Anche per la zo euro, insomma, i giochi stanno finendo. L’idea di poter costruire una moneta unica sena una politica fiscale e una industriale altrettanto uniche sta tirando le cuoi. Ma lascia dietro di sé macerie, rancori e un rischio enorme: l'”ognun per sé”, in un continente in cui ciò non avviene più da quas 30 anni, innescherebbe dinamiche incottrollabili. Ed anche imprevedibili. La crisi è in genere una pessima consiglera. In questi giorni ne stiamo avendo una prova dal vivo. Non c’è “leader europeo” che non abbia sparato scioccheze pericolose, in pubblico o in privato, tali da mettere a rischio la “fiducia dei mercati”.
La preoccupazione nazionalista sta insomma facendo premio sulle buone intenzioni comunitarie. E gli interessi economici individuali si mostrano – per chi aveva bisogno di ricordarsene – più forti di qualsiasi “tensione etica”.
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Francesco Piccioni
EUROPA Il problema-Italia va direttamente all’esame dei capi di governo
Per ora è saltato l’Ecofin
Dissensi europei su «haircut» per chi possiede titoli greci, fondo «salva-stati» e ricapitalizzazione delle banche
All’Ecofin di solito è riservato il compito di «sciogliere i nodi» controversi, in modo da presentare ai leader politici il ruolo di decidere tra le diverse opzioni in campo avendo già chiare e definite le conseguenze. Stavolta, invece, verrà riunito dopo che i leader avranno – oppure no – raggiunto qualche accordo «dettagliabile».
Non sarà solo colpa sua – e vedremo dopo quali altri problemi hanno motivato la decisione – ma è certo che il «problema Italia» è uno di quelli decisivi in questo momento. Oggi scadeva l’«ultimatum» per la presentazione da parte italiana di una «lettera ufficiale» indicante «quali impegni per la riduzione del debito e lo stimolo della crescita economica» l’Italia è disposta ad assumere, nonché il «calendario» con i tempi di realizzazione di ogni passaggio. Commissariati e sotto schiaffo, certamente.
Ma se l’Europa può allegramente continuare a ridacchiare del nostro impresentabile Cavaliere, altrettanto non può fare davanti all’ipotesi che la terza economia dell’euro si trasformi rapidamente in una Grecia. «Troppo grande per fallire, troppo grande per essere salvata», l’Italia non può neppure essere spinta a cuor leggero verso il fosso. L’Europa e la sua moneta collasserebbero con lei. Lo sanno tutti i protagonisti. Europei e italiani.
Ma per degli europei «normali» era davvero imprevedibile che il «nostro» governo non riuscisse a prendere decisioni serie neppure con la pistola puntata alle tempie. Mentre qui, lo si capisce da alcune dichiarazioni di peones, è stato fatto valere il ragionamento opposto: «non possono spararci, verrebbero a fondo con noi».
La corda è stata dunque tesa da entrambe le parti, con la massima attenzione a non rischiare di spezzarla. Chiaro dunque che oggi Berlusconi porterà a Bruxelles un testo che verrà «limato» fino all’ultimo minuto utile. Chiaro anche che i leader europei dovranno dirsi in pubblico «fiduciosi» verso l’Italia, anche se nell’«informalità» potranno esser fatti volare giudizi più pesanti.
Ma l’Europa ha anche altre pendenze fin qui insolubili. almeno tre. La prima riguarda il fondo «salvastati» (Efsf): come finanziarlo, e quanto? In prima battuta dovrebbe servire a garantire almeno per il 20-25% le emissioni di titoli pubblici da parte degli stati con difficoltà a finanziarsi sul mercato. Ma in tal modo quei titoli perderebbero subito molto valore. Per corroborare le «garanzie» si pensa a uno o più special purpose vehicle (un escamotage da prodotti finanziari «derivati») per attirare capitali da paesi extra-Ue (i Brics, fondamentalmente). Ma potrebbe esser necessario aumentare l’intervento (e «l’invadenza») del Fondo monetario internazionale. Punto delicato davvero, visto che gli Usa stanno già ora – e da tempo – scaricando parte dei propri immensi problemi proprio sull’Europa.
La seconda grana Ue riguarda il «taglio di capelli» (haircut) che dovrebbero sopportare le banche private per rinegoziare il debito greco, ormai non restituibile per intero. A luglio si pensava potesse bastare un 21% di perdite. Ora la Germania pretende che «i privati» si accollino almeno il 60%, mentre la Francia (ancora più esposta e con banche già in crisi) si limiterebbe volentieri a un 40%.
