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G20. Fmi entra nel fondo di stabilità

Molte delle iniziative sono ancora poco chiare, anche perché il loro numero è elevato. Una breve panoramica ci aiuta a identificare i passaggi principali, uscendo dalla fascinazione “di sinistra” per la sola “tassa sulle transazioni finanziarie”.

 

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da Il Sole 24 Ore

 

G20: più risorse dal Fondo monetario per la crisi dell’Eurozona

dal nostro inviato Marco Moussanet

 

CANNES – Aumento delle risorse del Fondo monetario e messa a fuoco dei tanti dettagli che ancora mancano al fondo di stabilità europeo (Efsf) dovrebbero essere i pezzi forti del documento finale del G-20, che riunisce a Cannes i grandi del mondo e chiude l’anno di presidenza francese (il testimone passa al Messico).

I capi di Stato e di Governo avrebbero infatti dato il via libera al tanto discusso rafforzamento finanziario dell’Fmi, che andrebbe quindi ad aggiungersi all’incremento (fino a mille miliardi, in corso) già deciso nel G-20 di Londra del 2009. In questo caso non si tratterebbe di un aumento delle contribuzioni legate alle quote degli Stati membri bensì di iniziative volontarie dei Paesi che lo desiderano e che dall’autunno 2012 potranno rafforzare la loro partecipazione. Magari, per quanto riguarda gli emergenti, in cambio di una revisione del loro peso nel Fondo, che da tempo non riflette più il valore delle loro economie.

Potrebbe essere il caso della Cina, che ha ipotizzato un contributo nell’ordine dei cento miliardi di dollari. O della Russia, intorno ai dieci miliardi.

L’Fmi avrebbe inoltre ipotizzato un nuovo strumento di intervento, nell’ambito delle linee di credito precauzionali (Pcl) create l’anno scorso, per aiutare, con iniezioni di liquidità sul breve termine (sei mesi), Paesi dai fondamentali solidi ma in situazione di temporanea difficoltà. Qualcuno ha pensato che potrebbe trattarsi di un modo per preparare l’eventuale intervento di soccorso nei confronti dell’Italia, ma il Fondo ha smentito, indicando come potenziali utilizzatori alcune tipologie di Paesi emergenti.

Anche se fonti dell’Eliseo confermano che si stanno studiando non meglio precisate modalità di accompagnamento delle misure italiane per rafforzarle. E pure di questo si è probabilmente discusso nel nuovo minivertice dei Paesi “euro” del G-20 (prolungamento di quello della mattina) ancora in corso nella notte.

Il comunicato finale dovrebbe inoltre rispondere alle tante domande ancora aperte sull’Efsf, il fondo europeo la cui potenza di fuoco andrà appunto ad aggiungersi a quella dell’Fmi e fare da sbarramento alla crisi di fiducia dei mercati. Sul tema erano al lavoro ieri pomeriggio i ministri delle Finanze americano, tedesco, francese e italiano insieme al commissario Olli Rehn. E lo stesso Nicolas Sarkozy ha anticipato che saremmo in dirittura d’arrivo: «I punti di vista si stanno avvicinando e stiamo andando verso la definizione tecnica dei dettagli».

Attesi con trepidazione dai partner non europei del G-20, che da mesi chiedono misure in grado di bloccare la crisi. Lo hanno ricordato ieri il presidente cinese Hu Jintao («È soprattutto l’Europa a dover risolvere il problema del suo debito»), quello russo Dimitrij Medvedev («L’Europa non è stata abbastanza veloce. Dobbiamo evitare di rimanere ancora a lungo ostaggio di questi problemi») e quello americano Barack Obama («Il problema principale in questi due giorni è risolvere la crisi finanziaria qui in Europa»).

Al centro delle preoccupazioni resta ovviamente la Grecia. Con la speranza, come ha detto Sarkozy, che «l’elettroshock di mercoledì sera sia stato positivo e che abbia facilitato la presa di coscienza» da parte della politica greca.

