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Le importazioni cinesi trainano la produzione italiana

Continua l’impressionante corsa delle esportazioni italiane verso la Cina.

Anche a maggio, tolti Sudafrica e India, ma per volumi molto minori, il nostro Paese è risultato il principale esportatore in Cina, almeno come crescita percentuale. Se l’India fa 73% e il Sudafrica fa il 63%, il nostro Paese è il primo tra i paesi industrializzati con +62%.

Distanza siderale con la Germania, che fa appena 24%, al di sotto del tasso di import totale di maggio. Certo, Berlino esporta ancora 4 volte tanto, ma la significativa crescita percentuale italiana sta a significare che, a partire da luglio 2020, come avevamo a suo tempo registrato, la “ripresa” di questo canale per l’export sa andando alla grande.

Non si tratta solo di logiche spontanee del mercato. Per le imprese cinesi l‘ordine in parte è arrivato già lo scorso anno, con l’agenzia governativa cinese che ha consigliato agli operatori di importare beni italiani.

E ora se ne vedono i risultati. Tale processo non è stato ostacolato o scalfito nemmeno dalla vergognosa campagna stampa dei media italiani e dall’ostracismo del nostro governo.

Nella stessa sinistra antagonista, a conferma della scarsa lucidità analitica, o della dipendenza culturale dal pensiero unico dominante, si preferisce ignorare o contrastare il paese asiatico.

E’ paradossale, in molti sensi, che l’atteggiamento “amichevole” cinese venga tutto capitalizzato dai padroni italiani e non dalla sinistra di classe, ormai ammalata di eurocentrismo.

Da parte nostra, ogni mese, segnaliamo con i dati dell’export tale “amicizia concreta”, che di fatto favorisce in parte gli stessi lavoratori italiani.

Queste notizie non passano granché sui media (se non su quelli specializzati in economia), ma chiunque parli con operatori economici italiani sa benissimo che molti di loro devono la loro ripartenza proprio alla Cina.

Paradossi dell’attuale situazione.

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