Che l’ipotesi sia in campo l’hanno ammesso oggi – dopo averla smentita per settimane – diversi soggetti che hanno il loro peso nell’entourage dei berlusconiani duri-e-puri. Il ministro Fitto, Gasparri, Cicchitto, si sono limitati a dire che l’ipotesi è “sul tavolo, come tante altre”. Ovvero è al primo posto. L’unico a non saperlo è il povero ministro sciatore degli esteri, Franco Frattini, che giura di non averne mai sentito parlare.
Ma chi ci guadagnerebbe?
Un chiarimento è arrivato – indirettamente – dall’associazione dei costruttori edili, che pure diverse volte ne hanno beneficiato. Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, però stavolta ha spiegato che la sua associazione «è sempre stata contraria a qualsiasi forma di condono perchè, in realtà, cambia il mercato e crea condizioni di premialità per chi non ha rispettato le regole». La posizione ha un suo senso: chi non ha lavorato del tutto in nero alla fine avrebbe comunque pagato più tasse rispetto a un costruttore evasore totale, e quindi sarebbe svantaggiato (gli immobili vengono venduto al prezzo di mercato, senza badare se chi vende ha evaso oppure no).
A giudizio di Buzzetti, al posto di ipotesi come quella del condono edilizio, «quello che noi speriamo è la proposta di un piano città. C’è tantissimo da fare dal punto di vista del risparmio energetico. Ce lo chiede l’Unione Europea, poi c’è la manutenzione dei nostri fabbricati che sono stati fatti, nel 65% dei casi, prima del 1970 e c’è anche la necessità di modificare le periferie e renderle più moderne: laddove è necessario, abbattere e ricostruire, ma anche fare interventi più mirati».
I costruttori vogliono far soldi, “crescere”, come ogni padrone. Ma, proprio per questo, chiedono cose diverse. Povero Silvio, non gli dà proprio più credito nessuno… E dire che lui aveva cominciato prprio come costruttore-riciclatore…
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I dati dei condoni secondo la Cgia di Mestre
Le casse dello Stato hanno incamerato 104,5 miliardi di euro in 30 anni di condoni e sanatorie fiscali in Italia. Il calcolo è della Cgia di Mestre, che ha tenuto conto dei condoni edilizi, fiscali, previdenziali effettuati negli ultimi tre decenni. Le sanatorie economicamente più fruttuose per le casse dello Stato, ricordano gli artigiani mestrini, sono state quelle tombali.
Nel 1982 e nel 1992 hanno garantito rispettivamente il 113% e il 120,6% del gettito previsto. Anche nel biennio 2002 e 2003 il condono tombale, ‘annegatò all’interno di altri due condoni fiscali, aveva dato ottimi risultati: rispetto agli 8 mld di gettito atteso, erano arrivati 12,8 mld di euro, pari al +160,4% sul totale di incasso previsto.
Gli altri condoni, secondo la Cgia, sono stati quasi un fallimento. Il più «snobbato» dai contribuenti è stato quello delle scritture contabili, introdotto nel 1995, che ha portato solo il 2,7% dell’incasso previsto. Male anche quello relativo ai rifiuti del 1989, che ha dato solo il 3,3% del gettito auspicato.
«Premesso che l’introduzione di qualsiasi condono fiscale è, a mio avviso, immorale ed eticamente sbagliato – commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – ha senso proporlo solo quando ci si trovi di fronte a una importante riforma del fisco in cui si debbano chiudere i rapporti rimasti aperti tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti che azzeri i contenziosi tra le parti».
Niente condono. Il governo non ci ha mai pensato. Una nota di Palazzo Chigi taglia corto: «indiscrezioni del genere sono prive di fondamento e vengono escluse nel modo più totale». «Roba da Repubblica delle banane», rincara Roberto Calderoli. La ‘palla’ per far ripartire lo sviluppo del Paese passa intanto al piede del ministro Paolo Romani che rilancia: riunisce subito un tavolo di lavoro tra i ministri del Pdl e annuncia che seguirà un metodo collegiale.
Sul tavolo ci sarebbero già molte proposte. Silvio Berlusconi confida: «da giorni mi occupo solo del decreto sviluppo». Poi conferma la tempistica (metà ottobre) e spiega che il decreto «opererà con misure concrete ed efficaci nell’interesse dei cittadini, delle famiglie e delle imprese».
Emerge intanto un’ipotesi di ‘ipoteca’ sulle case private. Qualcuno dice «una tra tante», altri sembrano appoggiarla. In serata fonti del ministero dello Sviluppo dicono: la proposta non sarà accolta nel decreto. Ma a tenere banco, prima della smentita ufficiale, è il condono. Il governo sembra spaccarsi sul tema: il ministro degli esteri Franco Frattini lo esclude («mai parlato di condono») mentre per il ministro per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, è «un’ipotesi da non escludere».
Ma nel dibattito un punto fermo lo mette il governatore di Bankitalia Mario Draghi: per lo sviluppo servono «misure strutturali». E notoriamente qualsiasi condono è solo una misura che da entrate una tantum.
E un altro punto fermo lo detta il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano: «non si può immaginare lo sviluppo nazionale senza mettere a frutto le risorse del Mezzogiorno». La Commissione Ue intanto spiega di non essere preoccupata dal rinvio del decreto che dovrebbe vedere la luce il 20 ottobre e non il 16 come inizialmente annunciato. Ma chiede comunque di fare presto. Il metodo che porterà al decreto sarà dunque «ampio e collegiale» – spiega Romani – con il coinvolgimento di tutti i ministeri interessati. Anche il Tesoro, rappresentato in questo primo incontro allo Sviluppo dal sottosegretario Luigi Casero. Idea, quella di coinvolgere in prima persona Romani, che piace al ministro Frattini.
Ma lo strappo è evidente, considerato che le prime riunioni per mettere a punto il provvedimento erano state fatte al Tesoro e presiedute dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E mentre lo scontro sul condono inevitabilmente si riaccende (si discute anche l’ipotesi di un condono dei contributi agricoli), spunta una nuova ipotesi per far cassa: non una patrimoniale ma – l’idea è dell’ex ragioniere Andrea Monorchio – un piano di ipoteca sul 10% del valore delle case private, con un bonus taglia-tasse per i proprietari (da usare per pagare le imposte), così da abbattere il costo degli interessi sul debito e liberare risorse.
Insomma, resta da capire come sarà sciolto il nodo della mancanza di risorse. Tremonti aveva infatti parlato di provvedimento a «costo zero» e, secondo molti, in effetti ‘soldì in cassa non ce ne sarebbero più dopo l’aggiustamento ‘monstre’ dei conti. Ma all’interno dello stesso Pdl la richiesta è pressante e si intensifica l’attività della ‘fronda’ degli ‘sviluppisti’ capeggiata dall’ex ministro Claudio Scajola.
C’è poi anche un altro fronte di profondo scontento al quale da voce il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, che spiega: che senza fondi (quelli tagliati ai ministeri dalla manovra e ripartiti dal Tesoro) le opere pubbliche non partono. Quindi i soldi non ci sono e i pochi che ci sono vengono anche tagliati. Per questo rispunta l’ipotesi – ora esclusa – del condono: Frattini spiega che «non se ne è mai parlato». Ma Fitto aggiunge «è un’ipotesi da non escludere». Stessa posizione la esprime il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto e il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. Poi la smentita di Palazzo Chigi. Si infoltisce intanto il coro dei ‘nò: dal Pd ai Verdi passando per l’Idv e l’Ance fino ai commercialisti e alle associazioni ambientaliste. Ma il nodo, nonostante le diverse posizioni in campo, resta sempre lo stesso: dove reperire risorse per far ripartire il Paese condannato nelle previsioni a una crescita vicina a zero.
Con un governo in crii di nervi, credibilità, intelligenza.
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