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Speculazione. Un caso da manuale

L’unica dote di questo bastardo sembra essere la freddezza. Quando tutti sono andati a rinegoziare il debito greco, rinunciando a parti sostenziose di profitti o accettando perdite importanti, pur di non rischiarne di peggiori, lui ha comprato titoli di stato greco a prezzi stracciati. Ora va a batter cassa, a scadenza dei bond.

Il minimo che un governo serio potrebbe fare è dire: a te non ti pago proprio. Lo farà questo governino che deve solo preparare le elezioni bis di giugno? Difficile…

 


Urlargli “avvoltoi” è facile. Ma non si rischia il moralismo quando un solo investitore incassa 400 milioni da uno Stato che non ha più soldi per pagare gli stipendi, e oltre metà è lucro di un anno di “investimento”. Esentasse, perché l’investitore è un esiliato fiscale dagli Stati Uniti alle Cayman (a bordo del suo 70 metri, vent’anni fa). La storia di Kenneth Dart, dell’omonimo fondo riuscito martedì a ottenere un rimborso integrale di bond greci che non consegnò alla ristrutturazione di marzo, sembra fatta per irridere i greci che soffrono, e gli europei di creanza. “Due cose i greci non sopportano più – dice un ateniese di adozione – i tedeschi che parlano di austerità e gli avvoltoi finanziari che ci speculano”. Tant’è.

Il colpo di Dart
Kenneth Dart li ha nei geni, gli animal spirits. Il nonno si affermò con le targhette di riconoscimento per i militari prima della Guerra. Il padre inventò Styrofoam, da cui Dart Containers, colosso mondiale dei contenitori in plastica. Lui, terza generazione, sotto bandiera caymanese pratica finanza creativa e immobiliare. Non ha inventato niente Dart. Ha comprato l’anno scorso, pagando circa il 60% del valore nominale, bond greci, ha incassato rendimenti a due cifre. Ha resistito allo stralcio del debito, quando il governo chiese un taglio del 75% nominale (operazione “spintanea”, fatta digerire a banche e investitori ma senza obblighi formali, che avrebbero fatto scattare il default paese). Creditori per 177 miliardi hanno ingoiato il boccone ma altri 6 miliardi non sono stati consegnati, sfidando le minacce di Atene: “Non vi rimborseremo più”. Sapevano, gli audaci, che la legge internazionale era dalla loro parte e che per non rischiare azioni legali con possibile default la Grecia avrebbe ripagato per intero. Puntualmente, il 15 maggio il governo Papademos, o quel che ne resta, ha pagato: “Ma l’accaduto non costituisce precedente per il futuro”. A settembre scade un’altra tranche.

Sciacalli in tribunale
“Il fatto è che la Grecia rischiava un brutto precedente rompendo quei contratti, gli investitori internazionali l’avrebbero interpretato come un problema per tutto il mercato dei capitali europei”. Lo dice un gestore hedge di New York, uno che quei titoli li ha comprati, “ma pochi: troppo illiquidi e il rischio di cause legali troppo alto”. In America c’è un nome per simili attivisti free rider (sciacalli?). E Dart ha avuto buoni maestri. Come Paul Singer, fondatore di Elliott management, altro fondo attivo sulla Grecia, che gestisce una quindicina di miliardi comprando debiti depressi, che poi rivende a prezzo maggiorato, altrimenti cita gli emittenti reclamando l’intera somma. Nel 1995 comprò a 20 milioni il debito di una banca peruviana, che in tribunale tornarono 58 milioni. Una controllata di Elliott, Kensington, comprò 30 milioni di debito del Congo-Brazzaville a prezzi infimi, e ottenne nel 2002 un centinaio di milioni di interessi. Un’altra sua costola, Nml capital, aspetta sentenze contro l’Argentina chiedendo 182 milioni di bond in default nel 2002. Poi c’è Michael Sheehan, detto Goldfinger, uno che “espia” il passato di consulente per le Ong di volontari sul debito africano. Ha cambiato angolo, prima prendendosi per clienti fondi avvoltoi – come Fg capital – poi creando Donegal international. Donegal ha in mano 15 milioni di debito Zambia datato 1979, comprati dalla Romania nel ’99 al prezzo di 3 milioni. A quel punto Sheehan, esperto avvocato, ha iniziato le pressioni sullo Zambia, da cui ha ottenuto prima 2,5 milioni, poi l’ha citato in Gran Bretagna e ha riavuto l’intero valore nominale. Tra i primi clienti di Sheehan “convertito” ci fu Peter Grossman, ex Morgan Stanley poi cofondatore di Fg management, che ha citato con successo il Congo per 100 milioni dopo avere comprato per 2,6 milioni debiti di quel valore facciale. A venderli, una società statale bosniaca, benedicente il premier Nedzad Brankovic, poi coinvolto in vicende di corruzione legata a quella società.

Anche in Italia
Non è un mestiere per vecchi. Difatti in Italia non è molto praticato. Gli avvoltoi sul Belpaese si sono visti sui titoli in default Cirio e Parmalat, per il resto la scarsità del debito quotato e il moloch giudiziario (tre gradi di giudizio e anni prima delle sentenze) sconsigliano incursioni. Più diffusi gli acquisti a sconto di crediti problematici. Centinaia di miliardi ma ben nascosti nei bilanci bancari, anche perché “manca una legge sulla deducibilità delle perdite su crediti, salvo nei fallimenti”, spiega Roberto Cornetta, esperto di ristrutturazioni dello studio legale Ranieri Guaccero Cornetta. Sui dossier crediti operano anche big come Apollo, Cerberus, Oak Tree, Goldman Sachs. Di recente, una banca avrebbe ceduto mezzo miliardo di prestiti a solo l’1,8% del valore, perché scaduti da un decennio. D’epoca sono anche i crediti delle amministrazioni straordinarie “legge Prodi”, che varrebbero decine di miliardi. Ma i grandi avvoltoi finora non hanno tempo per l’Italia; paiono più intenti a dare una limatina al debito dell’Europa a tripla A. Germania, Olanda e affini, perché, come di recente ha scritto John Paulson (guru del massimo hedge fund di Wall Street) ai suoi clienti, “non è a lungo sostenibile il peggioramento di Spagna e Italia senza che la Germania ne risenta”. Comunque lo si legga, un concetto di unità europea.

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