L’ultimo problema è altrettanto complesso: la «ricapitalizzazione delle banche» di dimensioni sistemiche ma che non raggiungono il Core Tier 1 (il capitale tenuto a riserva) minimo del 9%. Gli stati dell’eurozona debbono tirar fuori qualcosa come 110 miliardi per realizzare l’operazione entro 6-9 mesi; e la quota principale sarà ovviamente a carico dei tedeschi.
Non sarà, insomma, tutta colpa di Silvio. Certo è che però della sua insipienza come statista-economista si sarebbe fatto volentieri a meno.
da “il manifesto” del 26 ottobre 2011
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L’allarme di Sarkozy: «L’Europa mai così vicina all’esplosione»
Il presidente francese sarà in diretta sui canali televisivi France 2 e TF1 giovedì sera alle 20,15 per una trasmissione speciale dedicata alla crisi del debito
PARIGI – «L’Europa non è mai stata cosi vicina all’esplosione»: lo ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy secondo il sito internet di Les Echos. Alla vigilia del vertice Ue, anche il premier Francois Fillon ha detto che per la Francia si apre una «partita essenziale» e l’ appuntamento di mercoledì è una «priorità assoluta».
«SANGUE FREDDO» – «L’Europa non è mai stata così vicina all’esplosione», ha scandito Sarkozy, parlando con alcuni rappresentanti della maggioranza Ump nel corso di una prima colazione di lavoro a porte chiuse questa mattina a Parigi. Da parte sua, nel corso di una riunione con i deputati dell’Ump, il premier Fillon ha anche insistito sulla necessità di «mantenere il sangue freddo» di fronte a questa «situazione preoccupante». «Le previsioni di crescita (della Francia,ndr.) dipendono in gran parte dal summit di domani» a Bruxelles, ha concluso il premier. Le dichiarazioni a porte chiuse di Sarkozy e Fillon sono riportate in un articolo pubblicato sul sito internet del quotidiano Les Echos, uno dei più importanti quotidiani economici della Francia.
IN DIRETTA – Intanto si apprende che il presidente francese sarà in diretta sui canali televisivi France 2 e TF1 giovedì sera alle 20,15 per una trasmissione speciale dedicata alla crisi del debito nell’Eurozona. Lo ha annunciato questa sera il presentatore del telegiornale delle 20 in onda su France 2. Sarkozy risponderà alle domande dei giornalisti dall’Eliseo.
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da Il Sole 24 Ore
Slitta l’Ecofin, nubi sull’accordo Ue
di Vittorio Da Rold
BRUXELLES. Cancellato a sorpresa l’Ecofin previsto per questa mattina, i mercati sono andati in picchiata sull’onda di una prospettiva di accordo solo a livello di principi. Il vertice avrebbe dovuto sciogliere gli ultimi nodi prima del summit dei leader Ue di questo pomeriggio alle 18 e il suo rinvio, secondo quanto ha confermato la presidenza polacca di turno della Ue, dipende dal fatto che le questioni da risolvere sono ancore tali e tante da richiedere direttamente l’intervento dei capi di Stato e di Governo. I leader potrebbero poi decidere oggi di aver bisogno di un nuovo incontro dei ministri economici dopo il vertice.
Le riunioni di Bruxelles saranno precedute nel pomeriggio a Berlino, dal voto del Bundestag su una dichiarazione del cancelliere tedesco, Angela Merkel, e su una mozione bi-partisan sui paletti tedeschi da non superare nelle decisioni che saranno prese dai leader Ue.
Carsten Schneider, parlamentare Spd, fa sapere che la mozione sull’effetto leva dell’Efsf, che dovrà essere votata oggi dal Parlamento tedesco, contiene la previsione che la Bce smetterà di acquistare bond governativi sul mercato secondario. Fonti di Berlino rivelano che maggioranza e opposizione hanno concordato la mozione che oggi voterà il Bundestag.
In particolare, la mozione chiede che il potenziamento dell’Efsf sia fatto senza modificarne il quadro regolamentare (già riformato a luglio), che si proceda con la proposta Ue di una Tobin tax e che sia preservata l’indipendenza della Bce. A questo proposito, Merkel ieri ha chiarito di non poter accettare che resti nelle conclusioni del vertice dell’Eurozona una frase, presente in bozza, in cui si voleva esprimere il «sostegno» dei Diciassette per «la continuazione delle misure straordinarie» della Bce, ovvero i prestiti illimitati alle banche e l’acquisto dei titoli di Stato dell’Eurozona sul mercato secondario. Per la cancelliera tedesca, un’indicazione del genere, equivale a ledere l’indipendenza dell’Eurotower.