Infine la tassa sulle transazioni finanziarie, che pure troverà posto nel documento conclusivo. «È tecnicamente possibile, finanziariamente indispensabile, moralmente inevitabile», ha sostenuto il presidente francese. Aggiungendo di aver incassato il sostegno di Brasile e Argentina e confermando che «al più presto un primo gruppo di Paesi assumerà l’iniziativa». Al termine del bilaterale con Obama, Sarkozy si è spinto a dichiarare che sul tema ci sarebbe stata «un’analisi comune». Costringendo gli americani a precisare: condivisa è l’idea che il settore finanziario debba contribuire al superamento della crisi.

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da Il Sole 24 Ore

 

Più sinergie tra Bce e Fondo di stabilità

La crisi debitoria ha mostrato che l’unione monetaria ha bisogno di un nuovo assetto istituzionale. Tutti ormai condividono l’idea che il controllo dei conti pubblici nazionali debba essere rafforzato a livello europeo. Il pacchetto di misure deciso di recente per riformare il patto di stabilità e crescita sarà utile: rimette l’accento sull’andamento del debito, prevede sanzioni quasi automatiche nel caso di deficit eccessivo e sottolinea l’importanza degli squilibri finanziari nella zona euro.

 

L’idea di rafforzare ulteriormente il monitoraggio dei bilanci nazionali anche ex ante è una delle lezioni della crisi. Non credo però che questo compito possa andare alla Commissione Ue, cioè a un esecutivo con poteri tecnici. Deve essere affidato a una autorità che ne abbia il potere legittimo, vuoi una corte di giustizia vuoi un organismo parlamentare. Il fatto che i Trattati non abbiano dato alla Bce il compito di prestatore di ultima istanza indebolisce l’assetto istituzionale dell’unione monetaria. Non ho quindi dubbi sul principio, ma sugli aspetti pratici. La Bce ha molti azionisti: distribuire eventuali perdite sui diversi paesi potrebbe rivelarsi politicamente difficile.

Poi, il governo della Bce prevede nel consiglio direttivo che ogni membro abbia un voto. Sarebbe meglio che il peso del voto dipendesse dalla partecipazione del Paese al capitale Bce. Infine, è difficile per la Bce acquistare debito pubblico senza un quadro certo con cui imporre condizioni ai Paesi che beneficiano degli acquisti. Una soluzione potrebbe essere trovata nella collaborazione tra il fondo di stabilità Efsf e la stessa Bce.

Jean Pisani-Ferry è Direttore del Bruegel, European Think Tank in economia internazionale

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da La Stampa

 

Parigi e Washington un patto per stringere nell’angolo la Merkel

Maurizio Molinari

 

Convergenza sul piano d’azione del G20, intese strategiche su Libia e Iran, scambi di battute sulle figlie ma soprattutto la comune convinzione di avere trovato in Mario Draghi l’interlocutore giusto per assegnare alla Bce un ruolo decisivo nella risposta alla crisi dell’Eurozona: il summit di Cannes si svolge nel segno dell’intesa privilegiata fra Barack Obama e Nicolas Sarkozy.

Intesa che oggi i due Presidenti suggellano con un summit ad hoc, seguito da un’inedita intervista televisiva comune.

La sintonia sul piano d’azione che il G20 si appresta a varare è nelle dichiarazioni che si scambiano appena si incontrano. Obama auspica il «rafforzamento della ripresa globale per creare posti di lavoro e stabilizzare i mercati» plaudendo alla «straordinaria leadership» nel condurre il negoziato sul testo finale dimostrata da Sarkozy, che ricambia riconoscendo all’ospite «il ruolo indispensabile per unire il G20». Sebbene sulla tassazione delle transazioni finanziarie Obama non ceda alla richiesta di Sarkozy, ciò che più conta per entrambi è un «piano d’azione per la crescita globale» che consente di compiere un passo avanti verso il «bilanciamento dell’economia» fra Paesi in deficit e con il surplus auspicato dalle conclusioni di Seul nel 2010.

