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Pisa. Verità e giustizia per le vittime dei marò italiani

“Verità e Giustizia per i Marò”: è questo lo striscione che il Consiglio comunale ha deciso all’unanimità di esporre sulla facciata di Palazzo Gambacorti, «visto l’appello “Salviamo i nostri marò”, già sottoscritto da decine di Comuni italiani». Poiché l’appello è stato lanciato da Ignazio La Russa, uno dei massimi esponenti del Pdl, la rappresentanza Pd in Comune è ricorsa a un escamotage, cambiando le parole ma lasciando intatta la sostanza. Che cosa significa, agli occhi di chi legge lo striscione, chiedere “verità e giustizia per i marò”? Evidentemente, che non è vera l’accusa rivolta loro e che sono vittime di un’ingiustizia.

Il Comune di Pisa entra così a pieno titolo nello schieramento multipartisan, sceso in campo a sostegno dei due fucilieri del Battaglione San Marco incriminati dalla magistratura indiana per aver sparato su dei pescatori, scambiati per pirati, uccidendone due. Schieramento ben rappresentato da quei giornalisti del Tg1 che hanno indossato il nastro giallo della Marina militare con scritto “Non lasceremo soli i nostri fucilieri! No men left behind!”. In effetti non sono stati lasciati indietro.

Dopo le forti pressioni del presidente Monti e del ministro della difesa Di Paola sulle autorità indiane, nonché la “donazione” di 146mila euro alle famiglie degli uccisi (definita da Di Paola “un atto di generosità”), “i nostri marò” sono stati scarcerati. Proprio mentre a Roma si svolgeva la parata militare del 2 giugno, voluta dal presidente Napolitano per “onorare gli italiani che hanno sacrificato la vita in missioni inter-nazionali di pace”. Come quella in cui erano impegnati i due marò che, ricorda La Russa, “stavano svolgendo il loro lavoro con la benedizione non solo del Parlamento ma anche della Nato”.

Essi fanno parte dei Nuclei militari di protezione, dislocati dalla Marina militare a bordo di mercantili italiani nell’Oceano Indiano, fino a 1300 miglia dalle coste somale e al golfo di Aden. Tali nuclei, formati ciascuno da fucilieri del San Marco, non dipendono dal comandante né dall’armatore della nave, ma godono di “un adeguato grado di autonomia operativa”: possono quindi decidere autonomamente quando e come sparare.

Il tutto sotto la copertura dell’operazione Ocean Shield (Scudo dell’Oceano) della Nato, il cui scopo ufficiale è “il contrasto alla pirateria marittima al largo e lungo le coste della Somalia e del Corno d’Africa”. Per tale operazione sono dislocati permanentemente nell’area due gruppi navali multi-nazionali della Forza di reazione rapida della Nato, sotto il comando marittimo alleato di Napoli.

La Ocean Shield è a sua volta collegata alla Cmf, forza marittima multinazionale composta da 36 navi da guerra con supporto aereo, la quale, agli ordini della componente navale del Comando centrale Usa con sede in Bahrain, ha lo scopo ufficiale di “combattere il terrorismo e la pirateria nelle acque internazionali del Medio Oriente da cui passano alcune delle più importanti rotte commerciali del mondo”. Il vero scopo di questo imponente schieramento navale, a cui partecipa anche l’Italia, è dunque il controllo delle rotte petrolifere e, allo stesso tempo, la preparazione di altre guerre per il dominio della regione. Con il pretesto della lotta alla pirateria.

Mentre le stesse potenze che presidiano militarmente l’Oceano Indiano continuano a depredare le acque della Somalia e di altri paesi con le loro flotte pescherecce e a inviarvi le navi dei veleni a scaricarvi i rifiuti tossici del mondo ricco. Provocando così carestie e malattie che hanno spazzato via in Somalia interi villaggi di pescatori, costringendo tanti giovani, per sopravvivere, a fare da manovalanza nelle azioni di pirateria. E altri, come i pescatori indiani contro cui hanno sparato i marò italiani, a rischiare la vita per poche rupie, con l’unica speranza, se vengono uccisi, che la loro vita valga per le famiglie 146mila euro, grazie all'”atto di generosità” di chi ne ha provocato la morte.

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2 Commenti


  • Osvaldo Nucci

    Scusi Dott. Dinucci,
    ci sono almeno due nazioni e tre procure che stanno cercando di accertare fatti e responsabilità di cui lei sembra ben informato, non ritiene suo preciso dovere presentarsi agli inquirenti fornendo indicazioni sulle fonti che l’hanno messa in grado di giungere a pubblicare affermazioni tanto nette?

    — E altri, come i pescatori indiani CONTRO CUI HANNO SPARATO I MARO’ ITALIANI, a rischiare la vita per poche rupie, con l’unica speranza, se vengono uccisi, che la loro vita valga per le famiglie 146mila euro, grazie all'”atto di generosità” DI CHI NE HA PROVOCATO LA MORTE. —


  • Luigi Di Stefano

    Date per scontato che la responsabilità della morte dei due pescatori sia dei militari italiani.
    Ma l’analisi dei fatti dice il contrario, le accuse indiane non hanno riscontro alcuno e non reggono a un minimo esame dei dati da loro stessi indicati.
    Le condanne si fanno sulle prove oggettive, non sulle chiacchiere, le perizie taroccate o cambiando versione cinque volte in due mesi.
    Potete verificare e farvi un’idea della situazione.
    http://www.seeninside.net/piracy/

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