Restiamo in deflazione, ma diminuisce la sua gravità. Il calo dei prezzi su base annua, riferisce l’Istat, è confermato in pieno: nel mese di maggio 2016 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e una diminuzione su base annua pari a -0,3% (era -0,5% ad aprile).
Una piccola riduzione in una dinamica comunque negativa, che in parte è addebitabile a una tenuta dei consumi di base, in parte al recupero consistente del prezzo del petrolio (era intorno ai 30 dollari al barile a inizio anno, ora balla vicino ai 50).
Anche altre merci hanno contribuito al lieve rimbalzo. Per esempio i tabacchi (cresciuti del +2,0%, da -0,3% del mese precedente) e degli alimentari non lavorati (+0,4%, da -0,5% del mese precedente; parliamo delle materie prime come grano, latte, ecc).
La persistenza delle dinamiche deflazionistiche – spiega ancora l’Istat – è in gran parte riconducibile ai forti cali dei prezzi dei beni energetici (-8,4% rispetto a maggio 2015), al netto dei quali l’inflazione è pari a +0,5% (era +0,4% ad aprile). Da questo angolo visuale, bisogna rilevare che ormai il dato rispetto all’anno precedente sta per diventare poco significativo, perché le date si vanno avvicinando ormai al picco minimo del prezzo del petrolio (gennaio 2016, mentre a giugno 2015 – pur continuando la discesa – era ancora a 63 dollari). Ciò significa che tra sei mesi il dato relativo al prezzo del greggio cesserà di spingere verso il basso la deflazione e comincerà a farsi sentire in termini inflazione. Senza che ci sia nessuna “ripresa” alle viste, però…
Sarà divertente ascoltare allora i commenti entusiasti sulla lungimiranza delle scelte della Bce…
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