Il Rapporto Global Economic Prospects, pubblicato ieri dalla Banca Mondiale, usa parole e previsioni pesanti. L’economia globale potrebbe essere diretta verso anni di crescita debole e prezzi in aumento, una combinazione tossica che metterà alla prova la stabilità di dozzine di Paesi che stanno ancora lottando per riprendersi dalla pandemia. Questa condizione aumenta il rischio di stagflazione, con conseguenze potenzialmente dannose sia per le economie a reddito medio che per quelle a basso reddito.
La Banca Mondiale ha quindi ridotto le sue previsioni di crescita globale annuale al 2,9% dal 4,1% indicato o gennaio e ha spiegato che “una crescita modesta probabilmente persisterà per tutto il decennio a causa dei deboli investimenti nella maggior parte del mondo”.
Secondo il Global Economic Prospects, è dagli anni ’70 che l’economia non affronta questa sfida, ovvero da quando i due shock petroliferi del ’73 e del ’79 hanno indebolito la crescita e aumentato i prezzi.
Ad aggravare i danni causati della pandemia di COVID-19, è arrivata l’invasione russa dell’Ucraina che ha amplificato il rallentamento dell’economia globale, facendo salire i prezzi di una serie di materie prime, alimentando l’inflazione.
“Il rischio di stagflazione è considerevole, con conseguenze potenzialmente destabilizzanti per le economie a basso e medio reddito”, ha dichiarato il presidente della Banca Mondiale, David Malpass, aggiungendo che “c’è un grave rischio di malnutrizione e di aggravamento della fame e persino di carestia in alcune aree”.
Se si concretizzassero le previsioni peggiori, la crescita globale nei prossimi due anni potrebbe scendere “vicino allo zero”, ha concluso, invitando i responsabili politici ad agire rapidamente per mitigare le conseguenze della guerra in Ucraina, aiutare i paesi a pagare cibo e carburante e accelerare la riduzione del debito promesso, evitando “politiche distorsive” come il controllo dei prezzi e il divieto di esportazione.
La minaccia della stagflazione globale potrebbe avere effetti particolarmente gravi nel mondo in via di sviluppo, dove il reddito pro capite quest’anno rimane di quasi il 5% al di sotto dei livelli pre-pandemia, scrive la Banca Mondiale nel suo rapporto.
L’inflazione persistente aumenta le possibilità che la Federal Reserve e altre banche centrali aumentino drasticamente i tassi di interesse per raffreddare la domanda, come accadde alla fine degli anni ’70, ma ciò potrebbe portare a una crisi globale più punitiva e a crisi finanziarie in alcuni mercati emergenti.
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