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Tornano i conigli mannari e la balena bianca

Il ruolo di amministratore delegato (al posto del governo) è stato assunto dalla Banca centrale europea. Le disposizioni che arrivano da Francoforte vanno semplicemente applicate. E se a qualcuno non piacciono, nel paese, problemi suoi.

Sono politiche dure, aspre, antipopolari e depressive. Sollevano tendenzialmente opposizione, frustrazione, rabbia. Ben al di là dei numeri e della capacità reattiva di chi sabato ha scelto lo scontro a dispetto di un corteo immenso che non lo voleva. In futuro, nelle condizioni attuali di “sordità obbligata” delle istituzioni politiche (non decidono più nulla, sull’essenziale), potrebbe accadere di peggio.

Non è pensabile che un programma del genere sia gestito da un governo s-puttanato, dedito alla crapula esibita in pubblico e al malaffare in ogni sua versione. Nè è pensabile di sostituirlo – di qui la lentezza infinita di questo “24 luglio prolungato” – con un governo di puri “tecnici” dediti soltanto all’autopsia e dissezione del cadavere-paese. Ci sono pur sempre 60 milioni di abitanti da amministrare, irregimentare, guidare, cloroformizzare.

Per farlo serve ideologia e presenza sociale.

Ideologia, non una visione politica. Ideologia perché non c’è nulla di concreto da concedere (anzi…), e quindi nessuno “scambio” tra maggiore benessere e consenso sociale. La partita si gioca invece sull’imporre minore benessere alla quasi totalità. E nessuno dei soggetti politici esistenti (Pdl, Pd, Idv, “grande centro”) possiede né visione né ideologia adeguati a questo compito immane.

Nel vuoto avanza dunque il progetto di una “rinnovata presenza dei cattolici” sulla scena politica. Raccogliendo presenza sociale e “quadri politici” oggi sparsi ai quattro angoli dello schieramento parlamentare. Servirà molta “carità cristiana” per far ingoiare a un intero popolo la quantità di lacrime, sangue, umiliazione e bastonate che lo attende.

Ma la Chiesa esiste per questo. Per comprimere i vivi consolandoli con la promessa di un al di là (non “un domani”) felice. Tornano i conigli mannari, che si avvicinano biascicando preci e – se “necessario” – aprono la strada ai macellai in divisa. Pronti a perdonarli, subito dopo, per il doloroso dovere adempiuto.

Sui giornali di oggi il quadro è invece un tantino edulcorato. Da segnalare i sempre in prima fila liberali-reazionari di Repubblica, cui basta la promessa di liberarli del Cavaliere per scatenare l’applauso. Bisogna capirli, in fondo l’Editoriale L’Espresso è un concorrente di Mediaset. Mica stavamo parlando di politica, vero?

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dal Corriere della Sera

La missione dei cattolici

Il Paese ha bisogno dei cattolici. La ricostruzione civile e morale non sarà possibile senza un loro diverso e rinnovato impegno politico. E senza un dialogo più stretto, fuori dagli schemi storici, con gli eredi delle tradizioni liberale e riformista. Se n’è discusso molto in questi giorni e il Corriere ha ospitato opinioni di orientamento differente stimolate da un articolo di Ernesto Galli della Loggia. Non si tratta di ricostituire il partito dei cattolici, né di far rivivere, sotto altre forme, la Democrazia cristiana, o il Partito popolare, al di là dell’attualità del pensiero di don Sturzo. L’idea del partito unico è stata seppellita con la Prima Repubblica. E non se ne sente la necessità, nonostante qualche fondata nostalgia per la difesa dello Stato laico e delle sue istituzioni che appariva più convinta ed efficace quando vi era un forte partito di diretta ispirazione cristiana. La cosiddetta Seconda Repubblica è apparsa fin da subito affollata di atei devoti e politici senza scrupoli, ai quali le gerarchie ecclesiastiche hanno talvolta frettolosamente concesso ampie aperture di credito.
Nel nostro sofferto bipolarismo, al contrario, testimonianze cattoliche più autentiche sono state ridotte alla pura sussistenza o, come ha scritto Dario Antiseri, alla scomoda condizione di ascari. La diaspora ha trasmesso ai cattolici la falsa sensazione di contare di più. Come oggetti, però. Promesse generose (si pensi solo alla tutela economica della famiglia) mai mantenute. Impegni solenni, e discutibili, sulla bioetica, subito derubricati nell’agenda politica, e dunque ritenuti solo a parole irrinunciabili. Nella triste époque , come la chiama Andrea Riccardi, il ruolo dei cattolici in politica è finito per essere quello degli ostaggi corteggiati a destra e degli invisibili tollerati a sinistra. Condizione che ha impoverito la politica e immiserito una società scivolata nell’egoismo e nella perdita di un comune sentimento civile.

