punti), è una brutta botta.
Sulla flessione pesano anche problemi specificamente tedeschi. Proprio ieri il ministero dell’economia ha constatato che a giugno la produzione industriale è diminuita in Germania dell’1,1% rispetto al mese precedente. Il dato resta 6,9 punti sopra a quello dell’anno precedente, ma la frenata, dovuta soprattutto a una flessione della domanda dall’estero, potrebbe essere l’avvisaglia di un esaurisi degli spazi per l’export made in Germany.
In Italia gli acquisti di Btp non fanno il miracolo. Il panico diventa globale
Un tracollo per le borse Usa
Wall Street malissimo. In Italia piccola riduzione dello spread con i Bund tedeschi, ma Milano chiude in negativo. Male tutte le piazze europee, mentre l’oro sale alle stelle
Fin dal primo mattino, l’attenzione dei mercati europei era rivolta a cosa sarebbe accaduto negli Stati uniti alla riapertura dei mercati. Le notizie, però, non davano molta speranza: già nella notte Usa, i futures pentavano al ribasso e prevedevano per il Dow Jons una perdita attorno al 2%. Previsione ottimista, perché è andata molto peggio. Per dare una idea del clima, sul sito della Cnn è comparso a metà pomeriggio un titolo significativo: «Prima vendi e poi chiediti perché».
E a vendere sono stati in molti, spinti dal timore di un raffreddamento dell’economia. Bizzarramente la riduzione del rating decisa sabato da S&P non sembra aver influenzato il mercato del debito sovrano: l’enorme liquidità generata dalle vendite di azioni è stata impegnata largamente nell’acquisto di Bond. Tanto che il rendimento delle obbligazioni decennali è sceso al 2,33%. Obama alle 13 (19 in Italia) con un discorso televisivo (su Afghanistan e sui temi economici) ha cercato di tranquillizzare i sui concittadini. Ma l’intervento del presidente non ha assolutamente tranquillizzato. Anzi, subito dopo la conclusione le perdite si sono ampliate: il Dow Jones ha chiuso andando sotto del 5,54%, il Nasdaq del 6,90%, mentre lo S&P500 cedeva il 6,66%. Un crollo che non si vedeva dai tempi peggiori, quelli del dicembre del 2008.
Intanto, sotto la scure di S&P sono finite le due principali società di mutui: sia per Fannie Mae che per Freddie Mac, passati sotto il controllo del governo americano durante la crisi del 2008, è stato ridotto il rating. Anche Warren Buffett non si è salvato dalla scure di S&P che ha abbassato l’outlook sulla sua finanziaria – la Berkshire Hathaway – da «stabile» a «negativo» pur confermando il rating a Aa. S&P ha motivato la decisione di abbassare il rating con la significativa esposizione di Berkshire ai Treasury oltre che ai titoli delle agenzie governative.
Quella di ieri è stata una giornata nella quale è successo di tutto. Anzi di più. Prendiamo Piazzaffari: dopo un’ora dall’inizio delle contrattazioni, l’indice Mib (quello delle 40 magggiori società) gudagnava il 4,2%, con vari titoli con progresso attorno al 10%. Ma già in tarda mattinata c’è stato un ripiegamento e alla chiusura lo stesso indice aveva perso il 2,35%. Ovviamente Milano non è stata un’eccezione. Londra, che la scorsa settimana aveva perso quasi il 9,5%, ieri ha lasciato sul terreno un altro 3,4%; Parigi (-10,19% la scorsa settimana) in chusura era in rosso del 4,68%. Infine a Francoforte che veniva da un tonfo del 12,42% la scorsa settimana, ieri il Dax 30 è precipitato del 5,02%. Insomma, un disastro con le pessime notizie che marciavano assieme ai fusi orari: male le borse asiatiche, comprese le cinesi; malissimo la borsa russa: a Mosca l’indice Rts ha chiuso con un ribasso del 7,87% e l’indice Micex in rosso del 5,50%; male, come visto, le borse europee.
Per capire quanto accaduto ieri, occorre dare una occhiata agli eventi del fine settimana. Uno su tutti: il declassamento da parte di S&P del rating del debito sovrano statunitense. E poi le difficoltà italiane con l’annuncio di una manovra anticipata per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Una manovra imposta dalla Bce che in cambio ha promesso il sostegno dei titoli del debito pubblico con acquisti sul mercato. Infine, a condizionare i mercati, il progressivo indebolimento della congiuntura confermato ieri dall’ennesimo crollo delle quotazioni del petrolio, scese fino a 81,3 dollari al barile. Una situazione che ha convinto molto investitori ad abbandonare il mercato azionario che nei prossimi trimestri (per qualcuno fino a tutto il 2012) non darà grosse sodisfazioni (dividendi e capital gain) per rifugiarsi nel reddito fisso o in altri investimenti estemporanei. Tipo l’oro.
Ieri il metallo giallo fa fatto un nuovo balzo spingendosi fino a 1.713 dollari l’oncia a New York. Ma nel prossimo futuro la crescita potrebbe proseguire: JP Morgan ha alzato significativamente le stime sul prezzo dell’oro nel corso dei prossimi mesi a seguito del balzo dell’avversione al rischio registrata nel corso delle ultime settimane. Secondo la banca americana, il metallo prezioso arriverà a costare 2.500 dollari l’oncia entro la fine dell’anno. La stima precedente di Jp Morgan era che l’oro potesse arrivare a 1800 dollari l’oncia: il rialzo della previsione è dunque del 39%.
Ieri mattina la borsa italiana ha beneficiato degli effetti positivi di un intervento della Bce. Le quotazioni sono partite al rialzo e al rialzo è stato anche l’andamento dei Btp con conseguente riduzione dei rendimenti. In pochi minuti lo spread con i Bund tedeschi è sceso sotto i 300 punti (3,0%) fino a quota 284 per poi risalire in chiusura a 302 punti, il 19% in meno della chiusura di venerdì. Un movimento analogo ha caratterizzato i buoni pluriennali spagnoli (Bonos) visto che gli acquisto della Bce hanno interessato anche il debito pubblico di Madrid. Lo spread dei Bonos con i Bund tedeschi si sono attestati a un livello inferiore a quello dei Btp italiani. Non si sa esattamento quale sia stato l’impegno finanziario della Bce e se l’intervento proseguirà anche nei prossimi giorni. I primi acquisti sono stati sergnalati verso le 10, ma già prima c’era stato un netto recupero dei Btp. In altre parole c’era chi comprava nella certezza che l’intervento della Banca centrale avrebbe portato a un ulteriore guadagno come, in effetti, è stato.
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