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Le grandi manovre sul gas alimentano la “grande paura”

I prezzi europei del gas restano altissimi dopo il record di ieri. I contratti Ttf olandesi, che servono da riferimento per il mercato dell’Ue, sono cresciuti di oltre il 20 per cento superando quota 182,5 euro per megawatt per le forniture di gas a gennaio.

I prezzi del gas, insieme ad altre materie prime tra cui il petrolio greggio, stanno alimentando la preoccupazione per l’aumento dell’inflazione in tutto il mondo e hanno determinato l’intervento della Fed e della Bce.

I mass media, strumentalmente, alimentano la tesi secondo cui il forte rialzo del costo del gas naturale europeo sia dovuto alla riduzione delle spedizioni russe verso la Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe, quello che attraversa l’Ucraina. Di solito la società russa Gazprom prenota capacità extra alle aste per la consegna alla Germania attraverso l’ Ucraina in Germania quando ci sono richieste. Ieri non risultavano prenotate nuove capacità attraverso Yamal.

Il portavoce di Rwe, che insieme a Uniper è tra i principali acquirenti di gas di Gazprom in Germania, ha affermato però che la compagnia statale russa sta rispettando i propri obblighi mentre Gascade ha spiegato che trasporta il metano in base alle richieste che arrivano.

Ma sui prezzi energetici in Europa sta agendo un combinato disposto piuttosto problematico: ci sono le interruzioni delle centrali nucleari francesi, i ritardi indotti dalle autorità tedesche nel gasdotto Nord Stream 2, i rischi geopolitici in Bielorussia e Ucraina, ed infine la produzione di energia eolica in Germania che è scesa ai minimi nell’ultimo mese.

Non solo. La Francia che è esportatrice di elettricità, in questo momento si vede costretta ad importarla a causa dello stop a quattro reattori nucleari deciso da Edf dopo che è stata rilevato un livello di usura maggiore del previsto su alcune tubature. Spegnere i 4 reattori ha comportato la riduzione del 10% della capacità nucleare del paese da cui proviene il 70% dell’elettricità francese. Per far fronte all’emergenza sono state rimesse in funzione sei impianti alimentati a petrolio.

Inutile sottolineare che con le importazioni in diminuzione e le scorte in esaurimento, gli investitori scommettono sul fatto che la crisi duri per tutto l’inverno e gli speculatori si apprestano a banchettare sulla “penuria energetica”.

Si ha la netta sensazione che dentro il modello della shock economy, un inverno al freddo servirebbe a “persuadere” la popolazione dell’Unione Europea che l’energia nucleare sia l’opzione migliore per la transizione ecologica e la fine della dipendenza da fattori esterni per l’approvvigionamento energetico. Vogliamo scommetterci?

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