Il Presidente dell’Istat, Giovannini, ha presentato il rapporto annuale dell’istituto alla Camera dei Deputati. Uno degli elementi che emerge in modo clamoroso è il crollo dei salari da lavoro dipendente nel nostro paese negli ultimi venti anni. A determinare questa situazione, paradossalmente, non è stata la crisi ma la concertazione tra governo, confindustria e Cgil Cisl Uil avviata proprio per cogestire la prima crisi del debito esplosa nel 1992 (do you remember la stangata del governo Amato?). L’Istat avvia infatti la sua disamina della situazione, guarda caso, dal 1993, cioè dall’anno in cui ha preso corpo davvero la concertazione (con il governo “tecnico” di Ciampi) , cioè quella forma di relazioni tra parti sociali e governo attraverso cui le prime hanno acconsentito alla più vasta e devastante ristrutturazione produttiva e delle relazioni tra fattore lavoro e fattore capitale a tutto beneficio del secondo. E’ in quel momento che scompare definitivamente la scala mobile (già ridotta nel 1984), e si rende regola ferrea il fatto che l’andamento dei salari venga strettamente legato all’andamento del mercato e agli utili di impresa. E’ da quel momento che si avviano i percorsi – attraverso il pacchetto Treu nel 1997 – che ha avviato il boom della precarietà del lavoro perfezionata e ampliata con la Legge Biagi nel 2003. In quegli anni si comincia a mettere mano pesantemente al criterio di rappresentanza e rappresentatività sindacale per impedire la crescita del conflitto organizzato. E’ in quegli anni che il capitale decide di rivoluzionare il proprio metodo di crescita passando dal re-impiego degli utili dagli investimenti al gioco in borsa e alla speculazione finanziaria. Una realtà questa certificata dai rapporti di Mediobanca.
I risultati di queste scelte strategiche dei governi (di centro-destra o centro-sinistra senza differenze sostanziali), della Confindustria e di Cgil Cisl Uil. Le retribuzioni contrattuali dei lavoratori, nei fatti, sono ferme al ’93, la propensione al risparmio è crollata al minimo dal 1990, gli investimenti per la ricerca sono di gran lunga sotto la media UE, il potere d’acquisto delle famiglie (anche a causa dell’entrata in vigore dell’euro) è in caduta libera, la “mobilità sociale” è tornata a livelli ritenuti impensabili, sono pressoché raddoppiati coloro che, anche quarantenni, vivono in famiglia, le retribuzioni delle donne sono ancora inferiori a quelle degli uomini a parità di lavoro e sono in forte e costante calo le neo mamme che mantengono il lavoro dopo la gravidanza.
La “temporizzazione” dell’Istat, il fatto che si dati l’avvio di questo ciclo al 1993, ci conferma che non è quindi la crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo dal 2008 – che ha senz’altro aggravato la situazione – la causa scatenante della drammatica situazione che stiamo vivendo. Insomma emerge che da quella scelta oscena delle organizzazioni sindacali concertative di non ostacolare ma di accompagnare i progetti di riorganizzazione produttiva e sociale, conosciuti con il nome di concertazione, si sia generata la più grande redistribuzione di ricchezza, di diritti, di conquiste dal mondo del lavoro a esclusivo beneficio del capitale.
“Siamo purtroppo consapevoli che non è finita qui” afferma in un documento l’Usb che ha radiografato il Rapporto dell’Istat. I dati proposti dall’Istat giungono temporalmente fino al tramonto dell’era Berlusconi e non analizzano ancora quanto accaduto successivamente con l’avvento del governo dei tecnici espressione dei potentati economici, bancari e speculativi. Questi, comunque, per prima cosa hanno dichiarato conclusa “da destra” l’epoca della concertazione. “Il lavoro sporco è stato compiuto, i servi sciocchi diventano inutili, ora c’è bisogno tutt’al più dei complici, anzi, si può fare a meno anche di quest’ultimi”.
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