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Per Ablyazov usato il modulo Ocalan?

Hanno tenuto la vicenda sotto silenzio per un mese e mezzo ma poi è venuta a galla. L’ennesima “rendition” all’italiana di moglie e figlioletta di un rifugiato politico adesso è una serissima rogna politica e internazionale.

Il caso è quello di Mukhtar Ablyazov, un oligarca kazaco, diventato oppositore politico del capo del Kazachistan, Nazarbajev, il quale governa ilpaese con pugno di ferro sin dalla dissoluzione dell’Urss a oggi (sono più di venti anni). Ma il Kazachistan è “la gallina dalle uova d’oro” delle repubbliche asiatiche ex sovietiche. I suoi giacimenti di gas e petrolio sono i più consistenti dell’intera regione e l’Eni ha rapporti economici con il Kazachistan da decenni. Ha vinto gare per concessioni petrolifere e come capo-commessa battendo i consorzi anglo-americani. Insomma un rapporto d’affari consolidato e ricchissimo che non può che avere ripercussioni anche sui rapporti politici tra i governi.

Accade però che Ablyazov, fuggito con moglie e figlia dal Kasachistan, dopo un lungo peregrinare in diversi paesi europei (Gran Bretagna, Lettonia) alla fine arrivi in Italia per ottenere asilo politico e protezione contro un mandato di cattura del governo kazaco, che nel frattempo è diventato un mandato di cattura internazionale con timbro dell’Interpol. Le accuse? Reati economici, niente di politico.

La notte tra il 29 e il 30 maggio la polizia italiana ha compiuto un blitz in una villetta di Casalpalocco a Roma, ha prelevato moglie e figlia di Ablyazov. Lui non c’è ma trovano la moglie, che viene trattata come una ordinaria immigrata clandestina perché in possesso di un passaporto emesso dalla Repubblica del Centroafrica. Secondo la polizia, si sarebbe trattato di un passaporto falso che invece era valido. La donna viene rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria, espulsa dall’Italia, e messa a forza, assieme alla bambina, su un jet noleggiato dall’ambasciata kazaka alle ore 13 del giorno seguente. L’aereo parte all’aeroporto di Ciampino dove c’è il terminal della flotta aziendale dell’Eni e sono state riportate in Kazachistan.

Era accaduto così anche per Abdullah Ocalan, il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan che aveva chiesto asilo politico nel nostro paese, portato via dall’Italia su un Falcon dell’Eni, prima in uno scalo semideserto in Russia, poi in Africa e da lì consegnato ai servizi di sicurezza turchi che lo hanno seppellito, dal 1998, nell’isola-carcere di Imrali in mezzo al Mar di Marmara. In questo caso la versione ufficiale parla però di un jet privato austriaco e non di un velivolo della flotta aziendale dell’Eni. La procura della Repubblica di Vienna ha aperto, e chiuso, un fascicolo per sequestro di persona. Il pilota è stato interrogato dal magistrato austriaco. Si è difeso affermando, che il suo intervento ha seguito le regole. La signora Sahalabayeva e sua figlia erano state imbarcate sulla base di un ordine della polizia italiana ma a bordo le aveva prese in consegna il console del Kazakhstan. Una procedura decisamente inusuale nelle procedure di espulsione di immigrati ritenuti irregolari.

Parecchie contraddizioni, che gettano luci foschissime sulle procedure attuate, emergono dagli orari. Alle 11 di quel mattino, il pilota del jet austriaco viene informato di dover volare su Ciampino per portare alcune persone in Kazakhstan. A quell’ora non è ancora nemmeno iniziata l’udienza di convalida del trattenimento al Cie da parte di un giudice di pace. Finiscono alle 12. Alle 15, poi, gli avvocati avrebbero appuntamento per conferire con la signora, che però da due ore è già all’aeroporto di Ciampino. In quella fase la polizia ha già ricevuto dall’ambasciata del Kazakhstan l’indispensabile riconoscimento della signora Alma Sahalabayeva. Documento che invece non viene mostrato al giudice di pace, che quindi continua a giudicare una sedicente Alma Ayan, presunta immigrata clandestina.

Ma non è tutto. L’intrigo, a quanto pare, è ancora più rognoso di quanto appaia. Gli israeliani infatti spiavano il nascondiglio in Italia di Alma Salabayeva. A svelare che “una società di sicurezza israeliana aveva incaricato una azienda di sicurezza italiana di sorvegliare la villa della Salabayeva prima dell’irruzione della polizia” è stato uno dei legali della donna, Ernesto
Gregory Valenti, intervendo al Senato, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani.

La vicenda, finalmente, è arrivata anche nelle aule parlamentari dove vengono presentate interrogazioni urgenti. Durissima quella di Nicola Morra, M5S: “Qui si parla di una gravissima responsabilità dell’Esecutivo, che ha avallato e appoggiato una vera e propria procedura di sequestro di persona per conto terzi”. Più cauto Luigi Zanda del Pd: “Considero anche io gravi i fatti, se corrispondono a quanto è stato detto”. Il governo e lo stesso Letta si sono impegnati a venire a riferire in Parlamento su quanto accaduto. Il ministro degli Interni Alfano dovrà spiegare il perché di della velocità con la quale s’è proceduto al rimpatrio che lascia “perplesso” pure il presidente del Tribunale del Riesame. Si tratta di appurare se l’espulsione è “frutto di un errore e non c’è stata volontà premeditata di consegnare due ostaggi al presidente kazako”.

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