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Spionaggio informatico. La grossissima rogna della Hacking Team

MILANO. Sull’hackeraggio dei file della società milanese Hacking Team, è stato aperto un fascicolo di inchiesta da parte della procura di Milano. L’ipotesi di reato, al momento, è quella di accesso abusivo a sistema informatico. Ma la vicenda ha tutti i numeri per poter diventare una grossa, grossissima rogna da molti punti di vista.

L’attacco di hackeraggio contro l’azienda specializzata in spionaggio informatico, secondo una dichiarazione della Hacking Team, avrebbe permesso anche di sottrarre il codice dei trojan – cioè dei virus spia – che vengono commercializzati proprio dall’azienda milanese e, paradossalmente, ne hanno fatto la fortuna economica. Ma questa sottrazione di files infettanti e spioni apre la strada alla possibilità che adesso le tecnologie di spionaggio della Hacking Team vengano utilizzate da chiunque. L’azienda avrebbe invitato tutti i suoi clienti a sospendere l’utilizzo dei sistemi di sorveglianza basati sulla loro tecnologia.

Il quotidiano inglese The Guardian, riferisce di come le attività di spionaggio consentite dai servizi della Hacking Team, fossero finiti nel mirino di Reporter Senza Frontiere, che aveva accusato la HT di essere una delle società di mercenari digitali e di essere ritenuta una dei cinque nemici aziendali di internet, ovvero della rete come strumento di espressione libera. Le cinque compagnie segnalate nel rapporto di Rsf sono Gamma, Trovicor, Hacking Team appunto, Amesys, Blue Coat, ma la lista non è esaustiva.

Ma di cosa si tratta esattamente? La punta di diamante dei prodotti commercializzati da Hacking Team è un malware chiamato Da Vinci,  che secondo la pubblicità aziendale della HT permette di compromettere la sicurezza di qualsiasi dispositivo: Windows, Mac, iOS, Android, Linux, Blackberry o Symbian. Da Vinci garantisce l’accesso in remoto a email, chiamate VoIP, messaggi SMS, scambio di documenti, navigazione su Internet, posizione Gps e, sempre secondo quanto dichiarato dagli sviluppatori milanesi, sarebbe completamente invisibile anche ai programmi antivirus.

L’esperto di sicurezza informatica Roberto Forzieri, contattato da Il Fatto Quotidiano, sottolinea come “Il vero punto è che la vicenda evidenzia un vuoto legislativo. Non c’è niente che normi la commercializzazione di questa roba prodotta da Ht. Capisco che ha fatto comodo, ma questa è la compromissione più grossa della storia non solo per quantità di dati, ma per implicazioni. Finirà nei libri di storia”.

E’ ancora presto per capire se chi ha rubato i files ad una società di spioni abbia migliorato il mondo e la libertà della rete oppure se sia uno squalo peggiore di quello che è stato addentato. E in questo secondo caso viene voglia buttare nel fiume pc, telefonino e tablet. Meglio l’alfabeto muto.

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