Magari del tutto involontiamente, visti i ripetuti appelli al Pd – dello stesso Ingroia, e ancor di più di Di Pietro – per arrivare a un accordo di schieramento. Non a caso, il “quarto polo”, così mal partito tra “arancioni” e “cambiare si può”, tra “passi indietro” chiesti sempre a qualcun altro e “passi avanti” di protagonisti della “società civile” ansiosi di un posto in parlamento, tra bravissime persone che da anni fanno un culo inverecondo nelle attività sociali e “prezzemolini” mediatici che compaiono sempre quando c’è odor di telecamere… ci è sembrato fin da subito “indipendente dal Pd”, sì, ma suo malgrado. Un alleato respinto, insomma, più che un’alternativa consapevole e convinta delle proprie buone ragioni.
Nei primi giorni, diversi sondaggisti – sarebbe bene un giorno far le pulci agli assetti societari di questi istituti, per verificarne il (dubbio) grado di autonomia – hanno dato la lista Ingroia al limite della soglia di sbarramento, o parecchio sotto.
Ora invece l’istituto Ipsos corregge seriamente il tiro.
Cinque sondaggi regionali cambiano seriamente lo scenario, perché l’attribuzione dei seggi al Senato viene su base regionale, con soglia di sbarramento altissima (8%) e con regole completamente diverse dalla legge elettorale (porcellum) della Camera. Sulla base d qeuste cifre, perciò, appare certa la vittoria del Pd a Montecitorio (con un premio di maggioranza bulgaro e bugiardo), ma altamente incerto al Senato.
In Lombardia, Campania e Sicilia l’esito del voto è diventato assolutamente imprevedibile. La coalizione Pd-Sel e quella guidata da Berlusconi )in alleanza con la Lega e vari gruppazzi fascisti) risultano abbastanza vicine. Piemonte e Lazio invece sembrano già bottino del centrosinistra. Il Veneto non era tra le regioni scandagliate, ma l’incertezza dovrebbe dominare anche in questo caso per le similitudini sociali e politiche con la Lombardia.
Regioni molto grandi, con una ricca dote di seggi in bisaccia, che mettono in forse una possibile maggioranza sicura in Senato. Basti ricordare la “vittoria” di Prodi nel 2006 per avere un esempio concreto che dalle parti di Bersani vivono come un incubo. Basterebbe la perdita del premio in Lombardia e in Veneto per mancare l’obiettivo anche vincendo in tutte le altre regioni, compresa la Campania. Lo stesso accadrebbe sia nel caso in cui il centrodestra vincesse in Campania e in Lombardia sia nel caso in cui vincesse in Lombardia e Sicilia. A maggior ragione se a queste regioni si aggiungesse anche il Veneto.
La sorpresa viebe dalla Campania e dalla Sicilia, in qualche misura. La prima sembrava una regione sicura per il centrosinistra. L’arrivo degli “arancioni” di De Magistris ha cambiato gli equilibri.
L’Ipsos dà qui gli “arancioni” all’11,2 per cento, molto sopra la soglia che permette di prendere seggi anche al Senato, dove fino a oggi sembrava esclusa una possibile presenza del “quarto polo”; il che, fra l’altro, aveva fatto balenare ipotesi di “desistenza” degli arancioni nella corsa a Palazzo Madama, lasciando via libera al Pd. Del resto, se il Pd in Campania prende solo 30,5% una ragione ci deve essere, dopo tanti guasti bassoliniani (e di Ranieri, “migliorista storico” ora fuggito alla corte di Monti). Il centrodestra, qui, resta pericolosamente vicino: al 28,5 per cento. E qui si giocano ben 29 seggi, quai il 19% del totale: 16 vanno al vincente e 13 a tutti gli altri (Pd, Monti, e “quarto polo”, se dovesse vincere la destra).
Anche nella sua Sicilia Ingroia acchiappa l’11%, e diventa una variabile importante.
Come sottolinea però il giornale di Confindustria, “A beneficiare della incertezza che regna nelle regioni-chiave potrebbe essere proprio Monti. Da quello che emerge da questi dati l’attuale premier non ha né la possibilità di vincere alla Camera né quella di vincere in alcuna regione al Senato. In queste condizioni, per poter pesare nella formazione del prossimo governo deve sperare che Berlusconi vinca in alcune delle regioni in bilico”. Aprendo così alla “necessità” di un accordo di governo tra centrosinistra e Monti, con quest’ultimo nella posizione di dominus.
Secondo i sondaggi Ipsos, Monti non “sfonda” da nessuna parte ma la sua percentuale supera dovunque l’8%. Le intenzioni di voto alla sua lista vanno dal 14,2% della Campania al 16,8% del Piemonte.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa