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Nuova manovra in preparazione. Cambiano le cifre, non chi paga

 

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da “il manifesto” del 23 settembre 2011

Galapagos
I conti di Tremonti non tornano mai

Giulio Tremonti non ne azzecca una ed è costretto periodicamente a rivedere le previsioni sull’economia italiana, sempre al ribasso e sempre da lui stesso formulate pochi mesi fa: ieri mattina il consiglio dei ministri (assente il ministro dell’economia in volo per Washington) ha, infatti, approvato la nota di aggiornamento al Def (documento di Economia e Finanza) che fino a poco tempo fa si chiamava Dpef.
In pratica sono state riviste al ribasso le stime sul Pil italiano approssimandole (con ottimismo) a quelle formulate dei principali istituti internazionali e della Commissione Ue.
In sintesi: quest’anno la crescita del Pil si fermerà allo 0,7% contro l’1,1% della precedente previsione, mentre nel 2012 l’incremento è previsto allo 0,6% contro l’1,3% precedentemente ipotizzato.
Da notare che pochi giorni fa il Fondo monetario internazionale ha previsto per l’Italia una crescita del Pil nel 2012 di appena lo 0,3%, la metà dell’incremento indicato dagli uomini di Tremonti. Per quanto riguarda il 2013 il Pil dovrebbe crescere – secondo il Def – dello 0,9% e nel 2014 all’1,2%. Da questi numeri emerge una realtà inquietante: a fine 2014 il Pil sarà ancora inferiore al livello del 2007. Come dire: anni sprecati, senza la capacità di recuperare la perdita di Pil di oltre il 6% accumulata nel 2008 e nel 2009.
Per quanto riguarda i conti pubblici, il Def prevede che il deficit quest’anno si attesterà al 3,9% del Pil; scenderà all’1,6% nel 2012 e si arriverà al pareggio (o quasi) nel 2013) anno nel quel il deficit dovrebbe scendere allo 0,1%. Anche sul deficit, però, le cifre previsionali di Tremonti diffesriscono da quelle del Fmi che ritiene che l’Italia nel 2013 chiuderà i conti con un deficit superiore all’1%. Sul fronte del debito pubblico, il Def indica nel 120,6% il rapporto con il prodotto interno lordo per quest’anno.
Nel 2012 il rapporto debito/Pil dovrebbe scendere al 119,5% per poi diminuire al 116,4% nel 2013 e al 112,6% nel 2014. Da notare che il centro sinistra aveva lascito i conti pubblici con un rapporto debito/Pil poco sopra il 102%. Le precedenti stime prevedevano dal 2011 al 2014 un rapporto debito-Pil del 120,0% (2011), 119,4% (2012), 116,9% (2013), 112,8% (2014).
Altro capitolo interessante riguarda la pressione fiscale il aumento: si attesterà al 42,7% nel 2011 per poi salire di oltre un punto (al 43,8%) nel 2012, al 43,9% nel 2013 e poi ridiscendere al 43,7% nel 2014. Nelle precedenti stime il governo indicava una pressione fiscale al 42,5% per l’anno in corso, al 42,7% per il 2012, al 42,6% per il 2013 e al 42,5% per il 2014.
Un dato sul quale i conti di Tremonti proprio non tornano riguarda il lavoro. O meglio, il tasso di disoccupazione: quest’anno sarà dell’8,2% per poi scendere all’8,1% nel 2012 e 2013 e attestarsi all’8% nel 2014. Nelle precedenti stime il governo indicava un tasso di disoccupazione superiore: l’8,4% per il 2011, l’8,3% per il 2012, all’8,2% per il 2013 e all’8,1% per il 2014. Come è possibile che la disoccupazione sia più bassa rispetto a quella più alta della precedente stima nella quale era formulata una crescita del Pil molto più sostanziosa è un mistero. A meno che la riduzione della disoccupazione non sia frutto solo dei provvedimenti di «lavoro di merda» approvati nei mesi scorsi.
Quello che è certo è che i consumi delle famiglie, in questo contesto, non aumenteranno anche a causa di un tasso troppo alto di disoccupazione e per l’auemnto della pressione fiscale. Nel Def, tra l’altro, è scritto: «i consumi delle famiglie sono attesi in rallentamento» e «la dinamica del mercato del lavoro nel medio termine potrebbe rappresentare un fattore di rischio per le decisioni di spesa delle famiglie». La nota di aggiornamento del Def conferma l’intenzione del governo di metter mano alla riforma fiscale e assistenziale entro il 2012. Viceversa – si ricorda – «è prevista una clausola di salvaguardia che prevede, in caso di mancata riforma, la riduzione dei vigenti regimi di riduzione fiscale e assistenziale per un importo pari a 20 miliardi dal 2014». Viene poi anticipato che la ripartizione tra ministeri delle minori spese sarà definita con apposito Dpcm entro il prossimo 25 settembre».
Come ha accolto il consiglio dei ministri l’Aggiornamento del Def? E stato un passaggio «molto veloce» che ha infastidito «molti ministri», ha dichiarato Giancarlo Galan, ministro dei Beni culturali.Un’irritazione, ha lasciato intendere il ministro, dovuta al fatto che anche in questa occasione, «nel modo solito», è stato presentato in consiglio «un tomo di quelle proporzioni» senza che ci fosse stato un preventivo annuncio né un’illustrazione. «Ma giustamente i miei collaboratori mi trascinano via, lasciamo perdere», taglia corto il ministro.

 

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da Il Sole 24 Ore

Crescita dimezzata, tasse record

Dino Pesole

Il Governo taglia di circa due punti le stime di crescita per l’intero periodo 2011-2014, ma mantiene fermo il percorso di riduzione del deficit che nel 2013 dovrebbe prevedere il sostanziale pareggio di bilancio. Per l’anno successivo è atteso un leggero avanzo, con la pressione fiscale che nel 2013 raggiungerà il livello record del 43,9 per cento.

Nel giorno in cui le borse europee finiscono nuovamente nell’occhio del ciclone e lo spread tra Btp e Bund vola oltre la soglia psicologica dei 400 punti base, la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza approvata dal Consiglio dei ministri, pur registrando la brusca frenata dell’economia nazionale, mantiene sostanzialmente invariati i saldi di finanza pubblica. Per l’anno in corso il Pil passa da un +1,1% al più contenuto 0,7%, ma il Governo stima che il peggioramento del ciclo non altererà l’obiettivo di deficit che resta fissato al 3,9% del Pil.

Evidentemente si fa affidamento oltre che sul taglio di 2,8 miliardi, disposto dalla doppia manovra correttiva di luglio e agosto, anche su parte degli incassi dell’asta sulle frequenze tv, peraltro già anticipati con il bilancio di assestamento con tagli al Fas. Nel totale – lo conferma il documento del governo – la correzione totale a regime (2014) è di ben 59,8 miliardi.

Ma il problema non riguarda tanto l’anno in corso, quanto il biennio successivo. Con il rafforzamento del decreto di Ferragosto, la correzione totale è salita a ben 54,3 miliardi. Il nuovo quadro previsionale del Def fissa la crescita 2012 allo 0,6%, contro l’1,3% stimato in aprile, mentre per il 2013 si passa dall’1,5% allo 0,9 per cento. Tenuto conto di tali previsioni macroeconomiche aggiornate – si legge nel documento – la manovra complessiva «è comunque coerente con il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013». Dunque, nonostante la minore crescita e gli effetti potenzialmente depressivi della manovra, nulla muta per il deficit che nel 2012 si attesterà all’1,6%, per scendere allo 0,1% nel 2013 e registrare l’anno successivo un +0,2 per cento.

Sono almeno tre gli elementi che hanno indotto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a confermare gli obiettivi di deficit escludendo con questo, almeno per ora, il ricorso a una nuova manovra correttiva: la certezza delle maggiori entrate connesse all’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria dell’Iva (4,2 miliardi l’anno per l’intero triennio); la riduzione dei «regimi di favore fiscali e assistenziali» per 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013, 20 miliardi nel 2014 («al momento non attribuite nel conto in attesa di una puntuale definizione delle riduzioni per effetto della clausola di salvaguardia»).
Infine, l’avanzo primario (il saldo di bilancio al netto degli interessi) che è previsto in crescita dallo 0,9% del Pil di quest’anno al 3,7% del 2012, fino al 5,7% del 2014.

Il Governo punta nel medio periodo su «meccanismi di tipo non keynesiano» a supporto della crescita, che propizieranno «un miglioramento delle aspettative degli agenti economici». Al riguardo, sono in arrivo provvedimenti «su infrastrutture, liberalizzazioni e privatizzazioni, interventi in favore del Sud». Il tutto in presenza di un’inflazione pari al 2,6% nell’anno in corso (in discesa all’1,8% nel biennio successivo), di un tasso di disoccupazione tra l’8,2% e l’8%, e una pressione fiscale al 43,9% del Pil.

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