Non smetteremo mai dal mettere in guardia i nostri lettori dal meccanismo contorto e opaco che porta alla produzione e alla diffusione delle notizie. Soprattutto da parte di giornali e telegiornali apparentemente ‘neutri’, la cui linea editoriale è dichiarata equidistante, puntata sul racconto oggettivo di ciò che accade. L’uso delle parole è importante, e può cambiare il senso di una frase o di un intero articolo. Se invece di ‘cariche’ (della Polizia contro i manifestanti) si usa ‘scontri’, ad esempio, o addirittura ‘guerriglia’. O se al posto di aggressione si utilizza ‘rissa’, come nel caso delle aggressioni fasciste contro vittime per lo più ignare e inermi. Una normale, quotidiana opera da parte dei media di reinterpretazione della realtà ad uso e consumo dell’editore, della lobby o del politico di turno. Ma poi, ogni tanto, qualcuno esagera, e parecchio. Come nella descrizione particolareggiata da parte di alcuni media di presunti scontri davanti alla Sinagoga su Lungotevere che non ci sono mai stati ma che stanno dando una immagine completamente alterata della manifestazione degli studenti. Oppure nel caso della descrizione che SkyTG24, uno dei più ‘seguiti’ e ‘autorevoli’ telegiornali, ha realizzato sui fatti di Roma del 14 novembre.
Se ne parla in una interessante ricostruzione di Emiliano Viccaro, tratta da DinamoPress:
Nicola Veschi è un giornalista abbastanza noto del Tg24 di Sky. E’ sua la firma del servizio delle 20 sulla mobilitazione romana in occasione dello sciopero europeo indetto dalla Ces. Le parole non lasciano spazi a dubbi: “due ore di guerriglia”, “attacchi violenti alle forze dell’ordine”, “insulti antisemiti” lanciati nel momento di passaggio del corteo davanti alla sinagoga. Ciliegina sulla torta, la pagliacciata mattutina (spacciata per blitz) nei pressi di piazza del Popolo, attribuita al movimento studentesco; in realtà, opera di un gruppetto di fascisti di Blocco studentesco (la sezione giovanile di Casa Pound), i nipotini di Alemanno e Berlusconi.
Negli stessi istanti arrivano le prime notizie di reato nei confronti degli otto studenti arrestati, tradotti in serata a Regina Coeli, che resteranno in carcere almeno fino all’interrogatorio di garanzia fissato per il 19 novembre. Si tratta di ragazze e ragazzi incensurati, presi nel mucchio o trascinati via durante la selvaggia carica che ha travolto le prime linee del book bloc. Nei loro confronti le accuse di devastazione e saccheggio e di resistenza aggravata; peccato che le immagini che circolano in rete consegnino un’altra realtà, fatta di pestaggi, cariche indiscriminate, giovani malmenati, gas lacrimogeni sparati a raffica su un corteo senza via di fuga.
La rabbia ci spinge a fare un gesto tanto banale quanto ingenuo. Telefoniamo alla segreteria di redazione del Tg di Sky alla ricerca del giornalista; dopo qualche risposta imbarazzata, ci assicurano che saremo contatti da Veschi in persona. Dopo circa mezzora, attorno alle 23, squilla il cellulare. E’ proprio lui. Con tono pacato chiediamo conto delle informazioni inventate o manipolate, delle inesattezze, delle omissioni, che rimandano più a una notizia (pre)confezionata come un format, a freddo, che a un vero e proprio reportage sul campo. La risposta è imbarazzata ma sincera: «Sono arrivato sul posto alle 17 – ammette Veschi – Le cose erano già accadute, non ho visto nulla con i miei occhi. Mi sono rivolto a un dirigente fidato della questura che mi ha raccontato la dinamica dei fatti. Nei giorni precedenti aveva preso contatti con alcuni studenti che però non avrebbero partecipato alla manifestazione. Dalla vostra accurata segnalazione mi rendo conto che il mio servizio è alquanto lacunoso. Mi dispiace, ma a volte non si ha tempo di trovare altre fonti».
Sconcertati, gli ricordiamo alcuni fondamenti deontologici del mestiere (fonti diversificate e verifica delle notizie) e invitiamo lui e la troupe alla conferenza stampa di giovedì mattina alla Sapienza. Diligentemente, si annota le informazioni. «Domani non potrò esserci personalmente – conclude il giornalista – Sono impegnato in Toscana per l’alluvione, ma segnalo l’appuntamento alla redazione. Vi ringrazio molto per la telefonata, la mia mail è a vostra disposizione per qualsiasi altra segnalazione. Scusate per le lacune di oggi, non ho dubbi che ormai il mestiere di reporter ormai ha travalicato i confini professionali..». Si, ha detto proprio così.
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Mic
Be’, d’altronde il giornalismo serve a questo: a ficcare in testa a chi non c’era le bugie del padrone.