Nell’immaginario collettivo del pur variegato mondo cattolico si è poi creata una frattura tra chi poteva trattare con lo Stato la difesa dei valori e dei principi, e chi ha cercato di ritrovare i segni dell’essere cristiani nella pratica di tutti i giorni. I primi hanno chiuso troppi occhi su modelli di vita e di società non proprio evangelici e mostrato una tendenza al compromesso eccessivamente secolarizzata. Gli altri, i cittadini e i fedeli, si sono sentiti non di rado smarriti. Non hanno perso la speranza solo grazie a uno straordinario tessuto di parrocchie, comunità, reti di volontariato, cui tutti noi italiani, credenti o no, dobbiamo un sentito grazie.

Angelo Bagnasco, il presidente della Conferenza episcopale, ha parlato della necessità di creare un «nuovo soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica che sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni». L’incontro di oggi a Todi, al quale partecipa lo stesso Bagnasco, forse ne svelerà la forma. Non sarà un partito, dunque, e non è nemmeno necessario che il forum delle associazioni cattoliche del lavoro si ponga il problema di quale veste assumere. Sono stati troppi in questi anni i contenitori senza contenuti.

Che cosa potrebbero fare allora questo forum e altre aggregazioni già in movimento dell’universo cattolico? Sarebbe sufficiente che si ponessero obiettivi assai semplici seppur ambiziosi: ravvivare lo spirito comunitario, la voglia di partecipazione e gettare un seme di impegno per gli altri. «Né indignati, né rassegnati», ha detto Bagnasco: è uno slogan efficace. Nel saggio Geografia dell’Italia cattolica , Roberto Cartocci scrive che «la tradizione cattolica appare come il collante più antico, il tratto più solido di continuità fra le diverse componenti del Paese». Non solo: è portatrice di una cultura inclusiva, che non divide e frantuma la società. Ha il senso del limite all’azione della politica e della presenza dello Stato nella vita dei privati. Sono qualità importanti. Apprezzate da tutti. Anche da noi laici.

Quel che resta, non poco, di quella tradizione ha il compito storico di promuovere un dialogo più proficuo con le altre componenti laiche, liberali e riformiste della società. L’indispensabile opera di pacificazione del dopo Berlusconi passa necessariamente dalla affermazione della centralità della persona e dalla riscoperta delle virtù civili. I cattolici possono intestarsi una nuova missione, esserne protagonisti. Dire quale idea dell’Italia hanno in mente. Riscoprire un tratto più marcatamente conciliare dopo l’era combattiva e di palazzo di Ruini. Una missione sociale, in questi anni, poco valorizzata, mentre si è insistito tanto sulla difesa dei valori cosiddetti non negoziabili, dal diritto alla vita alle questioni bioetiche, al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche. Un dialogo va ripreso su basi differenti, nel rispetto delle libertà di coscienza.

La collocazione politica dei cattolici costituisce un problema secondario, per certi versi irrilevante. Galli della Loggia ha scritto che il centro non è il luogo del loro destino genetico, e tantomeno la sinistra. De Rita si è chiesto chi potrebbe essere il nuovo federatore di tante anime sparse disordinatamente. La politica verrà. Per ora possiamo dire che sarebbe un imperdonabile errore se lo slancio partecipativo dei cattolici, palpabile nel fermento di molte associazioni e componenti, si esaurisse in una sterile discussione di schieramento. Quello che ci si aspetta da loro è un contributo decisivo nella formazione di una classe dirigente di qualità che persegua l’interesse comune. Un esempio di etica pubblica da trasmettere ai giovani frastornati e delusi da una stagione di scialo economico e morale. La costruzione di un futuro che coniughi solidarietà e competitività. L’idea dell’impegno, del sacrificio e dello studio come assi portanti della società. Un maggior rispetto per le istituzioni, a cominciare naturalmente dalla famiglia, sopraffatte da un individualismo dilagante e cinico. Quel cinismo «che va a nozze con l’opportunismo», come ha scritto bene sull’ Avvenire di ieri Francesco D’Agostino. I cattolici promuovano un dialogo senza pregiudizi con gli altri, come è accaduto nei momenti più bui della storia del nostro Paese. Il loro apporto sarà decisivo nella misura in cui saranno se stessi, senza mimetizzarsi e perdersi in altre case apparentemente ospitali. Possono essere maggioranza nel dibattito delle idee, pur restando minoranza nel Paese.

