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Unione Europea alla prova del “tetto” sul prezzo del gas

Si fa presto a dire “price cap” sul gas… Il primo è stato Mario Draghi, e tutti – ma solo in Italia – credevano che l’Unione Europea l’avrebbe approvato tambur battente.

Col passare delle settimane, invece, sono venuti fuori gli interessi diversi tra i vari paesi Ue. Nonché il sempre presente obiettivo di “non disturbare le aziende” (come dice Giorgia Meloni), ovvero non interferire con le dinamiche del mercato.

I ventisette capi di Stato e di Governo del Consiglio Europeo si incontrano oggi e domani in un vertice “formale”. Questo significa che dovranno per forza arrivare a una conclusione condivisa, ovviamente “mediata”, oppure ad una clamorosa rottura che avrebbe pesanti conseguenze sul prezzo del gas, scatenando un altro giro di speculazione.

Il gioco è complicato e si baserà molto sulle parole da usare per la dichiarazione finale, visto che i meccanismi tecnici da adottare sono troppo complessi per essere messi in discussione nel Consiglio. In pratica, quelle parole definiranno “la cornice” entro cui gli sherpa dovranno poi articolare i meccanismi.

A Praga, nelle scorse settimane, il vertice era stato solo “informale” e si era chiuso dando mandato alla Commissione (il “governo” europeo, presieduto da Ursula von der Leyen) di “esplorare” le varie ipotesi di tetto al prezzo del gas.

Un po’ troppo vago, secondo i paesi che premono per fermare ora la corsa del prezzo. E quindi in questo frattempo i vari ambasciatori pro-tetto hanno chiesto di inserire i termini “esaminare” o, ancora meglio “proporre“.

Ora però i capi di stato e di governo devono prendere una decisione chiara, non equivoca, in un senso o nell’altro. “Questa volta è diverso da Praga. Non solo perché ci devono essere delle conclusioni ma perché c’è una base di partenza, che è la proposta della Commissione europea. E su quella ci sarà il dibattito“, ha anticipato un alto funzionario dell’Unione.

La Commissione, in effetti, ha lavorato per produrre un meccanismo che potesse star bene a tutti (anche ai “mercati”, nelle intenzioni). Propone infatti un nuovo benchmark per il Gnl, complementare al Ttf di Amsterdam (altamente speculativo e responsabile dei folli aumenti, anche nella stessa giornata, che hanno sconvolto il mercato dell’energia in Europa).

Ma per il momento questo indice (una convenzione da tenere sotto controllo politico, non qualcosa di “oggettivo”) ancora non c’è. Nell’attesa che i tecnici se ne inventino uno, la Commissione propone un price cap al gas scambiato al Ttf con un meccanismo contro la volatilità infragiornaliera.

In pratica si lasciano le cose come stanno, puntando ad intervenire soltanto sui “picchi” verso l’alto nel corso della stessa seduta. E’ insomma come se dicesse agli speculatori “fate pure, ma senza esagerare troppo”.

L’altra misura teoricamente calmierante riguarda gli acquisti comuni di gas fra i vari paesi europei, almeno fino al 15% necessario per gli stoccaggi (attualmente già completati; dunque questo meccanismo dovrebbe cominciare a funzionare tra un anno). Un po’ pochino,  per mettere davvero un freno alla “concorrenza” tra paesi europei nella corsa agli acquisti (che naturalmente spinge in alto i prezzi).

Per il resto del pacchetto si tratta della solita roba: maggiore riduzione della domanda (razionamenti, “consigli di risparmio” per gli utenti finali, ecc) e “più solidarietà tra gli Stati membri”.

Resta invece sospeso il price cap sul gas per la produzione dell’elettricità, ossia l’estensione del modello iberico a tutta l’Ue ed è ancora da definire l’eventuale strumento economico comune contro il rischio frammentazione.

Gli interessi in campo sono, come detto, profondamente diversi. Da una parte c’è il gruppo che spinge per un tetto al prezzo del gas più automatico, che non sia condizionato a tutti i meccanismi di garanzia e che non venga considerato come ultima manovra possibile (ciò che invece chiedono Germania e Olanda).

I più scettici sul controllo dei prezzi restano Germania, Olanda, Austria, Danimarca, Irlanda. Essenzialmente perché temono che venga danneggiato l’approvvigionamento. Spingono invece per il price cap il gruppo dei quindici (che ora sono qualcuno in più) guidato da Italia, Spagna, Grecia, Polonia, Belgio e Francia.

Poi c’è pure l‘Ungheria, contraria quasi a tutto il pacchetto. Un modo come un altro per cercare di ottenere contropartite su altri dossier.

Come si vede, i meccanismi UE – quando non si tratta di imporre l’austerità sul bilancio a qualche paese debole – diventano lenti e farraginosi. Tanto da rischiare di entrare in funzione solo quando, di fatto, non servono più.

Un po’ per le temperature ancora molto calde, un po’ per la normale reazione dei “mercati” quando si comincia a parlare di “tetti al prezzo”, le quotazioni del gas in questi giorni stanno scendendo, fino a poco più di 100 euro al megavattore (era arrivato a 320, in estate).

E gli “esperti” ascoltati dai vari media cercano di spargere ottimismo a piene mani. Davide Tabarelli, storico presidente di Nomisma Energia, ha detto: «Segnali positivi anche sulle bollette sono in arrivo prossimamente. Sull’elettricità gli effetti si vedranno dal primo gennaio e possiamo sbilanciarci parecchio nel senso che con estrema probabilità, altissima probabilità, non ci saranno più aumenti e probabilmente ci sarà un calo dell’ordine del 15/20%. Sul gas dobbiamo digerire ancora ottobre, con i prezzi di settembre e ottobre, perciò dal primo novembre sapremo quanto sarà la media; però dopo, a novembre, rispetto ottobre ci sarà un calo».

Facciamo notare, da bastian contrari di professione, due cose.

Gli aumenti per ora restano molto consistenti (bollette anche raddoppiate, come stanno sperimentando imprese e famiglie), ma c’è la “speranza” che questi picchi di prezzo siano solo temporanei. Ma non per tornare alla “normalità” di qualche mese fa. Al massimo un 15-20% meno del massimo che stiamo per pagare con le bollette di ottobre-novembre…

La seconda è più generale. A seconda dei meccanismi tecnici che l’Unione Europea alla fine sarà costretta ad approvare “i mercati” sapranno con certezza fin dove possono spingere senza timore di vedersi stoppare la frenesia speculativa.

Tradotto: i prezzi resteranno alti ancora a lungo, con oscillazioni minime che non porteranno alcun sollievo a chi ha le tasche vuote.

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