L’acquisto dei bond è vitale per impedire agli spread di schizzare, ma nello stesso tempo resta il problema del ruolo dell’Esfs con due opzioni di leva, che dovrebbe sostituire la Bce in questa funzione. Gli europei hanno tre problemi sul piatto: haircut dei bond greci al 60%, l’Efsf e ricapitalizzazioni bancarie.
Secondo fonti Ue Francia, Spagna e Italia hanno detto di essere pronte a siglare l’accordo sul core Tier 1 al 9% e a contabilizzare i bond sovrani dell’eurozona a mark-to-market solo quando il Fondo potenziato per salvare le banche in difficoltà sarà messo in atto, possibilmente attraverso un ampliamento del levarege dell’Efsf fino a mille miliardi di euro.
Per l’aumento del Tier 1 capital servono 108 miliardi di euro, e con il mark-to-market i titoli sovrani detenuti, le perdite sui bond dei periferici sarebbero controbilanciate in parte da plusvalenze sui titoli dei Paesi core.
Fonti Ue dicono che a causa dei tempi stretti i dettagli del Piano anti-crisi saranno resi noti al G-20 del 3-4 novembre a Cannes.
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A un passo dall’ennesima pericolosa delusione
di Beda Romano
Sarà veramente necessario un colpo di reni dell’ultimo minuto per evitare che il Consiglio europeo di oggi si riveli l’ennesima pericolosa delusione. Le trattative sui tre nodi in discussione ormai da giorni non hanno mostrato soltanto evidenti difficoltà tecniche, ma anche forti divisioni nazionali, mentre incombe la crisi italiana.
I negoziati sono stati influenzati dalle esigenze contrastanti della Francia e della Germania. Parigi è alle prese con la temibile esposizione delle sue banche all’Europa mediterranea in piena crisi finanziaria, mentre la Germania (più solida) deve fare i conti con un Parlamento che stamani darà mandato al cancelliere Angela Merkel per l’ultima trattativa.
Il risultato è che la maratona di vertici europei ha avuto tre tappe in meno di una settimana per permettere il voto preventivo del Bundestag. «I nostri governanti devono fare avanti e indietro con Bruxelles come pacchi postali», nota polemico un negoziatore europeo. Insomma, i timori francesi non corrispondono alle preoccupazioni tedesche.
L’improvvisa cancellazione dell’Ecofin previsto per oggi ha indotto molti osservatori a dirsi pessimisti sull’esito del vertice di questa sera. I mercati sperano in qualche indicazione relativa al nuovo ammontare del fondo di stabilità europeo a cui si chiederà di salvare i paesi in difficoltà. Il rischio di una delusione è dietro l’angolo.
L’Efsf dovrebbe essere rafforzato con due modifiche: da un lato diventerà un assicuratore delle emissioni obbligazionarie future, dall’altro sarà dotato di un veicolo esterno che con denaro pubblico e privato acquisterà titoli sul mercato. Difficile quindi, in queste circostanze, dare cifre sul nuovo ammontare del fondo suorpo salva-Stati.
Oltre a difficoltà obiettive, il negoziato è complicato dal fatto che alle tensioni nazionali contribuisce una trattativa che riguarda tre nodi, intrecciati l’uno all’altro. L’obiettivo dei governi è di avere un pacchetto globale che preveda oltre al rafforzamento dell’Efsf, anche la ricapitalizzazione delle banche e la ristrutturazione del debito greco.
In questo senso, la posizione dei socialdemocratici olandesi, che appoggiano dall’esterno il governo Rutte, è esemplificativa. Hanno minacciato di opporsi alle decisioni europee se la decurtazione del debito greco in mano alle banche non sarà «almeno del 50%», se non verrà associata a un «convincente ed efficace» potenziamento del fondo europeo salva-Stati e soprattutto a un rafforzamento delle regole anti-deficit.
Altrimenti, ha detto il leader socialdemocratico Ronald Plasterk, il premier italiano Silvio Berlusconi «potrà rilassarsi e dire, bene: a questo punto non abbiamo bisogno di austerità. Possiamo affidarci all’Efsf». Commenta la Royal Bank of Scotland: «Il rischio di un fallimento del coordinamento tra la politica italiana e la risposta europea non è insignificante»
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da Linkiesta
Ma per Bruxelles la “lettera” del governo è solo l’ultima delusione
Giovanni Del Re
Sono mesi che a Bruxelles aspettano il decreto sviluppo e un segno riformista da Roma. E invece, anche dopo il precipitare della situazione, non arriva nulla. Così, la “lettera d’intenti” che Berlusconi porterà domani in Europa lascia i vertici europei freddi in pubblico, e imbufaliti in privato. «Abbiamo sperato fino all’ultimo» confidano alte fonti comunitarie. «E invece niente di niente. Ormai conta poco cosa pensiamo noi: la risposta arriverà dai mercati». Le preoccupazioni più forti – manco a dirlo – stanno a Parigi: se “salta” l’Italia, poi tocca alla Francia.
