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Fallisce un’altra grande banca Usa. Il sistema ora ansima

Tutte le autorità economiche degli Stati Uniti assicurano che nonostante l’improvviso fallimento della Silicon Valley Bank, venerdì, “non c’è rischio di contagio” al resto del sistema.

Sarà, ma ancor prima della riapertura degli uffici, in piena domenica, un’altra banca chiude i battenti. E non una banchetta qualsiasi, tanto da essere classificato come “il terzo più grande fallimento nella storia bancaria degli Stati Uniti” (quello della Svb è il secondo, dietro Lehmann Brothers, 2008).

La Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) – l’ente statale che presiede ai fallimenti bancari – ha preso il controllo di Signature, che alla fine dello scorso anno aveva 110,36 miliardi di dollari di attività e 88,59 dollari di depositi.

Le cronache riferiscono che i dipendenti si erano riuniti negli uffici della società, a Manhattan, per un briefing domenicale, ordinando come sempre il catering da Carmine’s e il caffè da Starbucks. Ma la riunione si è aperta e chiusa in un attimo: “siamo falliti”. Tutti a casa, faranno gli scatoloni oggi…

Ma “tranquilli” continuano a dire dal Dipartimento del Tesoro, ora guidato da Janet Yellen, ex presidente della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. Ma il messaggio ha un sapore quasi magico: “Tutti i depositanti della Signature Bank e della Silicon Valley Bank saranno risarciti” e “nessuna perdita sarà sostenuta dai contribuenti”.

Delle due l’una, di solito. A meno di non ripagare i correntisti con i soldi del Monopoli…

Ed in effetti anche la procedura di risoluzione segue un percorso ben poco “normale”.

Domenica la FDIC ha istituito una banca “ponte” che consentirà ai clienti di accedere ai loro fondi già da oggi. I depositanti e i mutuatari della Signature Bank diventeranno automaticamente clienti della banca ponte, ha dichiarato la FDIC.

Una banca creata dal nulla, senza uffici e senza capitale proprio, ma “solvibile” perché garantita dalla stessa Fdic. Ovvero con soldi pubblici, inevitabilmente.

Domenica i funzionari hanno però dichiarato che gli azionisti e alcuni detentori di debiti non garantiti della Signature Bank, così come quelli della Silicon Valley Bank, non saranno protetti e che i dirigenti di entrambe le banche sono stati rimossi.

Eventuali perdite per il Fondo di assicurazione dei depositi della FDIC, utilizzato per sostenere i depositanti non assicurati, saranno recuperate tramite una valutazione speciale sulle banche. E questa sarebbe la ragione che permette di dire che “non saranno spesi soldi dei contribuenti”.

Signature era una banca commerciale con uffici per clienti privati a New York, Connecticut, California, Nevada e North Carolina, e aveva nove linee di business nazionali, tra cui l’immobiliare commerciale e il digital asset banking.

A settembre, quasi un quarto dei suoi depositi proveniva dal settore delle criptovalute, ma a dicembre la banca ha annunciato che avrebbe ridotto i suoi depositi legati alle criptovalute di 8 miliardi di dollari. Il crollo del mercato delle criptovalute, in seguito al fallimento di alcune di esse, ha accelerato la caduta anche di Signature.

In questo caso la causa scatenante sembrerebbe diversa da quella che ha travolto Svb , svuotata dalla caduta di valore dei titoli di stato Usa in seguito all’aumento dei tassi di interesse, decisi dalla Fed (come dalla Bce) per arginare l’inflazione. Ma è anche vero che non si conosce ancora il livello dell’esposizione di Signature sul fronte dei Treasury bond.

Anche sul piano politico questa banca era decisamente interessante, in quanto ha avuto un rapporto di lunga data con l’ex presidente Donald Trump e la sua famiglia, fornendo a lui e alla sua azienda conti correnti e finanziando diverse iniziative della famiglia.

La Signature Bank aveva poi tagliato i ponti con Trump nel 2021, dopo i disordini del 6 gennaio a Capitol Hill, invitandolo a dimettersi.

Ora il fallimento, che minaccia di allargare l’area del “malessere” nel sistema bancario Usa. Il cui respiro affannoso viene ora percepito chiaramente…

E infatti le borse europee hanno preso tutte una piega piuttosto drammatica, stamattina. L’indice Ftse Mib di Piazza affari affonda del 4,34% a 26.098 punti con 4 titoli sospesi al ribasso.

Anche il Dax perde il 2,88%, il Cac40 il 2,89% e il Ftse100 il 2,44% nonostante i future di Wall Street anticipino un avvio in rialzo dopo che la Fed, il Tesoro e il Fdic hanno unito le forze per sostenere il sistema bancario dopo il fallimento di Silicon Valley Bank, Silvergate e Signature Bank.

Sarà un caso fortuito, ma le borse asiatiche – e soprattutto quelle cinesi – sono andate invece benissimo. Ma lì il cuore dell’economia è la produzione, mica la finanza…

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