Continua a volare il prezzo del gas sul “libero mercato”, grazie al concorso unanime dei consumi internazionali in aumento, della speculazione finanziaria ormai stabilmente dirottata sulle materie prime e dell’idiozia suicida delle sanzioni alla Russia (primo esportatore verso l’Europa).
I future Ttf, benchmark del prezzo del metano nel Vecchio Continente, hanno avviato le contrattazioni a 291 euro, in forte rialzo (+5,15%) rispetto ai 276,75 euro della chiusura di ieri, per poi ripiegare a 288 euro.
Oltre un anno fa si ballava tranquillamente intorno ai 27 euro, che già sembravano troppi a fronte dei valori dell’anno precedente (14 euro).
Lungi dall’essere un problema di pura “economia globale” il prezzo dell’energia sta salendo da mesi nelle bollette dei consumatori di tutto il mondo, con ovvio disastro per i redditi fissi e poveri, che sono sempre i più svantaggiati di fronte ad un aumento teoricamente “uguale per tutti”.
Questo grafico di Francesco Santoro descrive “l’andamento del PUN (acronimo di Prezzo Unico Nazionale) cioè del prezzo di riferimento all’ingrosso dell’energia elettrica che viene acquistata dai vari fornitori, e che poi si scarica sugli utenti finali.”
Seguono logicamente gli effetti su ogni singola famiglia: “Mediamente una famiglia di 3-4 persone consuma circa 10 Kilowattora (Kwh) al giorno, 300 in un mese. Osservando questo grafico e alcune offerte dei principali fornitori di elettricità, nei prossimi mesi pare ci attenda un prezzo di listino di circa 0,85 Euro al Kwh (cioè bollette elettriche bimestrali da 500 Euro).”
250 euro al mese di sola energia elettrica (cui vanno ovviamente aggiunte le spese anch’esse in aumento per il gas da cucina, il riscaldamento, il “carrello della spesa”, l’affitto o il mutuo, manutenzione ed uso dell’automobile – dato lo sfascio programmato dei trasporti pubblici -, oltre a varie ed eventuali, tra cui le spese mediche) preparano una situazione oggettivamente invivibile anche per chi ha la fortuna di avere un salario regolare, tra i 1.200 e i 1.800 euro mensili.
Inutile dire cosa accadrà a chi neanche ha questa “fortuna”, ma vive di pensioni al minimo o lavoretti precari pagati quanto il “reddito di cittadinanza”.
In tutta Europa vanno già montando gli scioperi, con al centro la richiesta di aumenti salariali adeguati almeno all’inflazione (oltre l’8%, ormai). In Gran Bretagna la situazione è già così frizzante che l’aspirante nuovo primo ministro conservatore, Liz Truss, che dovrà sostituire Boris Johnson, ha già messo in programma… la limitazione drastica del diritto di sciopero.
Anche in Italia va montando l’insofferenza popolare, al punto che – udite! Udite! – la Cgil, invece di proclamare uno sciopero generale, si è decisa ad indire una manifestazione nazionale, in modo da non disturbare per nulla le imprese.
Fin qui il governo Draghi – e presumibilmente anche il prossimo, che nascerà comunque sotto la “sorveglianza semplice” dell’Unione Europea (quella “rafforzata” l’ha sperimentata la Grecia) – ha risposto con riduzioni di Iva e accise sui carburanti, oltre ad una annullamento temporaneo degli “oneri di sistema” presenti in ogni bolletta.
Di fatto, la relativa riduzione dell’aumento delle bollette – comunque fortissimo, come testimoniato da tutti – è stata posta a carico del bilancio pubblico, appena sostenuto da una sovratassazione degli extraprofitti accumulati dai gestori dell’energia (che hanno venduto a prezzi correnti, più alti, ciò che avevano comprato con contratti stipulati quando i prezzi erano molto più bassi).
Ma è chiaro che un aumento come quello indicato dal grafico (puro trasferimento del prezzo internazionale al Pun, senza alcuna interpretazione soggettiva) è insostenibile da qui a pochi mesi. Anche per il bilancio di uno Stato, figuriamoci per quello delle famiglie.
Le risposte, come annunciano i media di regime, sono quelle classiche: riduzione di due gradi per il riscaldamento in casa” e stop alla produzione h24, con probabile interruzione del lavoro notturno. Ma di usare la testa, a quanto pare, non se ne parla proprio…
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