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Viminale, salta la testa di Izzo. Ma il vero obiettivo è Manganelli

Tre lettere di dimissioni in cinque giorni. La poltrona di vicecapo della polizia, evidentemente, scottava sotto Nicola Izzo, travolto dalle inchieste sugli appalti “allegri” del Viminale. 
E ora la situazione sta esplodendo tra le mani del ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri che, dopo aver confermato per due volte Izzo, non ha potuto fare a meno di prendere atto del corso degli eventi, esprimendo comunque “apprezzamento per la sensibilità e il senso di responsabilità del gesto”. E fuori uno.
Insomma, la resa dei conti al vertice della polizia è già cominciata, e subito è saltata la prima testa eccellente. Il gioco al massacro si snoda tra le procure di Napoli e Roma: la prima è al lavoro su un appalto del 2010 per il trasferimento del centro elaborazione dati (CED) da via di Conte della Cerra a una caserma a Capodimonte. Il capo d’accusa è turbativa d’asta e nel registro degli indagati, oltre a Izzo, figura anche il prefetto Giovanna Iurato. Nel “porto delle nebbie” romano, invece, si indaga sul dossier anonimo stilato da un funzionario del Viminale su parecchi grandi appalti distribuiti per tutto lo Stivale.
“La casa di vetro” disegnata dalla Cancellieri comincia già a perdere pezzi, con il grande capo, Antonio Manganelli, che si è subito smarcato dichiarando di ritenersi “una persona onesta”, sottintendendo “qualcun altro forse no”. Ma è come aprire un ombrello per fronteggiare un uragano, è lui il vero obiettivo della guerra del Viminale, se c’è una poltrona che fa gola a moltissimi è proprio la sua e la terra comincia a franargli sotto i piedi. Intanto, però, Izzo si è chiamato fuori e si è messo a disposizione della procura di Roma per essere ascoltato come teste. “La legge ovviamente e per evitare facili strumentalizzazioni – scrivono in una nota gli investigatori di piazzale Clodio -, non attribuisce alcun valore probatorio agli scritti anonimi, tanto meno consente l’iscrizione di alcuno nel registro degli indagati sulla sola base di tali scritti”. Un modo come un altro per dire che ancora l’inchiesta non ha intrapreso una direzione ben precisa e che, al momento, nessuno ha ancora capito come trattare le informazioni bollenti passate dal Corvo. Sarà proprio il Viminale che dovrà sbrogliare la matassa, ma le elezioni incombono ed eventuali – per quanto improbabili – nuovi assetti potrebbero rivoluzionare ancora la scacchiera.
La grande corsa, come detto già su queste pagine, è per il 2014, anno in cui Manganelli dovrebbe fare un passo indietro, come da tradizione all’interno della polizia (i vertici, per una legge non scritta, stanno in carica sempre per sette anni). Sullo sfondo si muove Gianni De Gennaro, l’ex capo che ora occupa un posto da sottosegretario nel governo Monti. Qualcuno, specialmente all’interno dei sindacati, lo identifica come il grande burattinaio che sta muovendo tutto questo gioco per calcolo personale, avendo barattato i suoi poteri precedenti proprio con un incarico nell’esecutivo tecnico.
Dal canto suo, il dimissionario vicecapo – che dovrebbe andare in pensione nel 2014 – ha fatto in tempo a dettare alle agenzie la sua versione della storia. “Se una ignominiosa lettera anonima, non verificata, che può essere redatta a carico di chiunque e con qualsiasi contenuto, può formare oggetto di tali diffamanti campagne di stampa vuol dire che la polizia è in pericolo, che il mio paese è in pericolo ed io, in queste condizioni non posso più essere utile”. L’ammissione di una resa senza condizioni o l’ennesimo tatticismo in attesa del riposizionarsi delle pedine sul tabellone?

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1 Commento


  • Aldo

    Non c’è più posto all’inferno,i morti della politica bipartisan camminano in parlamento.

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