BRUXELLES – Bruxelles aspetta. Aspetta in realtà da settimane, mesi, praticamente da inizio agosto, il famoso decreto sviluppo che non arriva. E l’impazienza, comprensibilmente cresce. Soprattutto ora, dopo aver visto che neppure le strigliate pubbliche (e a dire il vero non troppo eleganti), domenica scorsa, di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy – «peggio di un declassamento di Standard&Poor’s», commentano sconsolate fonti Ue – e lo spread che torna a salire sono riusciti a portare a una decisione al Consiglio dei ministri a Roma.
E così adesso Bruxelles aspetta almeno una semplice lettera d’intenti, in tempo per domani – giornata del secondo vertice Ue nel giro di quattro giorni – in cui il governo di Silvio Berlusconi elenchi che cosa vuol fare. Berlusconi, scandisce calma Pia Ahrenkilde, la portavoce danese del presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, «ha promesso domenica scorsa che avrebbe scritto ai presidenti Barroso e (Herman) Van Rompuy (del Consiglio Europeo ndr) per definire in modo chiaro le misure per il rilancio della crescita che l’Italia intende adottare», e questo, prosegue, in modo «specifico». Peccato che «non abbiamo ancora ricevuto gli impegni che l’Italia presenterà ai due presidenti». Comunque «l’Italia ha indicato in modo chiaro che questo sarebbe stato fatto entro domani», in tempo per il summit Ue. Più perentorio di così. Un altro portavoce, Amadeu Altafaj, che parla in nome del commissario agli affari economici e monetari Olli Rehn, rispondeva placido a Berlusconi che «non c’è nessuna umiliazione, è questa l’essenza del nuovo pacchetto di misure della governance economica europea, è la sorveglianza tra pari». Del resto, caro Silvio, «quello che succede in Italia ha un impatto su tutti gli altri Paesi». Potremmo continuare sul fronte ufficiale, magari citando anche la fiducia espressa dallo stesso Barroso in un’intervista, «l’Italia risponderà ai dubbi e alle incertezze perché è un economia forte» per quanto «a due velocità».
Puro rito, perché basta chiudere una porta o girare un corridoio, spegnere i microfoni e assumere un’aria di complicità per raccogliere facilmente gli umori reali a Bruxelles. Si accontenterà l’Ue – intesa come Commissione e leader – al posto di misure varate almeno in sede di Consiglio dei Ministri, di una mera letterina di intenti su misure di cui – secondo indiscrezioni – Berlusconi neppure indicherà le scadenze concrete? «Chiedetelo a Merkel e Sarkozy» ridacchia una fonte comunitaria. Il punto è chiaro, «dopo quello che è accaduto in agosto con la manovra la credibilità di questo governo è ormai prossima allo zero». «Avevamo sperato – aggiungono a Bruxelles – che la gravità del momento avrebbe finalmente spinto Berlusconi a fare il dovuto, invece niente». E allora perché accettare quella lettera (ammesso che davvero ciò accada, domani al summit può succedere di tutto)? Perché non c’è scelta, sembra di capire a Bruxelles, sbugiardare il premier italiano dicendo che è troppo poco sarebbe un disastro ancora peggiore.
Meglio far finta che gli impegni siano validi e credibili. «E poi – argomentano ancora le fonti Ue – ormai conta fino a un certo punto la risposta istituzionale. A rispondere saranno i mercati, se il governo anche questa volta non manterrà le promesse». Il loquace presidente dell’eurogruppo Jean-Claude Juncker, intanto, faceva capire la reale, scarsissima fiducia nei confronti dell’Italia. E infatti si affrettava a sottolineare che «l’Efsf (il fondo salva-stati ndr) va rafforzato perché abbia una potenza di fuoco sufficiente a evitare che l’effetto contagio della crisi del debito si estenda all’Italia». Parole che collimano in sostanza con le rivelazioni di Le Monde, ieri, che parlava di un piano europeo di usare il fondo salva-stati per aiutare l’Italia (ma no?) con linee di credito “precauzionali” o massicci acquisti di Btp al posto della Bce.
C’è chi racconta, peraltro, che Merkel e Sarkozy si sarebbero un po’ “pentiti” dell’umiliante show di domenica ai danni di Berlusconi. Non giova neppure a loro e tanto meno alla Francia. L’Italia – scriveva ieri Le Monde, citando un anonimo ministro francese – «è l’ultimo baluardo, se crolla lei crolla tutto l’euro». A cominciare da Parigi.
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