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Tagli alle spese militari? Occhio alle “poste”

Oggi ci sono 183mila militari e 30mila civili nella Difesa: occorre scendere progressivamente, verso 150mila militari e 20mila civili, con una riduzione di 43mila unità. Lo ha detto il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, alle commissioni Difesa congiunte di Senato e Camera. L’obiettivo, ha spiegato Di Paola, «si potrà raggiungere in dieci anni o poco più attraverso la riduzione degli ingressi del 20-30%, la mobilità verso altre amministrazioni, l’applicazione di forme di part time». Per ammiragli e generali, ha aggiunto, «ci sarà una riduzione superiore del 30%’. È un percorso doloroso ma inevitabile». Nelle forze armate italiane, infatti il numero dei comandanti supera quello dei comandati: si contano ben 600 tra generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali. In 5-6 anni, inoltre, ha rilevato il generale-ministro Di Paola, “ci sarà anche una riduzione del 30% delle strutture della Difesa”.
Già a dicembre, sempre in commissione Difesa, Di Paola aveva dato i numeri. In particolare sottolineando come andassero tagliate le spese  per il personale dela Difeda e aumentare quelle per gli armamenti e l’addestramento. “Nel 2004 le risorse dedicate alle forze armate – aveva spiegato Di Paola – erano di 14 miliardi di euro, corrispondevano all’1,2 del Pil, di queste 7,5 miliardi andavano al personale dunque il 54% del bilancio. Nel 2012, dopo 8 anni, siamo a 13 miliardi di euro che corrispondono allo 0,84 del Pil e le spese per il personale sono 9 miliardi di euro pari al 70% del bilancio. Nel 2004 le spese dell’esercizio, compreso l’addestramento del personale e le operazioni, erano 3,4 miliardi di euro pari al 24% del bilancio e nell’anno di grazia 2012 sono 1,5 miliardi di euro pari all’11%.
La componente aereonautica, ha sottolineato Di Paola, «è irrinunciabile: ora è assicurata da Tornado, Amx e Av-8B, che nell’arco di 15 anni usciranno per vetustà dalla linea operativa. Saranno sostituiti dagli  Jsf, (gli F35, NdR) che è il miglior velivolo in linea di produzione, nei programmi di ben 10 Paesi». L’Italia, ha aggiunto, «ha già investito 2,5 miliardi di euro. Ci eravamo impegnati ad acquistarne 131, ora il riesame del programma ci porta a ritenere perseguibile l’obiettivo di 90 velivoli, un terzo in meno. Occorre rammentare che nel 2011, il governo italiano ha stanziato oltre 20 miliardi per l’acquisto di armamenti, con un aumento di 3 miliardi rispetto al 2010. Infatti, se c’è un settore al quale il governo non ha mai fatto mancare denaro, è proprio quello degli armamenti, portandoci a diventare l’ottava potenza del mondo in tema di riarmamenti: spendiamo quasi l’1,3 percento del Pil.
Sugli aerei è bene però ricordare che non c’è solo l’impegno di spesa sugli F35 (ridotto) ma anche quello sul cacciabombardiere europeo Eurofighter del quale però il generale-ministro non fa accenno.
Lo Eurofighter, o Efa, è un caccia bimotore preposto principalmente a missioni di difesa aerea: entrato in servizio nei primi anni Duemila, è prodotto da un consorzio tra industrie di quattro paesi: Italia (Alenia Aeronautica), Germania, Regno Unito e Spagna ed è in costante adeguamento tecnologico. Per le prime due tranche l’Italia ne ha acquistati 75, mentre è in produzione la terza tranche con un investimento di 9,1 miliardi per costruirne altri 112. Alla capacità multiruolo aggiungerà la possibilità di usare il missile aria-superficie a lungo raggio Storm Shadow. Durante l’operazione Unified Protector in Libia, secondo il Centro Studi Internazionali, «l’Eurofighter è stato utilizzato come difesa aerea da Italia e Regno Unito» che a sua volta l’ha usato anche per bombardare.
Ci sono poi gli acquisti protratti nel tempo come la costruzione di navi (compresa la portaerei Cavour, che dovrebbe essere la gemella della Garibaldi), di aerei, di sistemi missilistici e di cannoni antiaerei.

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