A fine novembre Donald Trump ha minacciato di imporre quanto prima dazi generalizzati del 25% sulle importazioni dal Messico e dal Canada – e di un extra 10% su quelle dalla Cina – se questi Paesi non prenderanno rispettivamente sufficienti misure contro l’immigrazione clandestina e il traffico di droga che affliggono gli Stati Uniti.
Contemporaneamente minaccia di introdurre dazi contro l’Unione Europea se non aumenterà i quantitativi di gas che sta importando dagli Stati Uniti dopo aver rinunciato al gas russo.
Il ricorso ai dazi punitivi e al protezionismo sembrano essere lo strumento con cui l’amministrazione Trump regolerà i propri rapporti nelle relazioni internazionali.
Ma occorre ammettere questa tendenza a ricorrere a sanzioni, dazi punitivi etc. non è cominciata né comincerà con la nuova amministrazione USA. Il numero di restrizioni ai flussi di beni, servizi e investimenti imposte nel mondo ogni anno è infatti già triplicato rispetto al 2019.
A questi temi è dedicato un capitolo dell’interessante Rapporto sul 2025 elaborato in questi giorni dall’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
Trump ha persino minacciato di introdurre dazi del 100% sulle importazioni dai Paesi che stanno riducendo l’uso del dollaro (chiaro il riferimento ai BRICS) e del 200% o più sui veicoli importati dal Messico.
In quest’ultimo caso occorre evidenziare come la revisione dello U.S.-Mexico-Canada Agreement (USMCA), frutto della rinegoziazione del precedente NAFTA proprio durante la prima presidenza Trump, è prevista nel 2026.
Nell’ultimo World Economic Outlook di ottobre, il Fondo monetario internazionale ha prodotto uno scenario che mette seriamente in guardia sui rischii di una guerra commerciale innescata dalla nuova amministrazione Trump.
Nel rapporto vengono avanzati alcuni scenari: a metà 2025 USA, Eurozona e Cina impongono dazi permanenti del 10% sui flussi commerciali tra le tre aree, mentre gli USA e il resto del mondo si impongono a vicenda dazi permanenti del 10%, colpendo un quarto dell’interscambio mondiale di beni e aumentando l’incertezza sulle politiche commerciali future e a cascata sugli investimenti privati.
Ci sono poi le stime della Goldman Sachs, in caso di irrigidimento nelle relazioni con Washington dettato dalla politica commerciale di Trump.
In questo caso l’Eurozona (presa come riferimento al posto dell’UE nello studio) subirebbe una riduzione tra mezzo e un punto percentuale del proprio PIL. Anche se Goldman Sachs anticipa l’effetto dei dazi al 2025, la stima è in linea sopracitato documento dell’FMI.
Per l’Europa sarebbe un ulteriore colpo al PIL (dopo quello dovuto al crollo delle relazioni economiche ed energetiche con la Russia, ndr), considerando la debole crescita economica e il ritardo di competitività che affliggono le economie europee e la stagnazione tedesca ben rappresentata dalla crisi del suo settore automotive che potrebbe essere messo nel mirino da nuove tariffe.
Secondo il rapporto dell’Ispi sul 2025, Bruxelles si dice pronta a sfoderare sia la carota che il bastone con più determinazione e celerità. Dal canto suo, rispetto al periodo 2017-2020, Trump può giocare sul fatto che ora gli USA – dopo l’interruzione delle forniture della Russia – pesano per quasi un quinto delle importazioni UE di gas naturale.
Non solo. Trump ha recentemente minacciato di ricorrere ai dazi contro i paesi europei se questi non aumenteranno i quantitativi di gas che importano dagli USA (a prezzi assai più elevati di quelli che venivano pagati alla Russia, ndr).
Secondo l’Ispi la seconda presidenza Trump potrebbe far fare un salto di qualità alla tendenza alle guerre commerciali in atto: dazi a tappeto in nome della sicurezza nazionale, guerra commerciale contro tutto e tutti, decoupling dalla Cina e addirittura il disimpegno o l’uscita degli USA dalle maggiori organizzazioni internazionali.
Ci aspetta dunque un anno – e probabilmente una fase ancora più lunga – di guerre commerciali e protezionismo a tutto campo insieme ad un impetuoso sviluppo dell’industria e delle spesa militare. Un brivido corre lungo la schiena quando uno guarda alla storia e si domanda: non è cominciata così anche negli anni Trenta del XX Secolo?
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa