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Un paese “competitivo”, distrutto da finanza e Confindustria

Il 18 luglio la banca centrale italiana ha pubblicato la bilancia dei pagamenti di luglio. Surplus delle partite correnti (rapporto tra esportazioni ed importazioni, attivo passivo merci, servizi, redditi primari), nonostante il surplus del turismo sia circa un terzo rispetto al corrispondente anno passato, pari a 48,1 miliardi contro 46,7 miliardi del 2019.

Quel che ha contribuito maggiormente è l’avanzo di merci, passato da 48,9 a 57,4.

Nel grafico si vede che durante la pandemia il surplus delle partite correnti, soprattutto per la voce turismo, tende a diminuire, ma già da giugno luglio risale. La posizione finanziaria netta estera peggiora di poco ma è facilmente gestibile nei prossimi mesi perché il passivo è di poco conto, se lo raffrontiamo agli anni passati.

Volano gli investimenti di portafoglio, finanziari, degli italiani all’estero, segno che la ricchezza sempre più non circola in Italia ma va a finire all’estero.

Tutti questi dati ci portano a pensare che il paese è altamente competitivo e francamente non si capisce cosa altro voglia ancora Carlo Bonomi di Confindustria, se non aumentare la massa finanziaria derivata dalle esportazioni per investirli all’estero.

Lo spazio finanziario derivante dal surplus delle partite correnti e dalla posizione finanziaria netta estera ci porta a considerare che – in luogo del privato, in epoca di pandemia, che non investe perché non c’è domanda interna – lo Stato debba intervenire con il “deficit di pieno impiego”, assumendo nella pubblica amministrazione, fortemente carente di personale, in investimenti infrastrutturali e ambientali, nel finanziamento della ricerca, nel rimedio al gap economico tra Nord e Sud.

Occorre una programmazione economica e invece oggi, sul Sole 24 Ore, la notizia che la ministra grillina Catalfo, assieme ai tecnici del Ministero del Lavoro, propone di fatto un aumento dell’età pensionabile, superando quota 100, e soprattutto il silenzio-assenso del trasferimento del Tfr alla finanza. Un regalo ai fondi pensione privati, all’insaputa dei lavoratori!

Non abbiamo bisogno di finanza, c’è ne già troppa e non sa nemmeno lei dove mettere la liquidità, tant’è vero che la porta all’estero.

Non abbiamo bisogno di capitale produttivo di interesse, ma di salario sociale globale di classe e aumento della domanda interna.

I soldi rimangano ai lavoratori, come loro diritto, sapranno loro cosa farne.

Non si è ancora capito che dopo 40 anni la finanza deve essere messa in soffitta, deve tornare l’economia del reale, delle cose, della produzione, degli investimenti, dei consumi.

La Federal Reserve ha inaugurato, o comunque fatto una prima mossa, secondo questo nuovo approccio, che aveva fatto ricchi gli Stati Uniti, un tempo. Prima che la lotta quarantennale al salario e la primazia della finanza avessero come conseguenza la desertificazione industriale.

Vogliono continuare in Italia su questa scia? Non porterà a nulla.

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