Ferruccio de Bortoli

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da Repubblica

A Todi prove generali di “cosa bianca”. “Serve un governo nuovo e più forte”

Il presidente della Cei Bagnasco al forum delle associazioni cattoliche: “Cristiani massa critica nella società civile. Totale “esecrazione” per le violenze di Roma di sabato, stima per le forze dell’ordine. “Non c’è motivo di temere per la laicità dello Stato. Vita, famiglia, libertà religiosa valori non negoziabili”

Sul tavolo c’è il futuro di quello che oggi si potrebbe chiamare “cosa bianca”. Un’aggregazione che raccolga le sempre più forti istanze del mondo cattolico. In particolare adesso, davanti al progressivo esaurimento del berlusconismo. Per questo il forum delle associazioni cattoliche che si svolge a Todi, assume un significato che il titolo della reunion esprime bene: “La buona politica per il bene comune: i cattolici protagonisti della politica italiana”. Un punto di partenza, quello umbro, che portrebbe avere molti sbocchi possibili. Partendo da un presupposto: i cattolici devono tornare protagonisti in politica.

Sul come, però, le ricette sono diverse: un Pdl post-berlusconiano in salsa democristiana? Un nuovo partito cattolico innestato sull’Udc di Casini ? La diaspora attuale dei cattolici? “Aspettiamo le risposte e raccogliamo eventuali disponibilità, ma rimaniamo netti nel respingere operazioni che possono soltanto metterci un cappello addosso” avverte il presidente delle Acli Andrea Olivero – Noi auspichiamo che ci siano delle scomposizioni e delle ricomposizioni tra i partiti, perchè lo schema attuale non ci soddisfa”. Più diretto il segretario della Cisl Raffaele Bonanni: “Abbiamo concordato che ci vuole un governo più forte perchè questo governo non va bene”. Analisi condivisa dal portavoce del forum delle Associazioni cattoliche del mondo del lavoro, Natale Forlani: “Questo governo non ce la fa ed è sotto gli occhi di tutti”. Bocciata ogni ipotesi di elezioni anticipate: “Siamo convinti che la cosa migliore è non andare al voto oggi, ovvero questa primavera. Quello che uscirà dalle urne finchè non c’è riarticolazione dell’offerta politica, è la stessa situazione”. La legge elettorale, invece, va cambiata: “Per reintrodurre le preferenze e restituire fiducia alla politica”. Anche se ritornare dal Porcellum al Mattarellum con il referendum sarebbe come passare “dalla padella alla brace”.

Tocca al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, dare il via alla riflessione: “I cristiani sono diventati nella società civile massa critica,capace di visione e di reti virtuose, per contribuire al bene comune. La partecipazione alla sfera sociale è un obbligo, e se per nessuno è possibile l’assenteismo sociale, per i cristiani è un peccato di omissione. La Chiesa non cerca privilegi, nè vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente questa sua missione”, aggiunge il cardinale, secondo il quale i cristiani “sono diventati nella società civile massa critica, capace di visione e di reti virtuose, per contribuire al bene comune”.

Per Bagnasco, inoltre, “non c’è motivo di temere per la laicità dello Stato”, perché “Il principio di laicità inteso come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica -ma non da quella morale – è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà”. Perché, scandisce il presidente della Cei, “la religione non può essere negata e non riconoscerne la dimensione pubblica è un grave errore”. Questo non significa che la Chiesa cerchi “privilegi” nè voglia “intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente questa sua missione”.

Una discesa in campo a tutti gli effetti. L’auspicio di un struttura cattolica (un partito?) che incida sul mondo della politica. Un fronte comune, insomma, per evitare di arrivare in ordine sparso alla fine del berlusconismo. E la discesa in campo deve seguire precisi sentieri: vita, matrimonio fra un uomo e una donna, famiglia, libertà religiosa ed educativa “sono valori fondativi e non negoziabili”, ricorda Bagnasco. “Per questa ragione – continua – non sono oggetto di negoziazione: su molte questioni si deve procedere attraverso mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che, per il contenuto loro proprio, difficilmente sopportano mediazioni per quanto volenterose, giacchè non sono nè quantificabili nè parcellizzabili, pena trovarsi di fatto negati”.

La condanna delle violenze di Roma.
Sugli incidenti di Roma di sabato 1, il cardinale ha usato parole dure, esprimendo “esecrazione” per le violenze dei black-bloc. “Il nostro animo – ha detto – è ancora segnato da quanto è accaduto sabato scorso a Roma, e non possiamo non esprimere la nostra totale esecrazione per la violenza organizzata da facinorosi che hanno turbato molti che intendevano manifestare in modo pacifico le loro preoccupazioni”. “Alle Forze dell’ordine – ha aggiunto – va la nostra rinnovata gratitudine e stima per il loro servizio, che presiede lo svolgimento sicuro ed ordinato della vita del Paese”.

Le reazioni. “Ritengo giusto e doveroso ascoltare il richiamo della chiesa, soprattutto quando invita alla solidarietà” afferma Antonio Di Pietro. E anche il democratico Chiti dice di “condividere” le parole del presidente della Cei. Infine per il ministro Sacconi che il ritorno dei valori cristiani al centro della vita pubblica possa ‘tagliare fuori’ Berlusconi è una “stronzata”.

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