Naturalmente si fa per dire, perché in Libia continua la guerra crudele e insensata alla quale partecipiamo a degno coronamento dei cento anni dall’anniversario della nostra prima occupazione coloniale. Pochi giorni di tregua perché, come ha ricordato Berlusconi, a fine settimana «valuterà» il prossimo Consiglio supremo di difesa, con Napolitano. E sempre a fine settimana un vertice dei capi di governo atlantici discuterà se e come continuare la guerra che dura da cento giorni senza risultati e di fronte ad una opinione pubblica mondiale, dice il Financial Times, maggioritariamente contraria all’intervento militare della Nato e degli Usa.
Un fatto per ora è certo: la guerra in Libia con la sua approvazione bipartisan, costituisce insieme un nodo della maggioranza di governo per le posizioni della Lega, strumentali perché legate all’allarme xenofobo contro l’«invasione» dei migranti, ma anche un elemento di vasto, quanto indiretto sostegno da parte dell’opposizione. Basta riflettere sul fatto che l’onesto Bersani ha suggerito al «bolscevico» Maroni di tener conto del contesto degli accordi internazionali. Proprio così. L’opposizione proprio sulla guerra si ritrova ad esser puntello dell’altrimenti odiato governo di centrodestra. E non è poco, perché la guerra è «costituente», con il suo provato statuto di legittimazione internazionale delle funzioni di comando.
Nelle ultime ore, le parole utilizzate da chi ci governa per giustificare la continuazione dell’impresa militare in Libia, sono state a dir poco stupefacenti quanto a menzogne. Ha brillato, ancora una volta, fra tutti, il gommoso «pacifista», ministro degli esteri Frattini. Che, intervistato da Sky, ha dichiarato: «Come può un grande paese tirarsi indietro di fronte ad una richiesta dell’Onu e della Nato, come possiamo altrimenti essere credibili con il nostro ruolo internazionale nella crisi e poi con il nostro made in Italy…». Una dichiarazione più esplicita sulla funzione mercantile della guerra non poteva esserci. Accompagnata dalla sostanziale bugia sul «grande paese»: la Germania, ancorché atlantica e grande paese, ha detto un no perfino preventivo. È lo stesso Frattini che, impegnato sul made in Italy, ad inizio anno indicava in Gheddafi l’«esempio da seguire» per i paesi africani e mediorientali.
Quanto alla richiesta delle Nazioni unite, vale la pena ricordare che la Risoluzione 1973 chiedeva, certo ambiguamente, l’instaurazione di una no-fly zone. Sono passati cento giorni e la forza aerea di Gheddafi è stata annientata a terra novanta giorni fa. Da allora in poi i cacciabombardieri della Nato si sono scatenati in una caccia all’uomo, con undicimila azioni in volo, più di cinquemila azioni di bombardamento che ormai producono così tanti «effetti collaterali» contro i civili, con centinaia di vittime, che i portavoce atlantici cominciano ad innervosirsi e a vantare la sua «reputazione», come se i suoi radi aerei non avessero mai provocato morti di civili. Eppure, anche stavolta, il mandato della Nato era proprio quello di «Proteggere i civili»?
Quella stessa Nato che non sta nella nostra Costituzione, ma che pure viene utilizzata per stravolgere l’articolo 11 che rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. Aveva ragione Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato del Pd, a denunciare che quello della Lega Nord – e aggiungeremmo, ora quello del ministro degli esteri Frattini – è un falso pacifismo.
Ma viene voglia di chiedere al Pd: dov’è quello vero?
il manifesto, giovedì 23 Giugno 2011 08:00 –
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