E’ in tale cornice che parlano anche di «convergenze strategiche» perché Obama sottolinea l’alleanza militare «da Yorktown alla Libia», tracciando una continuità fra il sostegno francese alla rivoluzione americana contro l’Impero britannico e quello francoamericano alla rivolta libica contro Gheddafi, e Sarkozy rilancia l’intesa sull’Iran preannunciando una «pressione senza precedenti» quando la prossima settimana l’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) renderà pubblico il nuovo rapporto sul programma nucleare della Repubblica Islamica.

I sorrisi e le strette di mano nel bilaterale come gli sguardi a distanza attorno al tavolo del summit confermano che Obama e Sarkozy si considerano il migliore alleato l’uno dell’altro. E se l’umore di entrambi è positivo il merito è in primo luogo delle notizie che arrivano da Francoforte, dove il neogovernatore della Bce Mario Draghi annuncia l’abbassamento di un quarto di punto dei tassi di interesse auspicato da Parigi (e Washington) ma finora osteggiato da Berlino. A ciò si aggiungono le parole di Mike Froman, consigliere di Obama sull’economia internazionale, che sottolineando la necessità da parte dell’Europa di ricorrere ad «un impiego soverchiante della forza» per rispondere alla crisi del debito cita «i commenti giunti dalla Bce e da Draghi sull’intenzione di giocare un ruolo sui mercati» lasciando intendere di vedere con favore un maggior impegno di Francoforte, acquistando titoli dei Paesi a rischio. E ancora: Froman parla di «focus sul fondo europeo Efsf» e di un «piano sulle sue relazioni» con la Bce che evoca la proposta francese di trasformare l’Efsf in una banca capace di sostenere le nazioni in difficoltà ricorrendo ai fondi di Francoforte. In ottobre la cancelliera tedesca Angela Merkel si è opposta a tale scenario ma adesso, con Draghi alla Bce, Parigi e Washington sperano di riuscire a contenere le resistenze di Berlino aprendo la strada ad un ruolo più incisivo di Francoforte, sul modello di quanto fatto dalla Federal Reserve negli Usa nel 2008-2009. «Obama a più riprese ha fatto presente agli alleati europei l’importanza cruciale della Bce» assicura Lael Brainard, viceministro del Tesoro. «E’ importante che gli europei accettino di condividere le lezioni apprese dall’America nella risposta alla nostra crisi» aggiunge Froman rilanciando il parallelo fra Federal Reserve e Bce che Parigi condivide e Berlino no. Quando Obama vede la Merkel le suggerisce di ammorbidire le resistenze, moderando i toni solo per rispettare Eurolandia. Dietro le mosse di Washington c’è la preoccupazione per un contagio europeo che Ben Rhodes, consigliere della Casa Bianca, riassume così: «I maggiori rischi provengono da Paesi come Italia e Spagna» e le soluzioni non dipendono da «eventuali cambiamenti di governo» come la Grecia sta dimostrando.

A suggellare la partnership privilegiata fra Obama e Sarkozy sarà oggi un summit bilaterale, subito dopo il G20, seguito da una intervista tv congiunta che solleva malumori fra i socialisti francesi, nel timore che possa aiutare la rielezione del capo dell’Eliseo. Ma i due leader ricorrono anche a dettagli di vita famigliare per confermare che oltre ad essere alleati sono amici. «Congratulazioni a Nicolas e Carla per l’arrivo di Giulia, spero che assomigli più alla madre che al padre» dice Obama, facendo sorridere l’anfitrione, che ribatte: «Obama ha avuto una forte influenza su di me, per anni ha spiegato che avere figlie era molto bello ed io ne ho seguito l’esempio».

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